Aveva solo tre anni,
Rodman, quando il padre Philander scappò di casa. Anni dopo si rifece vivo
informandolo che viveva nelle Filippine, faceva il manager di un ristorante, si
era risposato e aveva qualcosa come ventinove figli, o giù di lì. Un giorno
arrivò a Chicago e una radio privata cercò di favorire l’incrocio tra Dennis e
Philander ma senza successo. Rodman è cresciuto nei ghetti di Dallas in una
famiglia divenuta… femminile con le due sorelle maggiori, Kim e Debra, e la
madre Shirley, che per mantenere i figli svolgeva due lavori e trascorreva il
tempo libero (ammesso che ne avesse) suonando il piano in chiesa. Kim e Debra
diventarono due splendide giocatrici, quest’ultima vinse il titolo NCAA con
Louisiana Tech, la prima diventò All-America alla Stephen F.Austin University.
Quanto a Dennis, lo sport gli piaceva ma quando cercò di conquistare un posto
nella squadra di football della South Oak Cliff High School venne tagliato
perché di corporatura troppo esile. A basket veniva regolarmente sbeffeggiato
dalle sorelle, più alte, grosse e dotate di lui.
Trovò lavoro come ragazzo
delle pulizie all’aeroporto di Dallas-Fort Worth, uno dei principali scali
americani. Un giorno si accorse che con la scopa avrebbe potuto facilmente
estrarre dalla saracinesca di un negozio una cassa di orologi. Non resistette
alla tentazione. Lo fece. Quando aprì la cassa vide cinquanta orologi nuovi,
belli, luccicanti. Ne mise uno al polso e nel giro di una mattina regalò ad
amici e parenti gli altri 49. Il pomeriggio stesso venne arrestato.
Trascorse le 18 ore
successive in cella. Venne liberato e poi perdonato quando recuperò tutti gli
orologi trafugati restituendoli. Ovviamente dovette cambiare lavoro. Fece il
lavamacchine in un garage della Oldsmobile guadagnando tre dollari e mezzo
all’ora. Aveva 19 anni e stava andando incontro al nulla quando misteriosamente
esplose fisicamente. Nel giro di due anni diventò alto 2.03 e i muscoli
cominciarono ad affiorare in ogni parte del corpo. Andò al Cooke County Junior
College ma dopo 14 partite si stancò di studiare e lasciò la scuola. La sua
vita tornò a essere spericolata. Viveva nelle strade, dormiva dove trovava. Non
aveva regole. Jack Hedden, che aveva sentito parlare di lui e voleva portarlo a
Southeastern Oklahoma State, impiegò tre settimane per incontrarlo. Rodman
aveva già 22 anni e capì che quella che gli stava prospettando Hedden sarebbe
stata la sua ultima occasione per sfuggire alla miseria.
Nel suo primo anno a SE
Oklahoma State, che non è un college di prima divisione e gioca dunque in
tornei poco competitivi, Rodman viaggiò alla media di 26 punti per gara e 13.1
rimbalzi. Nei due anni successivi vinse ancora la classifica dei rimbalzisti con
15.9 e 17.8 di media. Quando uscì dal college, Detroit lo scelse all’inizio del
secondo giro. Che fosse un personaggio un po’ particolare lo si intuì già nella
prima edizione dei playoffs giocata con Detroit. I giovani Pistons persero 4-3
con Boston la finale di conference dopo aver regalato la vittoria in gara 5
(Larry Bird rubò palla ad Isiah Thomas sulla rimessa, passandola a Dennis
Johnson che sulla sirena vinse la partita) e aver perso gara 7, 117-114.
Frustrato, Rodman dichiarò che Bird non era quel fenomeno che tutti
raccontavano ma solo un buon giocatore. Quando gli chiesero di spiegare perché
fosse sopravvalutato, Rodman rispose che succedeva “perché è bianco”.
L’incidente assunse contorni più seri quando Isiah Thomas, ovviamente molto più
in vista del compagno, diede ragione a Rodman accendendo una polemica furiosa.
Rodman venne etichettato come uno stupido rookie razzista che non sapeva cosa
stesse dicendo. Ma quello che molti non sapevano è che Rodman non era per
niente razzista. La fidanzata Annie – e in seguito moglie ma il matrimonio da
cui è nata una figlia, nata nell’89, Alexis, che Dennis letteralmente adora è
poi fallito – è bianca e nei tre anni precedenti il suo approdo nella NBA,
Rodman aveva vissuto nell’Oklahoma, a Bokchito, popolazione 1000 abitanti
scarsi, in una famiglia bianca...
Ma a Detroit vinse due
titoli NBA prima che la partenza di Coach Chuck Daly – per lui un padre – lo
mandasse fuori di testa. Un giorno confidò al suo coach che vincere i titoli
non era servito a nulla e che avrebbe provato ad essere diverso. Fu allora che
cominciò a tingersi i capelli e a comportarsi in modo bizzarro, stravagante.
Finì a San Antonio, ma il suo atteggiamento diventò un elemento disgregante per
quella squadra. Da lì la cessione a Chicago per una seconda carriera che
sarebbe stata memorabile.
Nessun commento:
Posta un commento