Non c’è niente di più
difficile nello sport che ripetersi. Nella NBA dal 1969 al 1988 nessuna squadra
è stata in grado di vincere il titolo due volte di fila. Ci riuscirono infine i
Lakers nel 1987 e nel 1988. Arrivarono in Finale anche nel 1989 dopodiché anche
i Detroit Pistons riuscirono a fare la doppietta. Nel 1992 era la volta dei
Bulls.
Opinioni, analisi e i miei libri: il mondo del basket americano visto da me di Claudio Limardi
giovedì 20 luglio 2017
lunedì 17 luglio 2017
NBA Finals 1991: la prima volta di Michael Jordan
Dopo l’eliminazione da
parte di Detroit in sette partite nel 1990, il livello di frustrazione di
Michael Jordan toccò il punto più alto (o più basso, dipende dai punti di
vista) della sua prima carriera, quella senza vittorie. Nel parcheggio del
Palace, quella notte triste, incontrò Jack McCloskey, general manager dei
Pistons, e quasi in lacrime gli domandò se secondo lui avrebbe mai vinto un
titolo. McCloskey era stato il costruttore dei Pistons, ma sapeva che i Bulls
stavano arrivando. Li aveva visti crescere e farsi ogni anno più minacciosi.
“Il tuo momento sta per arrivare – rispose – E prima di quanto pensi”. Fu buon
profeta. I Bulls persero gara 7 nel 1990 ma era il loro primo anno con Phil
Jackson capoallenatore, il primo anno in cui la squadra impiegò il famoso
“Triple Post Offense” o attacco triangolo, ideato o meglio sarebbe dire
elaborato dal vecchio assistente Tex Winter anni prima, quando allenava Kansas
State.
domenica 16 luglio 2017
NBA Finals 1990: i Bad Boys di Detroit
La limousine era pronta
fuori dal Memorial Coliseum di Portland. All'aeroporto un jet privato del
proprietario dei Detroit Pistons, Bill Davidson, lo stava aspettando. Tutto
quel che restava da fare era comunicare a Joe Dumars che 90 minuti prima della
palla a due di gara 3 della Finale NBA del 1990 il padre Joe jr aveva lasciato
la terra nella sua casa di Natchitoches in Louisiana. Non era una notizia
inaspettata. Joe jr stava male da tempo, le sue condizioni erano peggiorate
nelle due settimane precedenti e Joe Dumars III, il più giovane dei suoi sette
figli, aveva dato istruzioni precise su come gestire la scomparsa se fosse
coincisa con il giorno di una partita. Aveva chiesto che lo lasciassero giocare
salvo informarlo solo alla fine. A quel punto sarebbe rientrato a casa per il
funerale.
sabato 15 luglio 2017
NBA Finals 1990-1999: Il Ritorno
Nel 1999 scrissi il mio primo libro
ricostruendo le 10 Finali NBA degli anni '90 che avevo avuto la fortuna e il
privilegio di seguire personalmente. Non si trattava solo di un libro, era una
sorta di diario: volevo essere certo di ricordare quanto avevo visto. Di
recente mi è venuta voglia di rileggere il libro, scoprendo episodi di cui avevo
dimenticato l’esistenza, e poi ho avuto voglia di migliorarlo se possibile e
infine aggiornarlo con quello che negli anni successivi è accaduto o sarebbe emerso.
Ecco quindi una versione 2.0 di quello che avevo fatto dopo la Finale del 1999.
Mi piacerebbe ripetere lo stesso lavoro con le successive dieci finali e quindi
andare avanti con la presunzione attraverso il racconto delle finali di ricostruire
cosa sia stata la NBA in tutti questi anni. Vedremo se sarà possibile.
giovedì 13 luglio 2017
mercoledì 12 luglio 2017
Golden Times Aggiornamento: Steve Kerr
Malcolm Kerr era nato in Libano da genitori americani, che insegnavano all’Università Americana. Studiò negli Stati Uniti ma fu sempre a Beirut che conobbe Ann, la futura moglie, anche lei figlia di diplomatici statunitensi. Steve nacque a Beirut nel 1965, ma poi visse con i genitori in Tunisia e in Francia, poi a Los Angeles perché il padre accettò di insegnare a UCLA. “Mi hanno mostrato un mondo che per molti miei coetanei americani non esisteva neppure”, disse Kerr. Nel suo primo anno di liceo, Steve viveva in Egitto, a Il Cairo. L’anno seguente ritornò a Los Angeles.
