Nella NBA era sempre
stato considerato una mezza figura. Phoenix lo scelse perché era un idolo
locale; a Cleveland ebbe poco spazio e quando fu ceduto a Orlando gli dissero
che in Florida avrebbe finalmente potuto ampliare il proprio gioco. Provvisto
di grande “sense of humor”, intelligente, umile, modesto, commentò che non
aveva capito si riferissero al golf, piuttosto che al basket. Ma nel triangolo
dei Bulls, Steve Kerr aveva trovato lo scenario giusto per emergere. Nella Finale del
1996 era stato dignitoso, in quella del 1997 era rimasto al di sotto del suo
standard. In gara 4 aveva sbagliato il tiro più importante, uno di quelli che
avevano permesso a Stockton di scatenarsi. Dopo quell’errore era entrato in una
fase di totale sconforto che aveva preoccupato la moglie Margot al punto da
spingerla a far visita a Michael Jordan prima del rientro a Chicago per
chiedergli di aiutare il marito se se ne fosse presentata l’occasione.
Opinioni, analisi e i miei libri: il mondo del basket americano visto da me di Claudio Limardi
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martedì 5 giugno 2018
mercoledì 12 luglio 2017
Golden Times Aggiornamento: Steve Kerr
Malcolm Kerr era nato in Libano da genitori americani, che insegnavano all’Università Americana. Studiò negli Stati Uniti ma fu sempre a Beirut che conobbe Ann, la futura moglie, anche lei figlia di diplomatici statunitensi. Steve nacque a Beirut nel 1965, ma poi visse con i genitori in Tunisia e in Francia, poi a Los Angeles perché il padre accettò di insegnare a UCLA. “Mi hanno mostrato un mondo che per molti miei coetanei americani non esisteva neppure”, disse Kerr. Nel suo primo anno di liceo, Steve viveva in Egitto, a Il Cairo. L’anno seguente ritornò a Los Angeles.
mercoledì 22 marzo 2017
Golden Times: la battaglia di Steve Kerr contro la propria schiena
Il dolore alla schiena era sempre più presente. Steve Kerr ne era cosciente. Ma erano i giorni dei playoffs. Giorni intensi, così intensi che non c’era nemmeno tempo di realizzare quanto stesse male. Poi durante gara 5 della Finale eseguì un movimento strano, brusco, sull’onda emotiva del gioco. Avvertì una fitta tremenda, una coltellata. E il dolore rimase. Non andò via.
martedì 14 marzo 2017
Barnes e Green in quintetto: la "Mossa" di Kerr
Fu chiaro fin dall’inizio. Non ci furono dubbi. I Warriors erano pronti. La mossa di Kerr, Barnes in quintetto al posto di Iguodala, venne accolta nel modo corretto da ambedue i giocatori, mentre l’infortunio di David Lee passò semplicemente inosservato. Con Draymond Green in quintetto, recuperato Marreese Speights, i Warriors cominciarono la stagione 2014/15 con 10 vinte nelle prime 12 gare. Tra metà novembre e metà dicembre vinsero 16 partite di fila. Mai successo nella storia della franchigia. Sul 21-2, era già chiaro quale sarebbe stata la squadra da battere. Vinsero 19 gare di fila in casa e quando toccarono la vittoria stagionale numero 60 quella rappresentò anche il nuovo record di franchigia. Il massimo fino ad allora era stato di 59 successi. I Warriors sarebbero arrivati a 67.
venerdì 3 marzo 2017
Golden Times: l'assunzione di Steve Kerr
Steve Kerr si presentò al colloquio per l’assunzione sfoggiando una presentazione di sé stesso in power-point. Il titolo “Perché è il momento giusto per diventare capo allenatore”. Nella presentazione Kerr indicò vari motivi, idee, strategie, anche sui Golden State Warriors. Il miglior strumento di convincimento era il suo passato. Non tanto da giocatore e forse neppure da telecronista, piuttosto l’esposizione ricevuta presso molti dei più grandi coach della sua era. Lute Olson al college, Phil Jackson e Gregg Popovich nella NBA. Quando parti con questi maestri, sei già avanti. E infatti molte delle idee di Kerr erano o sono diretta emanazione dei suoi mentori. Ad esempio intervallare le sedute video proposte ai giocatori con spezzoni di film o clip autoironiche: Phil Jackson allo stato puro.
sabato 22 ottobre 2016
Golden Times: Steve Kerr Story
“Perché piangeva Lute
Olson?” Il coach tutto d’un pezzo dell’università dell’Arizona, un duro, li
aveva svegliati tutti di soprassalto nel cuore della notte. Olson era al primo
anno da head coach e nessuno sapeva se avesse qualche trucco, qualche missione
speciale nascosta nella manica. Era entrato nel dormitorio e aveva intimato a tutti
i giocatori di vestirsi e andare nella stanza di Steve Kerr. Subito!
mercoledì 19 ottobre 2016
Golden Times: il record inutile
I Chicago Bulls fecero il
record nel 1996. Era l’anno del ritorno in campo, fin dalla preseason, di
Michael Jordan dopo la parentesi discussa nel baseball. Vinsero 72 partite, ne
persero 10. Poi nei playoffs ne persero tre, una contro i Knicks nella
semifinale di conference e due in finale contro i Seattle Supersonics ma sul
3-0. Non ci fu mai un momento in tutta la stagione in cui il titolo dei Bulls
apparve in dubbio.
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