mercoledì 30 novembre 2016

Golden Times: Baron Davis, Stephen Jax e il "We Believe"



Baron Davis, californiano di Los Angeles (anzi di UCLA) con il pallino del cinema e una personalità dirompente, venne acquistato dai New Orleans Hornets, la sua unica squadra NBA fino ad allora. Era un All-Star, generalmente disinteressato alla difesa ma di talento enorme, un leader. Per averlo, Mullin sacrificò un giocatore marginale come Speedy Claxton e un veterano a fine carriera, il suo ex compagno di squadra a Indiana, Dale Davis. Una grande operazione.

martedì 29 novembre 2016

NBA WEEK 5: New Orleans, Kevin Love, i delusi e i deludenti, Noah, Westbrook




Tutto sommato la stagione dei Pelicans non era finita prima di cominciare, a dispetto dei tanti infortunati. Il rientro di Jrue Holiday ha avuto un effetto dirompente. Sia dal punto di vista tecnico - ha molto più talento di qualsiasi altro giocatore del roster di New Orleans che non si chiami Anthony Davis - che mentale. Holiday era stato dispensato dall'unirsi al gruppo a causa della malattia della moglie - giocatrice di calcio di livello internazionale -, colpita durante la gravidanza da un tumore al cervello. La moglie ha partorito, ora sta meglio e Holiday è tornato a giocare. Con lui in campo i Pelicans hanno vinto quattro gare su sei (in assoluto 6-4 nelle ultime 10) e allentato la pressione su Coach Alvin Gentry e anche l'attesa spasmodica di un'esplosione di Davis a chiedere una cessione che ovviamente non avrebbe senso per il club. Holiday viaggia a 16.2 punti e 6.6 assist per gara partendo per ora dalla panchina.

lunedì 28 novembre 2016

NBA WEEK 5/the race for the MVP: le triple di Westbrook



Non succede mai che l’MVP della stagione giochi in una squadra da meno di 50 vittorie stagionali. Anche se questa potrebbe essere una discriminante a favore di uno dei tre grandi protagonisti di questo primo quarto di stagione, il concetto andrebbe forse rivisto in una stagione in cui ci sono tre giocatori di squadre al momento “borderline” da questo punto di vista (se non meno, molto meno che “borderline”).

NBA WEEK 5/ranking: Golden State chi la ferma?




1 GOLDEN STATE – 12 vittorie di fila, il record di club di assist, i Warriors hanno risparmiato Green, inflitto scarti abissali alle avversarie. Contro Minnesota settima volta oltre i 20 contemporaneamente i Big Three (Steph, KD, Klay).

NBA WEEK 5/c: da Turner a Diaw è ora di pentimenti




I cinque colpi più infelici del mercato 2016.
1 EVAN TURNER (Portland) -
Contratto da 70 milioni per un giocatore offensivo in una squadra che sul perimetro aveva già tutto il talento di cui si può avere bisogno con Lillard e McCollum. La mossa può avere un senso futuro ipotizzando che Turner possa servire sul mercato ma tecnicamente aveva poco senso prima e non ne ha ora. Per lui ci sono 8.6 punti con il 40.4% dal campo che è minimo in carriera.

NBA WEEK 5/b: l'asterisco sui 34 di Kevin Love



I 34 punti segnati da Kevin Love in in solo quarto sono la seconda prestazione NBA di sempre dopo i 37 di Klay Thompson ma dovrebbero portare un asterisco perché ottenuti contro Portland. I Blazers capeggiano la classifica delle squadre più deludenti della stagione per colpa principalmente della difesa. In questo momento la peggiore della West Coast. In ogni caso Love è un giocatore difficile da digerire quando gioca come centro nominale perché obbliga l'avversario a giocare piccolo visto che nessun centro vero può marcarlo sul perimetro in una situazione di pick-and-roll. Quindi l'unica speranza è che il tiro non entri. Ma se entra possono succedere queste cose. Tyronn Lue chiama per lui il primo gioco di ogni partita. Love ha un primato di 51 punti in carriera ma giocava a Minnesota. A Cleveland 34 era il suo top ma in quella gara l'ha obnubilato già nel primo periodo.