lunedì 10 luglio 2017
Golden Times Aggiornato: Stephen Curry
Dell Curry aveva quattro
sorelle. Tutte più grandi di lui. Trovava una via di fuga quando rimaneva fuori
di casa e il suo allenatore al liceo lo ospitava nella propria… stalla. E’ una
storia nota. Curry veniva da Harrisonburg in Virginia e aveva il canestro nel
sangue. La tecnica giusta, il gomito posizionato perfettamente a formare una
elle con l’avambraccio. Il rilascio perfetto. Dell Curry era un tiratore nato
ma non si accontentava di esserlo. No. Dell Curry percorreva i 15 minuti che lo
separavano dalla casa in cui viveva il suo coach a Fort Defiance High School.
C’era un canestro appeso nella stalla. Dell aveva il permesso di rimanere lì e
tirare all’infinito. L’obiettivo di ogni giorno era segnare 500 canestri. “Ma
il bello è che potevo andarci con qualunque tempo e a qualunque ora. La stalla
era sempre aperta”, racconta. Talento, istinto, tecnica e lavoro. Dell Curry
sarebbe diventato uno dei più grandi tiratori di tutti i tempi.
giovedì 6 luglio 2017
Golden Times Aggiornato: Klay Thompson
Prima di Klay Thompson,
molto prima di lui, c’era stato Mychal Thompson, il padre, un centro di 2.08
che avrebbe giocato anche a Caserta, nato e cresciuto a Nassau, la capitale
delle Isole Bahamas. Con la famiglia si trasferì presto negli Stati Uniti, a
Miami. Fu qui che conobbe il basket e diventò una star. La sua squadra del
liceo, Jackson High, vinse 33 partite a zero nel suo ultimo anno a scuola.
Purtroppo, quattro starters incluso Thompson erano accademicamente non
eleggibili, tutti provenienti da Cuba o dalle Bahamas. La stagione sarebbe
stata invalidata. Per Thompson sarebbe diventato un tema ricorrente.
mercoledì 5 luglio 2017
Griffin più Gallinari, l'asse dei nuovi Clippers del dopo Paul
Tanti in Italia avrebbero voluto vedere Danilo Gallinari giocare in una squadra da titolo ma i Clippers non sono la barzelletta che erano sotto la gestione di Donald Sterling. Nelle ultime cinque stagioni hanno vinto regolarmente più di 50 partite, soglia dell'eccellenza, il proprietario Steve Ballmer è il più facoltoso dell'intera NBA e a bordo è appena arrivato da Golden State un personaggio fantastico come Jerry West. Gallinari è in una grande organizzazione che tra l'altro aveva in altri momenti cercato di prenderlo.
Golden Times Aggiornato: Kevin Durant
Joe Lacob aveva
rilasciato una dichiarazione che sembrava già una minaccia. Nei minuti
successivi di gara 7 aveva detto che i Golden State Warriors sarebbero stati
estremamente aggressivi sul mercato per migliorare ulteriormente la squadra,
anche sull’onda della delusione. Quella dichiarazione d’intenti, suffragata
dalla successiva firma di Kevin Durant, è stata un segnale. I Golden State Warriors
hanno raggiunto uno status che nella loro storia non avevano mai, mai, neppure
avvicinato. Sono una franchigia modello, cui nessuno dice no a priori.
Gli intrecci tra i Lakers e il futuro hanno spinto Hill ai Kings
È curioso notare che i Los Angeles Lakers e i Sacramento Kings avevano avuto la stessa idea: firmare George Hill per dare al loro rookie point-man il miglior mentore possibile per navigare nelle acque della NBA da teen-ager. È un ruolo un tantino limitativo per un giocatore reduce da una stagione tormentata ma molto rispettato, di qualità, un giocatore che può fare il titolare ad un livello molto più alto più quello attuale di Lakers e Kings. Ad esempio gli Spurs l'avrebbero preso volentieri se avessero avuto lo spazio salariale per includerlo nel roster senza dover smembrare una parte di squadra, ovvero quanto pensavano di fare per arrivare a Chris Paul (ipotesi abortita).
