sabato 17 febbraio 2018

Perché Andre Roberson era così importante a Oklahoma City



Può una guardia da 5.0 punti di media e il 22% nel tiro da tre rivelarsi il giocatore più importante di una squadra NBA potenzialmente di vertice? Il caso Andre Roberson è singolare: per mesi è stato considerato – con tutto il rispetto per la sua straordinaria attitudine difensiva – l’anello debole del quintetto degli Oklahoma City Thunder. Lui è il giocatore che gli avversari mandano in lunetta volontariamente, che ignorano completamente quando è in attacco sfidandolo a tirare per difendere in cinque contro gli altri quattro. Nelle cinque gare giocate contro Houston nei playoff del 2017, Roberson ha fatto il 14.3% dalla lunetta eseguendo 5.5 liberi di media, tantissimi. I Rockets lo mandavano in lunetta come strategia con risultati eccellenti. In altre parole, i suoi problemi come tiratore obbligavano il Coach Billy Donovan a sostituirlo in certi momenti per reinserirlo solo negli ultimi due minuti quando l’”hack” premeditato non è più consentito. I limiti di Roberson come tiratore sono imbarazzanti. Quest’anno prima di infortunarsi in modo definitivo aveva il 31.6% dalla lunetta e il 22.2% da tre punti. Eppure…

Eppure il suo “offensive rating” di 114 punti di squadra ogni 100 possessi è eccellente. Roberson, Donovan e i Thunder avevano trovato il modo di potersi permettere la sua presenza. Accanto a quattro attaccanti come Russell Westbrook, Paul George, Carmelo Anthony e Steven Adams, la mancanza di “peso” offensivo di Roberson non veniva avvertita. Lui stesso aveva imparato a costruire il suo gioco su tagli, riempimento delle corsie in contropiede, energia. Sul piano atletico Roberson è fenomenale, il timing nei tagli prodigioso nel punire le difese che neanche lo guardano. Tant’è vero che la sua percentuale di realizzazione dal campo (53.7%) è di gran lunga la più alta della carriera. Da due aveva il 62.7% e la percentuale di realizzazione effettiva era del 56.2%. Ovviamente Donovan non lo impiegava praticamente mai accanto ad attaccanti modesti, ovvero in combinazione con il suo mediocre secondo quintetto. Quindi in parte le cifre di Roberson sono dopate dalla qualità dei suoi compagni.
Fatto sta che con lui nel line-up, Oklahoma City era 24-15, ovvero aveva il 61.5% di vittorie. Senza di lui è 9-11, 45.0%. E’ evidente che i Thunder funzionano in un modo quando hanno Roberson e funzionano meno quando non lo hanno. Senza di lui, George diventa l’asso della difesa e ne risente in attacco ma soprattutto i Thunder passano da un assetto ideale (il quintetto) con due super difensori ad uno con un solo difensore di elite sul perimetro e nessun altro neppure paragonabile. Parte del problema è la panchina: per assemblare il Superteam attuale, il general manager Sam Presti ha smembrato la squadra cedendo giocoforza Victor Oladipo, Domantas Sabonis, Doug McDermott, Enes Kanter e dovendo rinunciare a Taj Gibson. Tutte queste rinunce erano obbligate ma dove i Thunder sono mancati è stato nel trovare a basso costo giocatori funzionali, la specialità di tanti grandi club dai Chicago Bulls degli anni d’oro agli Spurs o Warriors attuali. Ovviamente non è facile convincere qualcuno ad andare a Oklahoma City se può andare a Houston come ha fatto Joe Johnson ad esempio. Ma ad esempio i Thunder hanno puntato molto su Patrick Patterson ricavandone pochissimo per ora, non hanno un vero centro alternativo ad Adams e infine nessuno degli esterni è un difensore accettabile, non il giovanissimo rookie Terrance Ferguson, non Alex Abrines, di certo non Raymond Felton (il che impedisce l’utilizzo prolungato della coppia Westbrook-Felton) mentre un po’ meglio è John Huestis.
Ma a questo punto il contratto estivo firmato da Roberson appare molto meno spropositato di quanto sembrasse. Il giocatore è vincolato fino al 2020 per 30 milioni di dollari complessivi. Considerato che lo scorso anno è stato incluso nel secondo quintetto difensivo della Lega e quest’anno era ritenuto una certezza nel primo – ma per molti potenzialmente il difensore dell’anno – l’affare l’ha fatto Oklahoma City. Roberson è 2.01, ha braccia lunghissime e può efficacemente difendere su quattro giocatori differenti.
I numeri dicono tutti: nei 539 minuti in cui i Thunder hanno utilizzato il quintetto migliore il loro “defensive rating” è di 95.9 punti subiti ogni 100 possessi, una cifra spettacolare specie considerando che lo stesso assetto in attacco produceva oltre 110 punti per 100 possessi. Con Westbrook, Roberson, PG, Melo e Adams, i Thunder erano virtualmente ingiocabili nella combinazione tra efficacia offensiva e difensiva. Ma basta sostituire Roberson con uno dei membri della panchina e il look cambia drasticamente: con Ferguson al suo posto (era stato il primo tentativo di Donovan dopo l’infortunio di Roberson), i Thunder concedono 117.8 punti ogni 100 possessi; con Abrines 113.6; con Jerani Grant (che obbliga George a giocare da guardia) 114.6. Gli ultimi due assetti hanno un indice offensivo superiore a quello del quintetto base ma di un paio di punti ogni 100 possessi, nulla che possa ovviare alla perdita di solidità difensiva. Con il jolly John Huestis in campo il rendimento difensivo diventa 108 punti subiti ogni 100 possessi ma con 121 punti segnati. I Thunder quindi sembrerebbero abbastanza più forti in attacco da compensare il deficit difensivo. Ma per ora si parla di 80 minuti totali, troppo pochi per pensare che quel rendimento in attacco sia sostenibile a lungo termine.
E’ normale che così come sono i Thunder con un uomo in meno in rotazione siano ulteriormente deboli nel secondo quintetto e non siano abbastanza solidi in difesa in generale. Sono un po’ a metà strada, probabilmente destinati a giocare in difesa del quinto record ad ovest piuttosto che ad insidiare il quarto di Minnesota e il vantaggio del campo nel primo turno. L’unica speranza vera è che possano nei playoff ampliare il minutaggio dei “Big Four” al punto da rendere tollerabile la mediocrità della panchina.

Nessun commento: