16
Michael Cooper
(5
titoli, 8.9 ppg, 4.2 apg, 3.2 rpg, 8 All-Defensive)
Il numero
di titoli è impressionante. Cooper c’è sempre stato: c’era a Philadelphia
quando Magic Johnson si presentò al Mondo e c’era quando i Lakers vinsero due
titoli consecutivi nel 1987 e 1988. Il suo ruolo è sempre stato da comprimario,
un sesto o settimo uomo atletico, una versione antesignana dei cosiddetti “3
and D” attuali. Piedi per terra segnava. Poi i Lakers correvano e lui era uno
che correva e saltava. Non è mai stato una stella ma è stato incluso otto volte
nei quintetti All-Defensive della Lega. Difficile anche lui da collocare: in
un’altra squadra avrebbe probabilmente avuto una carriera insignificante, di
sicuro non così vincente, ma vale per tutti coloro che sono saliti a bordo di una
grande dinastia. Nello Showtime, Cooper ha avuto un ruolo importante.
15 AC
Green
(3
titoli, 1 All-Star Game, 10.6 ppg, 1.1 apg, 7.7 rpg)
Nella
prima versione dello Showtime (1980-1985), i Lakers avevano una sorta di “buco”
nella posizione di ala forte. Pat Riley coniò lo slogan “No Rebounds, No Rings”
perché il tasso di fisicità della squadra non era all’altezza di quello dei
Celtics dei Big Three Bird-McHale-Parish (più inizialmente Cedric Maxwell; nel
1985/86 anche Bill Walton). L’ala forte dei Lakers era Spencer Haywood nel 1980
ma Haywood buttò via la parte più importante della sua carriera e venne
tagliato prima del titolo ma nel frattempo aveva già perso il posto di titolare
in favore di un giocatore buono ma non trascendentale come Jim Chones. Per
migliorare la posizione venne preso Bob McAdoo, nella parte conclusiva della
carriera, ma venne impiegato da sesto-settimo uomo e aveva caratteristiche da
star che si conciliavano male con un quintetto base ricco di talento e
realizzatori. Kurt Rambis fu un’invenzione, uno spaccalegna durissimo che
giocava con gli occhiali ed era pronto a fare la guerra contro tutti. Ma il
problema venne risolto veramente solo quando arrivò AC Green, che difendeva forte,
prendeva i rimbalzi e tirava dalla media, era atletico. Green era uno starter
inamovibile della squadra che vinse nel 1987 e 1988, giocò la Finale anche nel
1989 e nel 1991. Poi ritornò a fine carriera e vinse un altro titolo da
veterano nel 2000. Green è passato alla storia perché nell’epoca in cui i
Lakers erano la squadra più “cool” del mondo, lui predicava la castità e il
sesso solo dopo il matrimonio. ESPN ha fatto un documentario sull’atipicità del
suo stile di vita dell’epoca.
14 Byron
Scott
(3
titoli, 15.1 ppg, 2.8 apg, 3.0 rpg)
Byron
Scott è nato a Inglewood, esattamente nel sobborgo di Los Angeles che negli
anni ’80 e ’90 ospitava i Lakers, al celebre Faboulos Forum. Quindi era davvero
un ragazzo di casa, che aveva frequentato il liceo a Inglewood e fu ottenuto
dai Lakers cedendo ai Clippers il “fan favourite” Norm Nixon. Scott, che era
andato ad Arizona State, era una guardia pura, un tiratore dalla media
fantastico che probabilmente in un’epoca diversa sarebbe stato più importante
stendendo il suo raggio di tiro oltre l’arco (2.0 tiri da tre di media in
carriera con il 37.7%). L’impresa di Scott fu irrompere in quintetto
praticamente fin da rookie. Nel 1987/88, il suo ultimo titolo, segnò 21.7 punti
di media (19.6 nei playoffs). Come realizzatore aveva un ruolo vitale, come ricevitore
degli scarichi di Magic o dell’attenzione che generavano Kareem (più nel 1985
che nei titoli del 1987 e 1988) e Worthy. (2-continua)