NBA WEEK 5/a: la piccola rinascita di New Orleans



Tutto sommato la stagione dei Pelicans non era finita prima di cominciare, a dispetto dei tanti infortunati. Il rientro di Jrue Holiday ha avuto un effetto dirompente. Sia dal punto di vista tecnico - ha molto più talento di qualsiasi altro giocatore del roster di New Orleans che non si chiami Anthony Davis - che mentale. Holiday era stato dispensato dall'unirsi al gruppo a causa della malattia della moglie - giocatrice di calcio di livello internazionale -, colpita durante la gravidanza da un tumore al cervello. La moglie ha partorito, ora sta meglio e Holiday è tornato a giocare. Con lui in campo i Pelicans hanno vinto quattro gare su sei (in assoluto 6-4 nelle ultime 10) e allentato la pressione su Coach Alvin Gentry e anche l'attesa spasmodica di un'esplosione di Davis a chiedere una cessione che ovviamente non avrebbe senso per il club. Holiday viaggia a 16.2 punti e 6.6 assist per gara partendo per ora dalla panchina.

mercoledì 23 novembre 2016

NBA WEEK 4: Lakers, Utah, Green, Oden, Irving, Harden e i Clips

Negli ultimi tre anni i Los Angeles Lakers hanno vinto 65 partite, otto in meno di quelle vinte dai Golden State Warriors nella sola stagione scorsa. Ecco perché la discesa di Luke Walton da Oakland giù verso Los Angeles è stata mossa più sentimentale che cerebrale. A meno che Walton non sappia qualcosa delle sue qualità di allenatore che noi non sappiamo ancora.

martedì 22 novembre 2016

NBA WEEK 4/race for the MVP: Harden al comando

1 JAMES HARDEN - A parte le cifre stagionali, contro Utah ha segnato 31 punti con 10 assist senza palle perse che per uno che tiene tanto la palla è già questa un'impresa.

NBA WEEK 4/ranking: Clippers all'1 ma serve una prova

1 LA CLIPPERS - Il 3 dicembre giocano in trasferta contro i Warriors. Sarà la quinta di una serie di sei trasferte. Hanno bisogno comunque di uno statement-game contro Golden State.

lunedì 21 novembre 2016

NBA WEEK 4/c: il dramma confessato di Greg Oden

Greg Oden si è definito il più grande bidone nella storia dei draft NBA e ha aggiunto che la sua posizione peggiorerà ogni volta che Kevin Durant continuerà a giocare come sta facendo.

NBA WEEK 4/b: tutta la gioventù di Utah

Utah non ha una star conclamata nel proprio roster. Gordon Hayward gli somiglia molto ma non lo è ancora. Rudy Gobert non può essere una stella per il tipo di giocatore che è, un centro che protegge il ferro, un supremo difensore ma con limiti - tuttavia attenuati - come attaccante.

NBA WEEK 4/a: la giusta direzione dei Lakers di Walton

Negli ultimi tre anni i Los Angeles Lakers hanno vinto 65 partite, otto in meno di quelle vinte dai Golden State Warriors nella sola stagione scorsa. Ecco perché la discesa di Luke Walton da Oakland giù verso Los Angeles è stata mossa più sentimentale che cerebrale. A meno che Walton non sappia qualcosa delle sue qualità di allenatore che noi non sappiamo ancora.

sabato 19 novembre 2016

Golden Times: prima di Klay c'era stato Mychal Thompson



Prima di Klay Thompson, molto prima di lui, c’era stato Mychal Thompson, il padre, un centro di 2.08 che avrebbe giocato anche a Caserta, nato e cresciuto a Nassau, la capitale delle Isole Bahamas. Con la famiglia si trasferì presto negli Stati Uniti, a Miami. Fu qui che conobbe il basket e diventò una star. La sua squadra del liceo, Jackson High, vinse 33 partite a zero nel suo ultimo anno a scuola. Purtroppo, quattro starters incluso Thompson erano accademicamente non eleggibili, tutti provenienti da Cuba o dalle Bahamas. La stagione sarebbe stata invalidata. Per Thompson sarebbe diventato un tema ricorrente.

