martedì 30 gennaio 2018

Blake Griffin: il punto di vista dei Clippers



La fine di “Lob City”, sancita dalla defezione di Chris Paul, aveva messo i Clippers in una situazione molto difficile in estate, in mezzo al guado tra la ricostruzione o il tentativo di rimanere ancora competitivi a dispetto di una perdita devastante come quella del cosiddetto “Point-God” con cui – va ricordato – comunque i Clippers non sono mai andati oltre il secondo turno dei playoffs. In estate i Clippers non erano pronti ad arrendersi e accettare un ruolo minore, per tanti motivi, alcuni commerciali (prezzi dei biglietti alzati, trattative in corso per un nuovo impianto, la battaglia per la torta televisiva nella zona di Los Angeles, i Lakers del nuovo corso), e altri più strettamente agonistici. In fondo si erano illusi di essere più forti di quello che erano o forse erano stati solo più sfortunati di altre squadre. Fatto sta che la perdita di Paul, in minima parte compensata dai giocatori arrivati da Houston principalmente Lou Williams, non ha convinto Steve Ballmer, il supermiliardario proprietario del club, a staccare la spina e ripartire. I Clippers hanno provato a rimanere rilevanti prendendo Danilo Gallinari – e non sono stati fortunati, visto che praticamente per ora non ha giocato – e soprattutto estendendo Blake Griffin.

sabato 27 gennaio 2018

La storia della finale di Monaco 1972 raccontata da Mosca



La finale olimpica di Monaco 1972 è stata probabilmente la partita più famosa di basket più famosa, discussa, analizzata della storia. Certamente non la più bella, neppure a livello olimpico, ma la più popolare. A Monaco, pochi giorni dopo il massacro degli atleti israeliani nella palazzina di Connollystrasse, gli USA persero la prima partita olimpica della loro storia dopo sette medaglie d’oro e dopo aver sconfitto in semifinale proprio l’Italia di Giancarlo Primo in modo inequivocabile. Ma la partita delle partite, in piena guerra fredda, era quella contro l’Unione Sovietica che sconfisse Cuba in semifinale. In sintesi la storia di quella partita è questa: l’URSS dominò in lungo e in largo ma senza uccidere una gara giocata a ritmi molto bassi, difensiva, con pochi canestri; gli USA si sbloccarono negli ultimi cinque minuti di partita e completarono la rimonta quando la guardia Doug Collins – che poi ebbe un eccellente carriera nella NBA sia da giocatore che da allenatore – intercettò un passaggio, andò sparato a canestro e con tre secondi da giocare subì un evidente fallo, punito con due tiri liberi. Claudicante, Collins andò in lunetta con la benedizione del coach Hank Iba, un duro del Missouri che aveva avuto una carriera leggendaria a Oklahoma State ma contro il parere degli assistenti che avevano suggerito un’opportuna sostituzione. Il ventenne Collins andò in lunetta e senza battere ciglio centrò entrambi i liberi. E il resto è tutto quello che conta…

lunedì 15 gennaio 2018

Il ritiro della maglia numero 34 di Paul Pierce



Paul Pierce a terra dolorante. Era gara 1 della Finale NBA del 2008. Scese il gelo sull’arena. Quante possibilità avrebbero avuto i Celtics di vincere la serie contro i Lakers se Paul Pierce fosse finito out nel cuore della prima partita? Ora i Celtics ritireranno la sua maglia numero 34. Meritatamente. Quei Celtics avevano Kevin Garnett e Ray Allen, anche Rajon Rondo. Ma i primi due erano arrivati in estate, nella prima grande vendemmiata di mercato di Danny Ainge. Ma Pierce era già lì, sempre a metà strada tra la cessione ad un club di alto livello che gli permettesse di giocare per il titolo e il suo ruolo di bandiera dei Celtics, in attesa che arrivassero i rinforzi. Nell’estate del 2007 arrivarono.

giovedì 11 gennaio 2018

NY Basketball Stories 2.0: Red Holzman



Andrew Fuzzy Levane non ha recitato una parte particolarmente importante nella storia dei New York Knickerbockers, non direttamente almeno. Ma tutta la carriera di Red Holzman, l’allenatore che ha vinto più partite alla guida dei Knicks e l’unico che abbia vinto il titolo non sarebbe mai decollata senza di lui. Nell’ultima delle sue autobiografie, “My Unforgettable Season”, Holzman – scomparso nel 1998 – ammetteva che ogni lavoro che gli sia stato offerto nella NBA è stato una conseguenza della sua amicizia con Levane o della stima che questi nutriva per lui.

