lunedì 25 luglio 2016

New York Basketball Stories 2.0: Earl Manigault




Earl Manigault è stato così il giocatore di playground più famoso della storia, non necessariamente perché sia stato il migliore – quanti l’hanno visto giocare tra chi ne racconta le imprese? – ma perché attorno a lui sono fiorite le leggende più accattivanti e perché la sua storia presenta un tasso di drammaticità molto elevato. Inoltre la sua vita fu portata alla luce da un libro famosissimo uscito nel 1971, “The City Game”, appunto, di Pete Axthelm. Da quel momento non si può parlare di playground o di basket da strada senza citare le gesta di Earl Manigault. L’ha fatto Rick Telander, con un altro straordinario volume, “Heaven is a Playground”, l’hanno fatto Lars Anderson e Chad Millman in “Pick Up Artists”. Su di lui è stato prodotto persino un film, “Rebound”. E quando è morto, vinto da un cuore indebolito dagli stravizi di gioventù, a 53 anni, la notizia ha fatto il giro del mondo ed è finita su tutti i giornali di New York. E non solo…

Manigault era nato nel 1944 (ma c’è chi dice fosse nato un anno prima, secondo altri un anno dopo) nel South Carolina, a Charleston, aveva otto fratelli ma genitori disinteressati. Venne affidato a una struttura sociale per orfani e infine adottato da una brava donna di campagna, Mary Manigault, che gli diede il proprio cognome. Insieme si trasferirono a New York quando Earl aveva sette anni. Mary trovò lavoro in un albergo, il Pennington, tra la 95th Street e Riverside, sul West Side laddove Midtown diventa Uptown in un crescendo di degrado...


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