La fine di “Lob City”, sancita dalla defezione di Chris Paul,
aveva messo i Clippers in una situazione molto difficile in estate, in mezzo al
guado tra la ricostruzione o il tentativo di rimanere ancora competitivi a
dispetto di una perdita devastante come quella del cosiddetto “Point-God” con
cui – va ricordato – comunque i Clippers non sono mai andati oltre il secondo
turno dei playoffs. In estate i Clippers non erano pronti ad arrendersi e accettare un ruolo minore, per
tanti motivi, alcuni commerciali (prezzi dei biglietti alzati, trattative in
corso per un nuovo impianto, la battaglia per la torta televisiva nella zona di
Los Angeles, i Lakers del nuovo corso), e altri più strettamente agonistici. In
fondo si erano illusi di essere più forti di quello che erano o forse erano stati
solo più sfortunati di altre squadre. Fatto sta che la perdita di Paul, in minima
parte compensata dai giocatori arrivati da Houston principalmente Lou Williams,
non ha convinto Steve Ballmer, il supermiliardario proprietario del club, a
staccare la spina e ripartire. I Clippers hanno provato a rimanere rilevanti prendendo
Danilo Gallinari – e non sono stati fortunati, visto che praticamente per ora
non ha giocato – e soprattutto estendendo Blake Griffin.