giovedì 9 febbraio 2017

NBA WEEK 15: l'addio a Boston di Paul Pierce

Ricordo come fosse oggi Paul Pierce a terra dolorante. Era gara 1 della Finale NBA del 2008. Massimo Oriani accanto a me pronostico' un immediato cappotto. "Se si è infortunato gravemente la serie è già finita".
In realtà la storia è piena di clamorose resurrezioni. Nulla ti motiva più di giocare una Finale. Da Willis Reed nel 1970 ad Isiah Thomas nel 1988 a Michael Jordan nel 1997 (il Flu Game) a Larry Johnson nel 1999 a Kobe Bryant nel 2000. Se non giochi in Finale significa che sei rotto sul serio come Andrew Bogut nel 2016 o Kyrie Irving nel 2015.
Pierce non era infortunato. Ma andò in spogliatoio e le telecamere lo ripresero su una sedia a rotelle. Non si è mai capito davvero perché usasse una sedia a rotelle e non è matematico che i Celtics abbiano mandato le immagini sul cubo dell'arena per caricare la folla nell'imminenza del rientro. Non potevano sapere tutti che sarebbe rientrato, che non aveva praticamente nulla. Ma il risultato fu quello: Pierce rientrò in un'arena impazzita. I Celtics ricevettero grande energia. Lui giocò una partita superba e Boston  vinse  gara 1. Plus/minus tra infortunio e rientro: +12. Phil Jackson allora coach dei Lakers parlò di messinscena. Ma il titolo i Celtics lo vinsero in gara 4 rimontando 24 punti di scarto per andare sul 3-1.
Pierce è tra l'altro di Los Angeles ma non di un posto qualunque. È di Inglewood e quando era un bambino poi un liceale e infine un prospetto dall'università del Kansas, i Lakers giocavano a Inglewood, a casa sua. Nel Forum, accanto all'ippodromo. Con le sue colonne di marmo esterne che lo rendevano bellissimo e imponente da lontano.

La sua ultima partita a Boston da avversario è stata una passerella. Non so se ritireranno la sua 34. Forse dovrebbero farlo anche se a Boston gli standard sono molto più alti che altrove. Di fatto è già un ex per ovvie ragioni. Ricordo che venne scelto nel 1998 al numero 10 e che raccontò di allenarsi scandendo i nomi dei nove giocatori scelti prima di lui. Solo uno di essi lo meritava: Dirk Nowitzki. Forse, forse, anche Vince Carter che ha toccato picchi di rendimento più elevati però non ha mai vinto né giocato finali.

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