giovedì 25 agosto 2016

Houston: un grande esperimento chiamato Clint Capela




La notizia più importante dell’estate degli Houston Rockets è stata l’estensione contrattuale di James Harden. Non ha avuto la stessa eco di quella di Russell Westbrook a Oklahoma City ma il concetto è lo stesso. Harden sarebbe andato a scadenza un anno dopo Westbrook quindi i Rockets avevano meno urgenza di agire e inoltre non si avvertiva lo stesso tipo di rischio. Ma il messaggio è stato forte: Harden è al centro del progetto, il club crede in Harden e Harden nei Rockets. In un’estate in cui non sono stranamente riusciti neppure a entrare tra le cinque finaliste del Kevin Durant Derby, l’estensione di Harden è stato un premio di consolazione non indifferente.
Il mercato dei Rockets è stato soprattutto funzionale allo stile di gioco della squadra, enfatizzato dall’arrivo di Mike D’Antoni. La partenza di Dwight Howard era da ritenersi scontata: Howard non ha veramente legato con Houston, soffriva la leadership di Harden come a Los Angeles soffriva quella di Kobe Bryant e Pau Gasol e infine l’arrivo di D’Antoni, considerato il passato comune dei due e le idee del coach “milanese”, ha sancito un divorzio che non è dispiaciuto nemmeno ai Rockets. Altrimenti non si spiegherebbero le loro mosse. Tutte hanno spinto “contro” Dwight Howard.
Ma una squadra senza Howard è anche una squadra migliore? Questo è un concetto eterno nel basket perché migliorare sottraendo è sempre auspicabile ma difficile. E qui entra in gioco Clint Capela, il centro titolare, terzo anno di NBA, 22 anni, dei Rockets.

L'ultima notte di Malik Sealy




C’era stata una festa di compleanno del suo giovane compagno di squadra ai Minnesota Timberwolves. Correva l’anno 2000. Kevin Garnett aveva 24 anni ed era un amico. Prese la sua auto per tornare a casa, imboccò una highway quando in direzione opposta contromano, si vide piombare addosso un auto a tutta velocità. Al volante un uomo ubriaco. Malik Sealy morì così, a 30 anni, nel cuore di una buona carriera NBA.