...Cinque squadre, inclusi i
Thunder, hanno ricevuto udienza da Durant in una villa affittata per
l’occasione negli Hamptons, vicino Manhattan, sull’Oceano, un posto amato dai
newyorkesi ricchi. La decisione l’ha presa la mattina del 4 luglio,
Independence Day, con una telefonata a Bob Myers. Nella ricostruzione postuma
di quanto accaduto, si pensa che i Warriors siano stati efficaci non tanto nel
meeting (al quale si sono presentati anche quattro giocatori, Stephen Curry,
Klay Thompson, Draymond Green e Andre Iguodala che aveva legato con Durant nel
corso delle Olimpiadi di Londra nel 2012) quanto nei giorni successivi quando
hanno continuato a chiamarlo mostrando un interesse genuino.
Si dice anche che due
chiamate siano state fondamentali, quella di Steve Nash che conosce Durant da
anni e quella di Jerry West, sempre lui, il vecchio guru, Mister Logo. West ha
perso otto finali da giocatore e ha raccontato a Durant quanto quelle sconfitte
gli abbiano tormentato l’esistenza. Succede anche adesso. Il messaggio era
implicito: non preoccuparti di quel che diranno, pensa solo a vincere perché
alla fine è quello che conta. Durant temeva diverse cose, temeva di essere
considerato un traditore, temeva di essere etichettato come un opportunista che
abbandonava la propria squadra per unirsi all’unica che l’aveva battuta, temeva
di non essere gradito alle stelle dei Warriors. Se Curry e Thompson hanno
cancellato quest’ultimo sospetto, West ha acceso una lampadina. Le stelle come
Durant dovrebbero combattere il nemico, non unirsi ad esso, ma in un sistema in
cui i giocatori vengono apprezzati quando giocano per vincere, non per sé
stessi, le statistiche, i soldi, Durant ha deciso di andare laddove le
possibilità di vittoria sono più alte. Non vuole sentirsi frustrato come
successe a West. E’ pronto a vivere con le conseguenze di una delle scelte più
clamorose, sorprendenti, sconvolgenti che si siano mai viste.
Nessun commento:
Posta un commento