giovedì 15 dicembre 2016

NBA WEEK 7/All in One

I Warriors hanno vinto per la settima volta consecutiva contro i Clippers che per molti - incluso me - sarebbero l'unica squadra con il potenziale teorico per metterli in difficoltà nella Western Conference. Che si sia giocato a Los Angeles e che la partita non abbia avuto storia è allarmante per l'equilibrio o presunto equilibrio dei playoffs.
I Golden State Warriors sono una squadra difensivamente sottovalutata persino ora che non hanno Andrew Bogut. Possono non esprimere questo potenziale tutte le sere ma quando conta lo fanno. Concedono 101.6 punti ogni 100 possessi, settimi assoluti. I Clippers sono stati devastati. Area chiusa, linee di passaggio occupate e tanti tiri obbligati allo scadere dei 24 secondi. Così i Warriors hanno alimentato contropiede primario e transizione. Per quanto possa essere difficile difendere contro quattro o cinque tiratori di talento su metà campo, questo è nulla se vanno in transizione. Di fatto non li prendi mai e segnano a volontà: non a caso i Warriors hanno una media di 21.1 punti segnati in contropiede a partita, primi nella Lega. I Clippers non sono riusciti a tirare bene e a limitare le palle perse. Quindi la loro difesa (la seconda nella Lega) è stata inadeguata ma tutto è cominciato con il loro attacco confuso. O con la difesa dei Warriors.
Golden State ha battezzato e concesso a Richard Luc Mbah-a-Moutè due lunghi tiri da due nei primi possessi. I due errori hanno confermato che l'attacco dei Clippers non è competitivo con due non-attaccanti in campo. Quindi non può permettersi di affrontare i Warriors senza Jamal Crawford e JJ Redick accanto a Chris Paul. E l'alternativa più percorribile si chiama Austin Rivers. Il secondo non attaccante è DeAndre Jordan ma lui deve reggere la difesa e far pagare ai Warriors la loro vulnerabilità a rimbalzo. Aggredendo il tabellone con Kanter e Adams, Oklahoma City lo scorso anno ha spinto i Warriors sotto 1-3. Ovviamente era anche in grado di attaccare bene. Ora i Warriors sono meno vulnerabili con Durant ma l'unico modo per batterli resta quello di fermarne la transizione attaccandoli con ordine, dominandoli a rimbalzo e rientrando in difesa. I Clippers hanno solo in qualche momento controllato i rimbalzi (tre schiacciate in tap-in di Jordan e Griffin) e attaccato decentemente grazie ai missili di Crawford. Non sono mai rientrati adeguatamente. E se Blake Griffin non può segnare contro Draymond Green negli isolamenti che piacciono a Doc Rivers non hanno una speranza. Ma questa non è solo una critica a questi Clippers. Piuttosto è la scomoda denuncia di una superiorità che sul campo è proprio come era sulla carta. 

FROM "GOLDEN TIMES"
Come Joe Lacob diventò proprietario dei Warriors

"Nel 2004, Robert Sarver comprò i Phoenix Suns dalla famiglia Colangelo e i loro partner per 401 milioni di dollari. Nessuna franchigia NBA era mai stata venduta per una cifra così alta. Ma per battere Larry Ellison, il miliardario di Oracle, Joe Lacob e Peter Guber, il suo socio principale, versarono a Chris Cohan 450 milioni di dollari. L’aveva comparata per 119. Da allora il mercato è ulteriormente esploso. I Los Angeles Clippers sono stati acquistati da Steve Ballmer per 2 miliardi di dollari, più di quattro volte quanto sono stati pagati i Warriors, nell’estate del 2014. Quando Lacob e Gruber acquistarono i Warriors, la franchigia era stata valutata nel suo ranking annuale dalla rivista economica Forbes 319 milioni. E’ abbastanza normale che il prezzo pagato risulti superiore al valore stimato. Ma eravamo nel 2010. E nel gennaio del 2016, i Warriors sono stati valutati dalla stessa rivista 1.9 miliardi di dollari. Se Lacob non fosse nel basket a lungo termine, al punto da aver coinvolto i figli nella gestione del club, potrebbe rivenderli quintuplicando il proprio investimento. In appena sei anni". 



