giovedì 15 marzo 2018

La perdita del Re Saltatore di Charlotte, Henry Hi-Fly Williams



Questa è davvero dura da assorbire perché Henry Williams aveva solo 47 anni, perché tutti noi siamo stati testimoni della sua intera carriera professionistica, pensando che nella NBA erano stati pazzi a non accettarne i limiti di taglia fisica per prendere tutto quello che sapeva fare con il suo tiro mancino, l’esplosività, la straordinaria velocità di piedi. Ricordo la prima volta che lo vidi fuori dal campo. C’era un ristorate vicino al palasport di Verona. Non ricordo quale partita fosse. Lui entrò, vestito bene, elegante, e dai tavoli spontaneamente si alzò un applauso che lo mise in imbarazzo. Fece un piccolo inchino, alzò il braccio. Era contento e a disagio al tempo stesso. L’ultima volta fu in America: aveva smesso di giocare presto dopo gli anni di Verona, Treviso, Roma e Napoli. Lavorava come commentatore televisivo per Charlotte. In fondo era anche quello un modo per raggiungere la NBA. Parlava ancora in modo accettabile l’italiano. Da tempo era un pastore battista – la religione sempre al primo posto della sua vita – ma faceva tante cose, aveva sostenuto altre attività imprenditoriali, anche con la moglie. Fare l’analista televisivo gli permetteva di rimanere a contatto con il basket in un posto in cui aveva giocato solo a livello universitario ma dov’era una leggenda. Era allegro, felice, una persona di successo, in pace con sé stesso e con la vita. Era prima del 2009 quando gli dissero che i suoi reni non funzionavano più e non sapevano spiegarsi perché. Da quel momento otto ore al giorno di dialisi: comprò la macchina per evitare di dover andare in ospedale tutti i giorni e poterla usare a casa. E provava a vivere come se fosse ancora Hi-Fly Williams, il più grande realizzatore nella storia di North Carolina-Charlotte. Predicava tutte le settimane ai fedeli, non aveva perso fede, fiducia, entusiasmo. La vita l’aveva colpito duramente ma non l’aveva spento. Almeno fino a ieri.