domenica 2 luglio 2017
Paul George: OKC tenta il tutto per tutto
Un anno fa gli OKC Thunder cedetteto Serge Ibaka a Orlando in cambio di Victor Oladipo, Domantas Sabonis e Ersan Ilyasova. Successivamente girarono Ilyasova a Philadelphia in cambio di Jerani Grant. Oggi con Oladipo e Sabonis si sono assicurati Paul George. È un Paul George in scadenza di contratto ma lo era anche Ibaka. In pratica hanno trasformato Ibaka in George e Grant. È ovvio che comunque vada a finire hanno vinto la trade, che l'avversario in questione sia considerato Indiana o Orlando. I Magic avevano Oladipo, Sabonis e Ilyasova e adesso hanno in pratica Terrence Ross. Normale che Rob Hennigan, il general manager, sia stato avvicendato.
giovedì 29 giugno 2017
I Clippers dopo Paul tra Griffin e tanking per un anno
I Clippers hanno ora la possibilità di ripartire. Nella NBA non c'è modo di farlo senza passare attraverso un periodo di mediocrità. A certe condizioni potrebbero ricostruire in tempi rapidi. Chris Paul era un free-agent. Avrebbero potuto perderlo in cambio di nulla. Accordandosi prima, hanno spremuto dalla trade una prima scelta di modesto significato e qualche giocatore che potrebbe completare la panchina anche in futuro. Lou Williams va a scadenza e magari lo scambieranno ancora. Sam Dekker e Patrick Beverley hanno un senso. Lo ha anche Montrezl Harrell. Ma non è questo il punto.
Paul e Harden ecco come funzionerà la supercoppia di Houston
Un anno fa nessuno avrebbe parlato di potenziali problemi di coesistenza tra Chris Paul e James Harden perché semplicemente il miglior point-man sarebbe stato affiancato alla miglior guardia tiratrice di tutta la NBA. Adesso è chiaro che ambedue dovranno adattarsi a giocare "off the ball" più di quanto abbiano fatto nell'ultima stagione. Ma potrebbe essere persino meglio per i Rockets. Nell'arco di 48 minuti avranno sempre in campo un portatore di palla di elite, aggressivo e produttivo. Era quello che volevano avere quando hanno scambiato per Lou Williams. Solo che Paul è di un altro livello. Da ricordare che la famosa trade negata ai Lakers prevedeva che Paul giocasse accanto a Kobe Bryant. Harden non è Bryant ma è tecnicamente più altruista. Probabile che gli assist di ambedue diminuiscano ma non vedo grandi problemi. Lo scorso anno sono stati primo e quarto in classifica. Ovvio che non lo saranno ancora.
lunedì 26 giugno 2017
La ricostruzione dei Bulls parte dalla Lotteria del 2018
Come succede (quasi) sempre quando una squadra è costretta a vendere, i Chicago Bulls hanno ricavato dalla cessione di Jimmy Butler meno di quanto avrebbero dovuto ricavare. Zach LaVine è un eccellente guardia ma con un potenziale inferiore a quello di Butler, Kris Dunn da rookie ha fatto vedere poco pur essendo un difensore importante. L'addizione di Lauri Markkanen è attenuata come impatto dalla cessione della scelta numero 16 ai Wolves. Questo scambio di diritti era evitabile. Minnesota non avrebbe fatto saltare l'operazione per così poco.
sabato 24 giugno 2017
Le promesse del Superteam di Minnesota con Butler
Se la condizione minima, indispensabile per definirsi un Superteam è allineare almeno tre superstar assolute allora dopo l'acquisto di Jimmy Butler, Minnesota è arrivata a buon punto. Naturalmente Golden State ha quattro superstar e tutte e quattro sono da Top 25 del momento inclusi probabilmente due dei primi cinque e tre dei primi dieci giocatori: questo al momento rende il confronto con chiunque impari. Ma Minnesota ha avanzato la candidatura come potenziale Next Superteam con un livello di talento forse superiore a quello di Philadelphia, meno asset da sfruttare in futuro ma maggiore affidabilità. Le tre baby star dei 76ers hanno giocato una media di 10.3 partite in carriera. I Wolves hanno due numeri 1 del draft che hanno già legittimato il loro status e un All-Star perenne. Più 20 milioni da spendere sul mercato e un asset spendibile o meno che è Ricky Rubio.
