venerdì 23 settembre 2016

La rivoluzione di Kevin Garnett


Kevin Garnett si ritira nello stesso anno in cui si è ritirato Tim Duncan, alla stessa età, 40 anni, con quattro titoli in meno, un rendimento paragonabile al suo e una carriera iniziata due anni prima. KG si è ritirata da "elder statesman" della Lega, da mentore di Karl-Anthony Towns, il suo erede, ma ai tempi in cui sbarcò nella NBA era "The Revolution".

Ci sono alcuni particolari che meritano attenzione: nel 1995 la scelta di Garnett - passare dal liceo alla NBA in un colpo solo - era permessa ma considerata al tempo stesso un suicidio tecnico. Qualcuno l'aveva fatto ma per ragioni di necessità economiche (Moses Malone, Darryl Dawkins) oppure perché non aveva alcuna possibilità di diventare eleggibile per il college (Shawn Kemp pochi anni prima) e in ogni caso i primi passi furono molto dolorosi. Garnett fu il primo a cambiare la storia, a scegliere la NBA perché si sentiva - a torto o ragione - pronto. In realtà non aveva neppure lui buoni voti ma la realtà è che era legittimamente considerabile pronto. Fu una rivoluzione non solo per la scelta ma per quello che determinò. La stagione seguente si dichiararono per il draft Kobe Bryant e Jermaine O'Neal. Da quel momento la pratica non sarebbe più stata abbandonata fino a quando i regolamenti non avrebbero imposto di fatto una stagione al college, dieci anni dopo. Potremmo chiamarla la "Kevin Garnett Rule". Non venne istituita - e adesso difesa - a causa di Garnett ma per proteggere i giocatori che a 18 anni si sentono Garnett ma non lo sono.
Ma il peso di Garnett nella storia della NBA è stato ancora più rilevante. Da rookie, KG firmò un contratto modesto con Minnesota, perché quella era la prima stagione con gli "slot" salariali fissi per le matricole. Tuttavia, dopo tre anni diventavano tutti free-agent senza restrizione. La regola era semplice: il salary cap poteva essere aggirato solo per rifirmare i propri free-agent. Ma non c'erano i salari massimi. Garnett firmò un contratto enorme da 126 milioni in sei anni nel 1997 e la NBA non sarebbe più stata la stessa. Quel contratto avrebbe infine generato il brutale lockout che nella stagione 1998/99 avrebbe cancellato 32 partite di regular season, compresso la stagione in 50 gare per essere chiusa a fine giugno. Da quel lockout sono nati i contratti massimi, sono cambiate le regole per i contratti dei rookie. Insomma è cambiato tutto. Garnett tuttava ha guadagnato in carriera 327 milioni di dollari. Più di chiunque altro per il momento.
Garnett veniva dal South Carolina, da Mauldin. Ma aveva avuto problemi con la giustizia e viveva in una comunità che perdonava poco. Fu per sfuggire a quel clima ostile che emigrò al nord per spendere a Chicago l'ultimo anno di liceo (Farragut Academy) e dichiararsi per il draft. Sostenne un provino pubblico a Chicago. Minnesota aveva la scelta numero 5. C'erano Kevin McHale, allora general manager, e Flip Saunders, allora allenatore. Se ne andarono senza dubbi: avrebbero scelto un 18enne al numero 5. Rifatto a posteriori quel draft, Garnett sarebbe facilmente il numero 1. Era un draft profondo tra le ali forti: Joe Smith, Antonio McDyess, Rasheed Wallace oltre a Garnett. KG era un 2.11 che sarebbe cresciuto ancora, con il fisico da velociraptor, veloce. Al top della carriera, ha vinto tre volte la classifica dei rimbalzi e per sei anni di fila ha distribuito almeno sei assist di media. Prima di andare a Boston, per nove anni è rimasto oltre i 20 punti di media.
Per vincere il titolo è dovuto andare a Boston quando aveva 31 anni. Per molte stagioni aveva resistito all'idea di lasciare Minnesota. Può darsi che Kevin Durant abbia preso nota: ai Timbwerwolves, non ha mai avuto un cast di supporto da titolo NBA. Nel 2004, i Wolves arrivarono alla Finale di conference perdendola contro i Lakers. Sam Cassell e Latrell Sprewell erano i migliori giocatori della squadra. Troppo poco quaando l'avversario aveva Kobe Bryant, Shaquille O'Neal, Karl Malone e Gary Payton. KG era convinto di avere le fondamenta di un club da titolo quando faceva coppia con il giovane Stephon Marbury. Ma non aveva fatto i conti con il suo ego. Suo, di Marbury.
La storia di quando venne scambiato ai Celtics è un tributo alle qualità di Danny Ainge come manager e probabilmente il segnale di quello che i Celtics stanno facendo ancora adesso. O cercando di fare ancora adesso. Ainge aveva una serie di "assett" ma considerava intoccabili solo Rajon Rondo e soprattutto Paul Pierce. Aveva anche la scelta numero 5 nel draft del 2007, quello di Kevin Durant (e Greg Oden: nove anni fa era così). Aveva in piedi uno scambio con Minnesota per Garnett che venne bocciato proprio da Garnett: non sarebbe andato a giocare in una squadra senza prospettive di titolo. Ma dopo la Lotteria, Ainge scambiò la scelta numero 5 (e Delonte West) a Seattle per Ray Allen: con Allen e Pierce, improvvisamente i Celtics diventarono appetibili anche per Garnett. Per averlo il sacrificato fu Al Jefferson. Nacquero i "Big Three" di Boston e il titolo del 2008.

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