giovedì 17 novembre 2016

NBA Notes: Phil Jackson voleva colpire Riley non LeBron

Quando l'allenatore più vincente della storia (Phil Jackson) si concede al più grande strumento mediatico dei nostri tempi (ESPN), ad una giornalista di altissima qualità che ha alle spalle una storia di interviste a cuore aperto (Jackie McMullan) e parla in maniera controversa come gli è sempre capitato in passato del giocatore più forte e potente della generazione attuale  (LeBron James) è normale che si scateni l'inferno. Il bello è che probabilmente Jackson voleva colpire Pat Riley non LeBron.

martedì 15 novembre 2016

NBA WEEK 3: Clippers, Wade, Charlotte, Steve Clifford, Bozeman e altro

E se fosse l’anno buono, quello in cui i Los Angeles Clippers esprimono finalmente il loro potenziale da Superteam? Dopo tre settimane, sono la miglior squadra NBA, non hanno mai perso in trasferta e la sconfitta incassata dai Thunder è stata vendicata nell’ultimo weekend.

lunedì 14 novembre 2016

NBA WEEK 3/c: il ritorno di Dwyane Wade a Miami



Ci sono storie che finiscono bene anche quando finiscono male. Dobbiamo dare credito a Dwyane Wade e ai Miami Heat. Wade avrebbe dovuto finire la carriera a South Beach. Non è stato possibile ma il suo ritorno da avversario è stato gestito bene da tutti. Soprattutto dal pubblico riconoscente. Nella NBA è molto difficile che anche una star conclamata riesca a spendere tutta la carriera con la stessa squadra. Perché succeda è necessario uno sforzo collettivo. Il giocatore dovrebbe abbreviare la carriera, chiuderla uno o due anni prima.

NBA WEEK 3/b: il talento di Mister Steve Clifford



Move over Brad Stevens. Il  coach emergente nella NBA non ha il look da enfant prodige (bravissimo davvero peraltro) dell'allenatore dei Celtics e nemmeno da divo di Hollywood alla Pat Riley prima maniera ma sta confezionando un'altra stagione superiore alle previsioni a Charlotte. Steve Clifford è la mossa migliore che Michael Jordan abbia mai fatto da proprietario degli Hornets.

NBA WEEK 3/a: la superdifesa dei Los Angeles Clippers



E se fosse l’anno buono, quello in cui i Los Angeles Clippers esprimono finalmente il loro potenziale da Superteam? Dopo tre settimane, sono la miglior squadra NBA, non hanno mai perso in trasferta e la sconfitta incassata dai Thunder è stata vendicata nell’ultimo weekend.

Perché Anthony Davis resta incedibile

Nell'arco delle prime 10 gare della stagione solo nove giocatori prima di Anthony Davis avevano segnato almeno 300 punti, catturato 100 rimbalzi e distribuito 30 stoppate. Gli altri nove da Wilt Chamberlain a Kareem Abdul-Jabbar a Bob McAdoo a Shaquille O'Neal sono tutti nella Hall of Fame. I numeri di Davis ottenuti in una squadra da 50 vittorie stagionali gli garantirebbero il trofeo di MVP per acclamazione.

venerdì 11 novembre 2016

L'annuncio choc di 25 anni fa ma Magic è ancora qua!


25 anni fa Magic Johnson a 32 anni di età dovette ritirarsi. Con un annuncio choc dovette aprire uno squarcio violentissimo sulla sua vita privata. Si era appena sposato e la moglie Cookie era incinta. Magic era sieropositivo.

giovedì 10 novembre 2016

Golden Times: quando da Brooklyn arrivò Chris Mullin...