LA STATISTICA 1
Russell Westbrook tanto per cambiare ha la possibilità di diventare il primo giocatore dopo Michael Jordan a chiudere una stagione oltre i 25 punti, 8 rimbalzi, 8 assist e 2 palle rubate di media.
LA STATISTICA 2
Russell Westbrook cattura il 18.1% dei rimbalzi difensivi disponibili quando è in campo. La media per le ali forti è del 19.2%.
LA STATISTICA 3
Nella loro storia i Warriors hanno 30 gare in cui un loro giocatore ha segnato almeno 60 punti. 27 di queste sono state firmate da Wilt Chamberlain
LA STATISTICA 4
Quando Wilt Chamberlain segnò 100 punti, ebbe 2.08 punti al minuto. Klay Thompson ha segnato 2.07 punti al minuto nei 29 minuti giocati contro Indiana.
LA STATISTICA 5
I 52 di John Wall nella sconfitta dei Wizards contro i Magic sono il massimo nella storia della franchigia da quando Earl Monroe ne fece 56 in una sconfitta contro i Lakers nel 1968.
LA STATISTICA 6
I Sixers hanno chiuso a New Orleans una striscia di 23 sconfitte esterne consecutive che è comunque record NBA.


CHI E' IL COACH DELL'ANNO?
Ovviamente è molto presto per parlare di “allenatore dell’anno” con due terzi di stagione ancora da digerire. Non credo sia possibile stilare già una classifica ma qualche nomination è più credibile di altre. Ecco le mie.
MIKE D’ANTONI – La scelta di D’Antoni, il coach più adatto al “Moreyball” di Houston, era stata criticata da molti, anche perché avrebbe comportato l’automatica partenza di Dwight Howard, un centro di primissima fascia che per tanti motivi non era prioritario per i Rockets. I risultati danno ragione a Houston che è tra le prime quattro squadre della Western Conference, ha vinto a Oakland contro i Warriors, ha in James Harden un potenziale MVP e il miglior giocatore della Lega negli assist. D’Antoni haenfatizzato i ritmi alti (solo Golden State gioca ad un numero di possessi più elevato), ha il quarto attacco della NBA, il secondo per punti segnati e grandi margini di miglioramento difensivi dove al momento è 19° per punti concessi per possesso di palla. Clint Capela in quintetto ha risposto, senza Howard a rimbalzo i Rockets sono comunque la terza miglior formazione, senza Donatas Motijeunas ha lanciato Sam Dekker e Patrick Beverley è diventato una delle più asfissianti guardie difensive ed è stato il grande eroe della vittoria di Oklahoma City quando rispondendo ad una serie di crossover di Westbrook l’ha obbligato a prendersi nel possesso decisivo un tiro impossibile. Per ora è la mia personale scelta come coach dell’anno.
GREGG POPOVICH – Lo considero il favorito popolare, con ragioni innegabili perché quando perdi l’uomo franchigia, Tim Duncan, ma i risultati restano gli stessi devi essere premiato. In realtà la transizione tra i “Big Three” del passato (Duncan-Parker-Ginobili) a quelli del presente (Leonard-Aldridge più Parker) era già stata avviata da tempo. Gli Spurs sono il club che nella storia della NBA ha meno risentito del ritiro dei suoi Hall Of Famer: dopo la partenza di David Robinson, ha vinto un titolo dopo due anni e due nel giro di quattro stagioni. Anche allora la transizione gerarchica era già stata completata. Hanno il secondo record di tutta la Lega e sia attacco che difesa sono tra le top 10 assolute.
DAVID FIZDALE – Ha rivoluzionato Memphis in una squadra più moderna, più proiettata nel futuro, ha dovuto fare i conti con tante assenze, Zach Randolph per motivi personali, Chandler Parsons, che era stato il fiore all’occhiello del mercato, più il classico infortunio catastrofico dello sfortunatissimo Mike Conley eppure è ampiamente in zona playoffs e le sue scelte non hanno deteriorato una difesa che al momento è la migliore della lega, l’unica che concede meno di 100 punti ogni 100 possessi. Per un debuttante, che proviene da un’altra squadra e non ha tiratori veri aspettando Parsons (23° nel tiro da tre), è stato un approccio stupefacente.
STEVE CLIFFORD – Già elogiato su queste colonne. Il coach di Charlotte al momento ha la terza squadra della Eastern Conference con una star sotto l’1.80 di statura (Kemba Walker), una difesa superba (100.5 punti ogni 100 possessi) e la miglior copertura dei rimbalzi difensivi di tutta la NBA (oltre l’80%). Gli Hornets sotto la sua ala migliorano ogni anno e non dimentichiamo che quest’anno, a causa della gran quantità di free-agent, hanno dovuto rinunciare a Jeremy Lin e Al Jefferson per tenersi Marvin Williams e soprattutto Nicolas Batum.
BILLY DONOVAN – Non dimentichiamo che, con Kevin Durant assente per tre quarti di stagione, due anni fa Oklahoma City non riuscì a giocare i playoffs. Adesso, trascinata dal solo Russell Westbrook, un rookie in quintetto (Domantas Sabonis), una squadra in fase di transizione e priva del minimo sindacale di affidabilità nel tiro da fuori (21° nel tiro da tre), viaggia nella parte alta della Western Conference, difende duro ed è competitiva in ogni partita.
NEXT 5 – Luke Walton (Lakers), Steve Kerr (Golden State), Quin Snyder (Utah), Dwane Casey (Toronto), Jason Kidd (Milwaukee)
LOW 5 – Tom Thibodeau (Minnesota), Mike Budenholzer (Atlanta), Nate McMillan (Indiana), Scott Brooks (Washington), Alvin Gentry (New Orleans).

