Adesso tante frasi pronunciate da Kevin Durant negli ultimi mesi assumono un significato diverso. Aveva detto che si era stancato di arrivare secondo, di essere il numero 2. Aveva anche difeso Kobe Bryant dalla critica che per anni l'aveva maltrattato salvo osannarlo nel momento della debolezza, del ritiro. Quasi anticipasse l'ondata di critiche che lo sta colpendo in queste ore. È tutto molto strano: nel 2010 mentre LeBron James umiliava Cleveland in uno speciale televisivo improvvisato per annunciare la grande fuga verso South Beach, Durant rifirmava silenziosamente con Oklahoma City conquistandosi consensi e accentuando la differenza comportamentale. Kevin Durant a Golden State fa impressione davvero. È una generazione di giocatori differente, che ragiona e pensa diversamente. Certe scelte oggi dibattute, magari criticate, una volta non facevano neppure parte del mondo reale. Nessuno ha mai pensato che Magic Johnson potesse andare a Boston e rendere imbattibili i Celtics degli anni '80. O che Michael Jordan non riuscendo a battere i Pistons potesse andare a giocare per loro. Oggi ci sta tutto.
Opinioni, analisi e i miei libri: il mondo del basket americano visto da me di Claudio Limardi
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lunedì 4 luglio 2016
Dentro la sconvolgente scelta di Kevin Durant
Adesso tante frasi pronunciate da Kevin Durant negli ultimi mesi assumono un significato diverso. Aveva detto che si era stancato di arrivare secondo, di essere il numero 2. Aveva anche difeso Kobe Bryant dalla critica che per anni l'aveva maltrattato salvo osannarlo nel momento della debolezza, del ritiro. Quasi anticipasse l'ondata di critiche che lo sta colpendo in queste ore. È tutto molto strano: nel 2010 mentre LeBron James umiliava Cleveland in uno speciale televisivo improvvisato per annunciare la grande fuga verso South Beach, Durant rifirmava silenziosamente con Oklahoma City conquistandosi consensi e accentuando la differenza comportamentale. Kevin Durant a Golden State fa impressione davvero. È una generazione di giocatori differente, che ragiona e pensa diversamente. Certe scelte oggi dibattute, magari criticate, una volta non facevano neppure parte del mondo reale. Nessuno ha mai pensato che Magic Johnson potesse andare a Boston e rendere imbattibili i Celtics degli anni '80. O che Michael Jordan non riuscendo a battere i Pistons potesse andare a giocare per loro. Oggi ci sta tutto.
LeBron James in Finale: più grande anche di Kobe e MJ?
La mostruosa Finale NBA giocata da LeBron James ha
restituito al 23 dei Cleveland Cavaliers il ruolo di giocatore numero 1 al
mondo, lo scettro che Stephen Curry gli aveva strappato nelle ultime due
stagioni. Ma soprattutto ha cancellato la sinistra percezione che LeBron sia
sempre rimasto un gradino al di sotto del proprio potenziale nelle grandi
partite. I famosi “haters”, cui ha dedicato un sentito post su Instagram dopo
la Finale, hanno sempre sventolatoa sostegno di questa tesi tre serie
consecutive tra il 2008 e il 2010 in cui i Cavs persero due volte con Boston e
una volta con Orlando fallendo il ritorno in Finale dopo l’apparizione precoce
del 2007 (in cui persero peraltro 4-0 contro San Antonio, in una delle due finali
meno combattute del nuovo secolo: l’altra fu Lakers-Nets nel 2002). Sulle
ceneri dell’eliminazione del 2010 contro i Celtics, LeBron lasciò Cleveland per
andare a Miami, un’altra mossa aspramente criticata.