lunedì 8 gennaio 2018

The Lake Show, i più grandi dall'1 al 20




Solo i Boston Celtics hanno una storia paragonabile a quella dei Los Angeles Lakers e un numero di giocatori “storici” competitivo. Nell’anno in cui vengono ritirate le due maglie di Kobe Bryant e si è discusso, si discute sul suo ruolo nella storia della franchigia, ho provato a stilare e analizzare la mia Top 20 dei giocatori gialloviola, escludendo il periodo di Minneapolis per evidente impossibilità di paragonare i giocatori di quell’epoca alle successive e la totale mancanza di immagini che avrebbero potuto aiutare a farsi un’idea almeno stilistica (di Jerry West e Elgin Baylor qualcosa esiste e in più hanno giocato con e contro giocatori di generazioni più familiari, nei primi anni ’70). Ovviamente sono classifiche soggettive, che lasciano il tempo che trovano, non vogliono dimostrare nulla, sono opinabili ma proprio per questo sono sempre state fatte e sempre verranno fatte.
Visto che siamo nel regno dell’impossibile, sarebbe bella una partita tra i Top 10 dei Celtics e i Top 10 dei Lakers. Immaginate i match-up iniziali: Bob Cousy, John Havlicek, Larry Bird, Kevin Garnett, Bill Russell contro Magic Johnson, Jerry West, Kobe Bryant, Elgin Baylor e Kareem Abdul-Jabbar. Dalla panchina: Sam Jones, Ray Allen, Paul Pierce, Kevin McHale, Dave Cowens, Robert Parish per i Celtics; Norm Nixon, Jamaal Wilkes, James Worthy, Shaquille O’Neal e Wilt Chamberlain per i Lakers.

The Lake Show, i più grandi: Magic Johnson



1 Magic Johnson

(5 titoli, 3 MVP della Finale, 3 MVP, 10 All-NBA, 12 All-Star Game, 19.5 ppg, 11.2 apg, 7.2 rpg)

Spiegare perché Magic Johnson debba essere considerato il miglior Laker di tutti i tempi significa soprattutto spiegare perché l'onore non dovrebbe andare a qualcun altro. In parte è una questione soggettiva: trovo legittimo che qualcuno possa scegliere Kobe, Kareem, West o Shaq al suo posto. In termini di titoli vinti con i Lakers, lui e Kobe sono pari. Negli ultimi tre Magic era chiaramente il giocatore di punta e nei primi due andava considerato almeno alla pari di Kareem. Ma nel 1980 i Lakers hanno vinto gara 6 della finale NBA a Philadelphia senza Kareem. Lui segnò 42 punti con 15 rimbalzi. Secondo la storia scritta da chi ha vinto, Magic sostituì Abdul-Jabbar giocando da centro, in realtà i Lakers abbassarono il quintetto e lui giocò assieme a tre esterni e in effetti venne accoppiato quasi sempre al 4 dei Sixers (Caldwell Jones o Bobby Jones). Resta la prestazione disumana.

mercoledì 3 gennaio 2018

The Lake Show, i più grandi: Kobe Bryant



2 Kobe Bryant
(5 titoli, 2 MVP della Finale, 1 MVP, 15 All-NBA, 18 All-Star Game, 25.0 ppg, 4.7 apg, 5.2 rpg)

Kobe Bryant ha vinto cinque titoli con i Lakers e giocato sette finali. In termini di vittorie è al top e due finali le ha vinte da MVP. Nei tre titoli conquistati con O'Neal ha avuto un ruolo importante e soprattutto nel 2000 forse decisivo (la vittoria di gara 4 a Indianapolis con Shaq fuori per falli). La grande battaglia nella finale di conference del 2002 contro Sacramento ha richiesto il meglio dei Lakers, di Shaq, di Robert Horry e ovviamente di Kobe. Vittorie, longevità (20 anni nella stessa squadra), record e personalità ne fanno un credibile "Best Laker Ever" ma al tempo stesso non è neppure scontato che debba essere davanti a Shaq, Kareem o West. Più di ogni altra cosa questo è un tributo alla grandezza della storia del club.