lunedì 28 maggio 2018

NBA Finals 1990-1999: l'arrivo a Chicago di Dennis Rodman

Aveva solo tre anni, Rodman, quando il padre Philander scappò di casa. Anni dopo si rifece vivo informandolo che viveva nelle Filippine, faceva il manager di un ristorante, si era risposato e aveva qualcosa come ventinove figli, o giù di lì. Un giorno arrivò a Chicago e una radio privata cercò di favorire l’incrocio tra Dennis e Philander ma senza successo. Rodman è cresciuto nei ghetti di Dallas in una famiglia divenuta… femminile con le due sorelle maggiori, Kim e Debra, e la madre Shirley, che per mantenere i figli svolgeva due lavori e trascorreva il tempo libero (ammesso che ne avesse) suonando il piano in chiesa. Kim e Debra diventarono due splendide giocatrici, quest’ultima vinse il titolo NCAA con Louisiana Tech, la prima diventò All-America alla Stephen F.Austin University. Quanto a Dennis, lo sport gli piaceva ma quando cercò di conquistare un posto nella squadra di football della South Oak Cliff High School venne tagliato perché di corporatura troppo esile. A basket veniva regolarmente sbeffeggiato dalle sorelle, più alte, grosse e dotate di lui.

Trovò lavoro come ragazzo delle pulizie all’aeroporto di Dallas-Fort Worth, uno dei principali scali americani. Un giorno si accorse che con la scopa avrebbe potuto facilmente estrarre dalla saracinesca di un negozio una cassa di orologi. Non resistette alla tentazione. Lo fece. Quando aprì la cassa vide cinquanta orologi nuovi, belli, luccicanti. Ne mise uno al polso e nel giro di una mattina regalò ad amici e parenti gli altri 49. Il pomeriggio stesso venne arrestato.
Trascorse le 18 ore successive in cella. Venne liberato e poi perdonato quando recuperò tutti gli orologi trafugati restituendoli. Ovviamente dovette cambiare lavoro. Fece il lavamacchine in un garage della Oldsmobile guadagnando tre dollari e mezzo all’ora. Aveva 19 anni e stava andando incontro al nulla quando misteriosamente esplose fisicamente. Nel giro di due anni diventò alto 2.03 e i muscoli cominciarono ad affiorare in ogni parte del corpo. Andò al Cooke County Junior College ma dopo 14 partite si stancò di studiare e lasciò la scuola. La sua vita tornò a essere spericolata. Viveva nelle strade, dormiva dove trovava. Non aveva regole. Jack Hedden, che aveva sentito parlare di lui e voleva portarlo a Southeastern Oklahoma State, impiegò tre settimane per incontrarlo. Rodman aveva già 22 anni e capì che quella che gli stava prospettando Hedden sarebbe stata la sua ultima occasione per sfuggire alla miseria.
Nel suo primo anno a SE Oklahoma State, che non è un college di prima divisione e gioca dunque in tornei poco competitivi, Rodman viaggiò alla media di 26 punti per gara e 13.1 rimbalzi. Nei due anni successivi vinse ancora la classifica dei rimbalzisti con 15.9 e 17.8 di media. Quando uscì dal college, Detroit lo scelse all’inizio del secondo giro. Che fosse un personaggio un po’ particolare lo si intuì già nella prima edizione dei playoffs giocata con Detroit. I giovani Pistons persero 4-3 con Boston la finale di conference dopo aver regalato la vittoria in gara 5 (Larry Bird rubò palla ad Isiah Thomas sulla rimessa, passandola a Dennis Johnson che sulla sirena vinse la partita) e aver perso gara 7, 117-114. Frustrato, Rodman dichiarò che Bird non era quel fenomeno che tutti raccontavano ma solo un buon giocatore. Quando gli chiesero di spiegare perché fosse sopravvalutato, Rodman rispose che succedeva “perché è bianco”. L’incidente assunse contorni più seri quando Isiah Thomas, ovviamente molto più in vista del compagno, diede ragione a Rodman accendendo una polemica furiosa. Rodman venne etichettato come uno stupido rookie razzista che non sapeva cosa stesse dicendo. Ma quello che molti non sapevano è che Rodman non era per niente razzista. La fidanzata Annie – e in seguito moglie ma il matrimonio da cui è nata una figlia, nata nell’89, Alexis, che Dennis letteralmente adora è poi fallito – è bianca e nei tre anni precedenti il suo approdo nella NBA, Rodman aveva vissuto nell’Oklahoma, a Bokchito, popolazione 1000 abitanti scarsi, in una famiglia bianca...
Ma a Detroit vinse due titoli NBA prima che la partenza di Coach Chuck Daly – per lui un padre – lo mandasse fuori di testa. Un giorno confidò al suo coach che vincere i titoli non era servito a nulla e che avrebbe provato ad essere diverso. Fu allora che cominciò a tingersi i capelli e a comportarsi in modo bizzarro, stravagante. Finì a San Antonio, ma il suo atteggiamento diventò un elemento disgregante per quella squadra. Da lì la cessione a Chicago per una seconda carriera che sarebbe stata memorabile.


 

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