lunedì 29 agosto 2016

La leggenda di Fly Williams




Fly veniva da Brownsville, sezione tra le più povere di Brooklyn, dove è cresciuto anche Mike Tyson. Ma lo sport per antonomasia a Brownsville è il basket: Walter Berry è nato qui anche se poi si è trasferito nel Bronx, così Lloyd Daniels, Albert King (il miglior quattordicenne della storia dissero, poi diventò “solo” un buonissimo giocatore NBA ai Nets dopo aver giocato a Maryland con uno scudetto conquistato anche a Milano), il fratello Bernard, che con la maglia dei Knicks riuscì a segnare 50 punti in due gare consecutive, Vinnie Johnson, sesto uomo dei Detroit Pistons quando vinsero due titoli NBA consecutivi. E appunto Fly Williams che emerse nella prima metà degli anni ’70 quando segnò 63 punti in un All-Star Game in cui la squadra avversaria aveva addirittura Moses Malone.
Segnò anche 70 punti in una gara del Rucker ma rimase in campo – dicono – solo tre quarti. Dopo? Non aveva più voglia di giocare e se ne andò. Era un giocatore funambolico, atletico, creativo, attaccante naturale. Portava i capelli afro, non era gestibile da niente e nessuno, non aveva denti su un lato della bocca, ma sapeva giocare.
Foster Park (incrocio tra Foster Avenue e Norstrand Avenue, nella zona di Brooklyn chiamata Flatbush) e “The Hole” (un po’ più a nord verso il ponte di Brooklyn, nella zona di Bed-Stuy, Bedford-Stuyvesant dove era cresciuto anche il grande playmaker e poi allenatore Lenny Wilkens) erano i suoi playground preferiti. Andò anche al college, a Austin Peay nel Tennessee, e con 29.5 punti di media fu il capocannoniere d’America. Dicono che la prima volta che affrontò il viaggio da solo si recò semplicemente nella città sbagliata approdando a Austin, Texas. 

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