LOOKING LIKE TINY ARCHIBALD
Nate “Tiny” Archibald è stato l’unico giocatore della storia a vincere nello stesso anno la classifica dei marcatori e degli assist. Westbrook e Harden hanno la possibilità di imitarlo.

GiocatorePpgApg
Russell Westbrook2° (-0.5)2° (-0.3)
James Harden5° (-3.6)1° (+0.3)


LA SCALATA DI LEBRON
Nel giro di pochi giorni LeBron James ha realizzato due imprese statistiche. Naturalmente rappresentano anche due buoni motivi per rafforzare la sua candidatura, scontata, tra i più grandi giocatori di tutti i tempi. Ma è ovvio che tutte le grandi individualità nella storia della NBA abbiano al loro attivo numeri stupefacenti. LeBron è diventato il nono realizzatore di sempre  superando Elvin Hayes, probabilmente il meno noto al grande pubblico dei primi 10-15 realizzatori.
Fin qui nulla di strano. LeBron James è ovviamente un grande realizzatore e inoltre la sua lunga carriera favorisce la scalata alla classifica marcatori di tutti i tempi. Che poi questa carriera - che sta diventando lunghissima - sia stata accompagnata da una continuità di rendimento strepitosa semplicemente rafforza il suo status. Più significativo, anche se coerente con le sensazioni della prima ora, è che LeBron James abbia toccato i 7.000 assist in carriera. Già due anni fa aveva superato Scottie Pippen come prima ala di tutti i tempi nella classifica relativa. Davanti a lui attualmente ci sono 18 giocatori, tutte guardie. Al ritmo attuale diventerà entro la fine della stagione il dodicesimo passatore della storia. È probabile che prima che la sua carriera finisca arrivi tra i primi quattro o cinque  passadori di tutti i tempi. È improprio definirlo un'ala perché nella realtà è sempre stato un giocatore abituato a  manovrato a lungo la palla e non un terminale ma è anche vero che sia Cleveland nella sua prima versione che a Miami e adesso di nuovo con i Cavs, LeBron ha sempre giocato con due guardie accanto come succedeva a Scottie Pippen. Ad esempio a Miami, LeBron aveva al proprio fianco sia un point-man classico che Dwyane Wade . Pippen giocava con Armstrong o Paxson più Michael Jordan. In questi contesti non puoi avere sempre la palla in mano. Quanto al giocatore superato nella classifica realizzatori si tratta di Elvis Hayes. Hayes non va sottovalutato al di là dei tanti punti segnati: era un ala-centro di grandi qualità realizzative, eccellente rimbalzista, con una carriera vincente alle spalle. Veniva dall'università di Houston ed era stato il grande avversario di Kareem Abdul-Jabbar quando questi dominava il college basketball a UCLA. Hayes, trascinatore della University of Houston, riuscì a sconfiggere UCLA in una memorabile partita giocata all'Astrodome di Houston che era stata all'epoca la più vista nella storia del basket universitario. Abdul-Jabbar, a quei tempi ancora semplicemente Lewis Alcindor, si prese la rivincita nella semifinale del torneo NCAA. Tuttavia Hayes avrebbe poi avuto anche una notevole carriera professionistica soprattutto aiutando i Washington Bullets a vincere il titolo NBA del 1978. Hayes è stato scelto al numero 1, ha vinto una classifica marcatori, due volte quella dei rimbalzisti, è stato tre volte primo quintetto All-NBA e due volte secondo quintetto. 12 volte ha giocato l'All Star Game. Prossimo nel mirino di LeBron: il grande Moses Malone.

THE OSCAR ROBERTSON FEAT
Oscar Robertson è l’unico giocatore che sia mai andato in tripla doppia media in una stagione. Tre  giocatori hanno la possibilità di riuscirci quest’anno anche se di gara in gara Westbrook sembra sempre più solo. Ecco le loro medie attuali.


