lunedì 9 ottobre 2017

Il crollo dell'impero di Don Rick Pitino

Ricordo Rick Pitino ad un predraft camp di Chicago. Al Moody Bible Institute in centro. Aveva appena firmato per i Boston Celtics. Elegantissimo, dietro un canestro. Inavvicinabile. Il gilet bianco, pantaloni scuri, calzini e mocassini bianco latte. Pittoresco. La sua gang era formata da persone che gli dovevano il contratto più alto della loro vita. Lo servivano e riverivano. Era davvero Don Rick, il Padrino.

Per quanti anni Rick Pitino è stato un allenatore al top della sua professione? Nel 1987 portò Providence alle Final Four. La stella era Billy Donovan, attuale coach dei Thunder. Bravo, duro e tiratore ma mediocre talento e zero atletismo. Billy Donovan ad alto livello non poteva giocare eppure lo fece. Pochi mesi dopo in una delle loro tante ricostruzioni, i Knicks scelsero Pitino come allenatore. In retrospettiva fu un colpo di genio, uno dei migliori degli ultimi 30 anni della loro storia. Ma i Knicks scelsero prima il coach e poi il general manager Al Bianchi. Nonostante le comuni origini italiane non poteva funzionare: Pitino aveva 34 anni e vedeva un basket moderno. Bianchi ne aveva trenta di più ed era della vecchia scuola. Pitino pressava la palla a tutto campo, ruotava 10 o 11 giocatori per schiantare l'avversario sul ritmo e dava semaforo verde per tirare da tre quando non lo faceva ancora nessuno. Dopo un anno di aggiustamenti, fece fuori tutti i veterani, incluso Bill Cartwright, li sostituì con gente giovane e fresca, vinse 52 partite e riportò i Knicks nei playoffs. Vennero eliminati al secondo turno dai Bulls. Ma in quel momento Pitino era già fuori. Bianchi gli diceva che il suo gioco in campo aperto nella post-season non poteva funzionare. Gli acquistò Kiki Vandeweghe, tiratore bianco che non poteva tenere i ritmi di Pitino. A fine stagione se ne andò. Pitino invece di Bianchi.
Inciso: il giovane Patrick Ewing era devastante in quel sistema perché nessun centro tranne Olajuwon e Robinson era in grado di correre il campo come lui.
Inciso 2: Bianchi scelse come sostituto di Pitino un ex giocatore dei Knicks che faceva l'assistente a Chicago, Phil Jackson. Jerry Krause, general manager dei Bulls, rispose all'assalto licenziando Doug Collins e promuovendo Jackson. Bianchi prese Stu Jackson e fu un parziale fallimento. Ovviamente i Knicks avrebbero dovuto tenere Pitino e mandare via Bianchi. Se fosse successo forse tutta la loro storia sarebbe cambiata. E anche quella di Coach P.
Pitino diventò il guru di Kentucky e con il tempo abbastanza credibile da diventare il più ricercato coach  del mondo. Nel 1997 accettò il ruolo di padrone dei Boston Celtics. Se Coach Pitino era un genio, il general manager Pitino si rivelò un disastro. E non era nemmeno fortunato. Dalla Lotteria poteva arrivare Tim Duncan. Sarebbe cambiato tutto. Ma fu San Antonio ad avere Duncan. A lui rimasero Chauncey Billups e Ron Mercer. Dopo un triennio mediocre si dimise e tornò nel Kentucky ma ai rivali di Louisville. Dov'è rimasto fino alla settimana scorsa. Quando un sistema di reclutamenti irregolari, di bugie e di personaggi minori tritati dai media è stato smascherato. L'ultimo scandalo svelato dal FBI è stato fatale. Pitino era passato solo scorticandosi da uno scandalo personale (una storia sessuale con la moglie di un collaboratore pagata per abortire e che lo stava ricattando) e un altro di scuola  (un giro di prostitute messo in piedi per attirare giocatori). Tipico di queste situazioni ha professato ignoranza recitando una parte che nessun coach di quel livello, maniaco del controllo, potrebbe tollerare. Il sistema universitario probabilmente è più corrotto di quanto sia stato coinvolto Pitino. In questo meccanismo lui non è stato vittima ma complice. Però un grande coach è finito nella polvere. Una sua scelta.

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