Nel 1985, l’ultimo draft dell’era Mieuli portò a Oakland uno dei più grandi giocatori nella storia della franchigia. Chris Mullin era stato giocatore dell’anno a St.John’s. Aveva le chiavi della palestra, era legatissimo alla famiglia, la fidanzata Liz veniva dallo stesso quartiere e tutto quello di cui aveva bisogno per stare bene era un canestro, un pallone e una birra irlandese.

martedì 8 novembre 2016

NBA WEEK 2: Knicks, Ray Allen, Mutombo, Westbrook, Kemba ecc


Ritengo che i New York Knicks non saranno molto diversi da quelli delle prime partite. Possono andare a Chicago e vincere in modo convincente salvo perdere due giorni dopo in casa contro Utah (della quale ci sarebbe molto da dire). Il problema panchina – altra squadra afflitta dallo stesso difetto è Houston – è enorme. 

lunedì 7 novembre 2016

NBA WEEK 2/c: tutti dietro Westbrook e il Curry "normalizzato"

NBA WEEK 2/b: lo Shot di Michael Jordan migliore di Ray Allen, Cleveland numero 1




La tripla con cui Ray Allen salvò il titolo di Miami nel 2012 va considerata il più grande canestro nella storia della Finale? Uno dei più grandi certamente. Senza quel canestro Miami non avrebbe vinto il titolo ma è vero che dopo quel canestro si è giocata una gara 7 che gli Heat hanno vinto. Personalmente ritengo più importante la tripla risolutiva di Kyrie Irving nell'ultima finale. È stata quella del titolo. Basta. Altri canestri decisivi in finale?

NBA WEEK 2/a: i Knicks e il numero 55 di Dikembe Mutombo




Ritengo che i New York Knicks non saranno molto diversi da quelli delle prime partite. Possono andare a Chicago e vincere in modo convincente salvo perdere due giorni dopo in casa contro Utah (della quale ci sarebbe molto da dire). Il problema panchina – altra squadra afflitta dallo stesso difetto è Houston – è enorme. 

venerdì 4 novembre 2016

Golden Times:da Dell Curry a Stephen Curry, l'arte del tiro




Dell Curry aveva quattro sorelle. Tutte più grandi di lui. Trovava una via di fuga quando rimaneva fuori di casa e il suo allenatore al liceo lo ospitava nella propria… stalla. E’ una storia nota. Curry veniva da Harrisonburg in Virginia e aveva il canestro nel sangue. La tecnica giusta, il gomito posizionato perfettamente a formare una elle con l’avambraccio. Il rilascio perfetto. Dell Curry era un tiratore nato ma non si accontentava di esserlo. No. Dell Curry percorreva i 15 minuti che lo separavano dalla casa in cui viveva il suo coach a Fort Defiance High School. C’era un canestro appeso nella stalla. Dell aveva il permesso di rimanere lì e tirare all’infinito. L’obiettivo di ogni giorno era segnare 500 canestri. “Ma il bello è che potevo andarci con qualunque tempo e a qualunque ora. La stalla era sempre aperta”, racconta. Talento, istinto, tecnica e lavoro. Dell Curry sarebbe diventato uno dei più grandi tiratori di tutti i tempi.

martedì 1 novembre 2016

NBA Notes: i nuovi ricchi Adams, Gobert e non solo...




Il 31 ottobre è sempre l’ultimo giorno in cui i giocatori della classe dei rookie di quattro anni prima possono firmare un’estensione con la squadra che li ha scelti. Se non lo fanno, a fine stagione, diventano “Restricted Free-Agent”: dal momento che la loro squadra continua a detenerne i cosiddetti “Bird Rights” il rischio di perdere il giocatore non è altissimo perché esiste sempre la possibilità di pareggiare l’offerta. Ma con un mercato imprevedibile come quello attuale non è mai prudente trovarsi nella condizione di dover pareggiare un’offerta. Oppure no?

Come nacque la "Linsanity"




Con il senno di poi ha perfettamente senso che la più incredibilmente rapida ascesa dal nulla a fenomeno globale – con ridiscesa sul pianeta Terra ma comunque sempre nel regno dei milionari dei canestri della NBA – sia andata in scena nella più incredibile città del mondo. Nell’inverno del 2011, un playmaker di origini taiwanesi, fresco di laurea ad Harvard, università tra le più note al mondo ma non certo per la produzione di giocatori di basket, Jeremy Lin aveva già raggiunto un accordo con la squadra italiana di Teramo. Era in corso il lock-out e Lin pensò che quella fosse la sua strada.