GiocatorePpgRpgApg
Russell Westbrook30.910.811.3
James Harden27.87.611.6
LeBron James25.07.79.1

FROM NEW YORK BASKETBALL STORIES 2.0
Jayson Williams

"Era il 1959 quando Barbara Mazzeo, una donna italiana con due figlie, conobbe e sposò EJ Williams, un afroamericano del South Carolina salito a New York per lavorare come muratore, a sua volta padre di cinque figli. Fusero le due famiglie e si stabilirono nel Queens. Fu in questo contesto che nacque Jayson Williams, una delle storie più ricche di episodi drammatici che abbiate mai sentito e letto in questo volume. “La mia famiglia è un disastro”, disse lui una volta, in tempi non sospetti quando poteva ancora girare a testa alta perché era ancora in credito, molto, con la vita.
Linda, la sorella maggiore di Jayson, era una modella. Una sera d’estate uscì di casa per andare da un’amica. Fu accolta nell’appartamento da un balordo, si chiamava Sergio: la aggredì brutalmente per derubarla, pare una questione di due dollari, ma non ha importanza. La picchiò selvaggiamente, la accoltellò, le sfigurò il volto quando lei si ostinava a non perdere conoscenza. Jayson era un bambino: quando vide la sorella, afferrò un coltello e girò per ore nelle vicinanze. Voleva solo trovare qualcuno con le scarpe macchite di sangue. Non lo trovò".
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PATRICK BEVERLEY IL BAD BOY DI HOUSTON
James Harden l'ha detto per primo: "Patrick Beverley è da primo quintetto All-Defense". Una straordinaria tenuta difensiva contro Russell Westbrook nel possesso decisivo della partita di Oklahoma City, ha permesso a Houston di vincere la quinta partita consecutiva (poi c'è stata anche la sesta). Beverley ha costretto Westbrook ad un tiro impossibile.
Non è stata la sua prima grande partita o giocata difensiva. Beverley ha un ruolo importante nei Rockets proprio per questo. È in quintetto in una delle prime cinque-sei squadre NBA perché difende forte sulla palla, è fisico e non ha timori reverenziali. Naturalmente in questi casi il confine tra grande difesa, gioco fisico e qualche volta sporco o eccessivo è estremamente sottile. Beverley ha alle spalle diversi episodi che ne fanno una specie di nuovo Bad Boy della NBA. Ha fatto saltare i nervi a LeBron James, ha litigato con Dwyane Wade, ha fatto espellere Kyle Lowry, ha praticamente aggredito Stephen Curry nei play-offs dell'anno scorso.


Ma nessuna rivalità personale è forte come quella con Westbrook. Nei play-offs del 2013 un intervento difensivo di Beverley fece saltare il menisco a Westbrook e chiuse anzitempo la sua stagione e le possibilità di titolo dei Thunder. Sotto potete vedere l'episodio.


Sono dell'avviso che non ci sia stata malizia ma da quel momento i rapporti tra i due sono diventati tesi per usare un eufemismo. Ci sono stati altri episodi che hanno alimentato questa rivalità tra star planetaria e cattivo ragazzo. La stessa partita di venerdì notte è cominciata con un fallo in attacco di Westbrook, sotto il proprio canestro, ai danni di Beverley. Probabilmente più che un fallo offensivo è stato un flop mal giudicato. Ma ha dimostrato quanto sangue amaro ci sia tra i due e quantl gli arbitri ne fossero coscienti. La partita è cominciata con questo episodio ed è finita con la straordinaria difesa di Beverley sull'ultimo tiro di Westbrook. Alla fine Beverley è corso ad abbracciare Mike D'Antoni con una violenza pericolosa per le anche del suo allenatore. Un episodio che è testimone di come D'Antoni abbia già creato un grande feeling con i suoi giocatori. Lui non chiede a Beverley di portare palla o iniziare il gioco perché quello è il compito di James Harden. Beverley va in campo con compiti difensivi che in una squadra non difensiva come Houston sono determinanti. Inoltre permette a Eric Gordon  (in un momento di forma balistica fantastica) di partire dalla panchina. Quello che fa Beverley, come tutti i difensori di alto livello, è far sentire il fisico all'avversario e sfidare gli arbitri a chiamare il fallo praticamente su ogni contatto. Ovviamente in questi casi c'è anche una componente provocatoria. Beverley è sempre pronto a far saltare i nervi a chiunque e ad accettare le conseguenze di questo gesto. Faceva così anche Dennis Rodman, fanno così tutti i difensori di spessore come lo stesso Draymond Green ad esempio. Ma Harden ha ragione: in questo momento Beverley è sicuramente con Avery Bradley, Andre Roberson e Kawhi Leonard probabilmente tra i primi difensori perimetrali di tutta la Lega.

