venerdì 18 maggio 2018

NBA Finals 1990-1999: la leggenda di John Starks


John Starks veniva dall’Oklahoma, cambiò quattro college, fece il magazziniere in un supermercato finché non si convinse che aveva talento e non doveva sprecarlo tra scatoloni, scaffali e lattine. Riuscì ad andare a Oklahoma State, vi giocò l’ultimo anno di college, poi ebbe una chance NBA a Golden State ma lo tagliarono. Si rifugiò nella CBA e infine arrivò la chiamata di New York, l’1 ottobre 1990. Il giorno in cui il roster doveva essere ridotto a 12 uomini, capì che il suo destino era segnato. Così decise di andar fuori ma a modo suo. Combattendo. In un’entrata trovò il corpaccione di Ewing a sbarrargli la strada. Pensò di schiacciargli in testa. In realtà cadde rovinosamente, si infortunò e i Knicks non poterono tagliarlo per regolamento. Lo ricollocarono in lista infortunati. Guadagnò tempo.

Quando arrivò Riley, Starks era ancora lì, in fondo alla panchina di New York. Per un anno fece il cambio di Gerald Wilkins poi Riley lasciò andare via Wilkins e chiamò da Dallas, Rolando Blackman, “Ro”, un panamense cresciuto a Coney Island, grandissimo tiratore in parabola discendente che non conquistò mai il posto il quintetto ipotizzato e di fatto non giocò neppure nella serie con Houston, perché Starks ormai era pronto.
 Nel 1993, vinse due partite di playoffs contro Jordan. Quattro bombe consecutive nell’ultimo quarto di una, la schiacciata risolutiva nei secondi finali dell’altra. Nel 1994, conquistò addirittura un posto all’All-Star Game. Riley aveva preso uno scarto e l’aveva trasformato in una stella. Ma Starks – caratteristica che l’avrebbe perseguitato anche negli anni successivi – era un discontinuo, uno che poteva farti vincere e perdere qualsiasi partita, debole nell’autocontrollo, nella gestione dei nervi. Una reazione fuori posto, una rissa, con lui era tutto sempre possibile... 





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