C’era un sole cocente il
giorno in cui Orlando, ospitando la prima partita della Finale, entrava
ufficialmente nel grande mondo del basket NBA. Nick Anderson fu uno dei primi
ad arrivare alla O-rena. Accompagnato dal figlioletto, parcheggiò l’auto appena
fuori l’ingresso riservato agli atleti. Si cambiò rapidamente e poi diede
inizio alla sua routine pregara fatta di tiri da ogni posizione e molti tiri
liberi. Ne sbagliò pochissimi quel giorno, come sempre del resto. Non avrebbe
mai immaginato quel che sarebbe accaduto poche ore dopo. Forse avrebbe dovuto.
Chi conosce Nick Anderson sa che è tanto duro fisicamente quanto fragile
dentro.
Nick viene da una delle
peggiori zone di Chicago ed è sempre stato abituato a convivere con un mondo
fatto di spacciatori, di delinquenti, di droga e violenza. Uno dei suoi amici,
Benji Wilson che secondo la leggenda era più forte di lui, un giorno per un
banale screzio di strada finì sdraiato in terra in una pozza di sangue. Ucciso.
Nick ne fu sconvolto. Dedicò all’amico scomparso tutta la sua carriera
indossando sempre il suo numero 25. Anderson fu il primo uomo scelto da Orlando
nella sua storia, una guardia tiratrice in grado di giocare in pivot basso, di
aggredire in difesa e di far pesare sempre i propri muscoli. Un giocatore
straordinario e anche un bravo ragazzo. Ma il cuore, la testa, quel giorno di
giugno del 1995, lo tradirono inaspettatamente e immeritatamente.