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martedì 5 giugno 2018

NBA Finals 1990-1999: quando Steve Kerr diventò l'eroe dell'ultimo tiro

Nella NBA era sempre stato considerato una mezza figura. Phoenix lo scelse perché era un idolo locale; a Cleveland ebbe poco spazio e quando fu ceduto a Orlando gli dissero che in Florida avrebbe finalmente potuto ampliare il proprio gioco. Provvisto di grande “sense of humor”, intelligente, umile, modesto, commentò che non aveva capito si riferissero al golf, piuttosto che al basket. Ma nel triangolo dei Bulls, Steve Kerr aveva trovato lo scenario giusto per emergere. Nella Finale del 1996 era stato dignitoso, in quella del 1997 era rimasto al di sotto del suo standard. In gara 4 aveva sbagliato il tiro più importante, uno di quelli che avevano permesso a Stockton di scatenarsi. Dopo quell’errore era entrato in una fase di totale sconforto che aveva preoccupato la moglie Margot al punto da spingerla a far visita a Michael Jordan prima del rientro a Chicago per chiedergli di aiutare il marito se se ne fosse presentata l’occasione.
E l’occasione si presentò puntualmente nella sesta partita, un’altra battaglia molto simile, nello svolgimento, a gara 1 o gara 5 con i Jazz quasi sempre avanti e i Bulls incollati o a loro volta avanti. Utah era sopra di sei all’inizio dell’ultimo quarto e poi prese anche nove punti di vantaggio. E in quel momento di nuovo quella sensazione, la sensazione dell’inevitabilità della rimonta e della vittoria dei Bulls. Jordan firma il sorpasso, Bryon Russell con un tiro difficilissimo dall’angolo dà l’88 pari. Utah avrebbe anche la palla del vantaggio ma Shandon Anderson, rientrato in gara 5, da sotto commette un errore colossale. Forse c’è un’interferenza, ma non importa. L’ultimo possesso è dei Bulls. Phil Jackson chiama time-out. E’ lì che Jordan si volta verso Kerr e capisce che è arrivato il suo momento. In gara 1, Utah aveva marcato Michael uno contro uno nella stessa situazione e lui aveva segnato. In gara 5 l’aveva lasciato libero per il tiro da tre e lui aveva segnato. Jerry Sloan non avrebbe ripetuto lo stesso errore. Jordan disse a Kerr di tenersi pronto. “Faremo la stessa cosa che abbiamo fatto in gara 1. Mi marcherà Russell e se non arriva il raddoppio tirerò io. Ma se Stockton ti lascia per venire ad aiutare, toccherà a te vincere il titolo”. Kerr non fece una piega. In campo le cose andarono esattamente come Michael aveva previsto. Stockton cercò di ripetere la magia di gara 4, di sorprendere MJ sul palleggio e portargli via la palla, ma Jordan lo aspettava. In un attimo passò la palla a Kerr. Questi, in lunetta, dovette fare la cosa che sa fare meglio: tirare con tutto lo spazio del mondo a disposizione. 90-88. Vittoria e quinto titolo. 

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