giovedì 22 giugno 2017
Dwight Howard: il declino suo e dei centri classici
Nel 2009 Dwight Howard era il miglior giocatore di una squadra da Finale NBA. I suoi Orlando Magic eliminarono in finale di conference i Cavaliers di LeBron James. Nel 2012 venne ceduto ai Los Angeles Lakers in un maxiscambio che coinvolse 11 giocatori. I Lakers lo consideravano l'ultimo di una catena di centri dominanti che ha costellato tutta la loro storia da George Mikan a Wilt Chamberlain, da Kareem Abdul-Jabbar a Shaquille O'Neal. Ma il Superteam dei Lakers aveva uno Steve Nash ormai improponibile ed era allenato dall'allenatore meno adatto a gestire una squadra che aveva un centro teoricamente dominante ovvero Mike D'Antoni. Un anno dopo Howard lasciò i Lakers da free-agent per andare a Houston, mossa senza precedenti. I Rockets festeggiarono la supercoppia Harden-Howard. Era il 2013. Avrebbero giocato una finale di conference. Nel 2016 i Rockets hanno lasciato che Howard se ne andasse da free-agent senza fare una piega anzi assumendo, subito prima, proprio D'Antoni. Implicitamente chiarendo di non essere più interessati a lui. Nel 2017 gli Atlanta Hawks l'hanno ceduto dopo un anno e un utilizzo superficiale nei playoffs a Charlotte.
martedì 20 giugno 2017
La sorpresa dei Celtics e il Baby Superteam dei 76ers
È stata molto sorprendente la mossa di Danny Ainge di scambiare la scelta numero 1 del draft. Nella storia è accaduto molto raramente. I Celtics ne furono già protagonisti nel 1980. Girarono di fatto Joe Barry Carroll (numero 1) a Golden State e in cambio ebbero la scelta numero 3 ovvero Kevin McHale e Robert Parish. I Sixers cedettero la scelta numero 1 a Cleveland in cambio di Roy Hinson e fu un errore catastrofico. I Cavs la usarono per Brad Daugherty. Era il 1986. Cleveland cedette Andrew Wiggins nel 2014 a Minnesota ma dopo averlo scelto. Doveva avere Kevin Love. Era un ordine che veniva dall'alto, da LeBron. Ma il caso più simile a questo si è verificato nel 1993: Orlando voleva Penny Hardaway e si rese conto che avrebbe potuto averlo anche al numero 3 così scelse all'1 Chris Webber solo per cederlo a Golden State e avere in cambio Hardaway e tre future prime scelte.
lunedì 19 giugno 2017
Tra Paul George e i Lakers c'è Cleveland
La questione Paul George va affrontata subito. In fretta. Perché potrebbe svoltare di nuovo in un'ora, un giorno o un mese. Avevo già detto dopo l'eliminazione dei Pacers che la sua cessione sarebbe stata inevitabile. George non ha alcun motivo se non quello economico per restare a Indiana. Adesso ha confermato ufficialmente che andrà via nel 2018 da free-agent. Mossa impopolare ma onesta. Di fatto ha chiesto di essere ceduto. Tutti sanno che vorrebbe andare ai Lakers. E a Indiana conviene imbastire subito una trattativa con loro. Si ripete un po' il caso Carmelo Anthony-Denver-New York. Melo aveva espresso il desiderio di giocare nei Knicks. I Knicks potevano aspettare che diventasse free-agent e prenderlo liberamente. I Nuggets coinvolsero i Nets e James Dolan, il proprietario dei Knicks, temendo di perderlo per mano dei vicini di casa, decise di scambiare subito sacrificando mezza squadra. Soprattutto Danilo Gallinari e Wilson Chandler. I Lakers devono evitare di commettere lo stesso errore.
venerdì 16 giugno 2017
Il mercato delle ali forti tra Blake Griffin e Paul Millsap
Il ruolo di ala forte è probabilmente il più intrigante in ottica free-agency dopo quello di point-men, anche se identificare le "ali forti" sta cominciando a diventare complicato. Ci sono ali forti come Taj Gibson o Zach Randolph e ci sono ali forti che potrebbero somigliarae a qualcosa di molto diverso. Danilo Gallinari va considerato un'ala forte nella NBA che stanno costruendo? E Rudy Gay che è uscito dal contratto con Sacramento? In ogni caso è il ruolo di Blake Griffin che come Chris Paul tiene in qualche modo ostaggio i Los Angeles Clippers, condannati a firmarli costi quel che costi ma senza alcun elemento per pensare che pagarli il massimo salariale - scontato - serva a raggiungere un risultato migliore della semifinale di conference fallita quest'anno.
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