IL RANKING
1 GOLDEN STATE – Ha vinto tre gare su quttro giocate in cinque giorni inclusa quella più significativa contro i Clippers. Con Zaza Pachulia afflitto da qualche problema fisico, in quintetto si è visto Kevon Looney, da UCLA, numero 30 nei draft del 2015 ma di fatto un esordiente.
2 SAN ANTONIO – La prima sconfitta in trasferta è stata presa male da Gregg Popovich. La risposta è stata violenta. Interessante la crescita del centro Dewayne Dedmon, che probabilmente per il quarto anno di fila avrà più rimbalzi che punti a fine stagione.
3 CLEVELAND –Settimana da quattro vittorie inclusa la punizione inflitta da LeBron James a Phil Jackson e ai suoi Knicks dopo il "Posse Scandal".
4 HOUSTON – Giocano con entusiasmo e fiducia, ognuno ha accettato il proprio ruolo e la versione del centro a tre teste, con Clint Capela, Nenè e Montrezl Harrell piace a tutti. Eccellente vittoria a Oklahoma City bissata la sera dopo con Dallas.
5 LA CLIPPERS Molti attribuiscono le prodezze di Chris Paul all'operazione agli occhi con al quale ha eliminato miopi lenti a contatto. Non è così semplice.

6 TORONTO – I Raptors sono splendidi ma le partite in cui dovrebbero dimostrare qualcosa non riescono a vincerle vedi sconfitta interna con i Cavaliers che venivano da tre sconfitte in fila.
7 MEMPHIS - E' ritornato Zach Randolph a competere come miglior sesto uomo dell'anno ma sono sempre senza Mike Conley, Chandler Parsons, Vince Carter è mezzo rotto eppure sei di fila inclusa una vittoria schiacciate su Golden State che sarà stata anche una concessione al calendario da parte dei Warriors ma è stat lo stesso notevole. Le due guardie titolari erano Tony Allen e Andrew Harrison.
8 OKLAHOMA CITY - Ha vinto sei delle ultime sette, ha avuto il tiro della vittoria contro Houston, unica sconfitta. Motivo di preoccupazione l'infortunio di Victor Oladipo contro Boston domenica notte. Steven Adams is on fire nelle ultime partite.
9 UTAH - Con Gordon Hayward destinato a entrare prestissimo tra i Top 15/20 della stagione, i Jazz hanno cambiato passo. Hayward dieci in fila oltre i 20. L'ultimo a riuscirci con quella maglia si chiama Karl Malone.

10 NEW YORK - Non è uno scherzo. Pur battuti severamente dai Cavs al Garden, i Knicks hanno il terzo record a Est a pari merito con Charlotte e stanno vincendo più di Chicago e Atlanta e Boston. Phil Jackson is on fire: dopo LeBron, ha preso a pallate su media anche Carmelo Anthony, il suo Carmelo Anthony, ma è il suo stile. In fondo in passato nessun dirigente avrebbe potuto fare a Manhattan quello che sta facendo lui. Ma non è per questo credito e carisma che è stato preso? Le polemiche non cambiano che Jeff Hornacek stia facendo un grande lavoro, che la squadra in attacco sia a tratti persino bella e la tragica panchina delle prime settimane sia stata fortificata con il lavoro e la fiducia, a partire da Brandon Jennings. Ora il problema è che si va a giocare all'Ovest.

I TOP 20
1 RUSSELL WESTBROOK - Donovan fa notare che quando va a rimbalzo difensivo con forza poi in stile Magic il contropiede diventa letale. E i Thunder sono quasi obbligati a correre perché non hanno tiratori. Ha chiuso a 7 la sua serie di gare in tripla doppia.
2 JAMES HARDEN - Ha perso il duello con Westbrook e vinto la partita. Beverley gli consente di nascondersi in difesa sugli Andre Roberson della situazione. Contro Dallas i suoi 16 assist sono solo uno in meno rispetto al record carriera.
3 LEBRON JAMES - Sta per superare anche Moses Malone come realizzatore e ha elevato la media punti. I 9.1 assist sono top in carriera. 44 punti contro Charlotte.4 ANTHONY DAVIS - New Orleans ha ripreso a perdere poi domenica ha battuto i Suns dopo un supplementare in quella che forse è stata la sua peggiore prova stagionale con 4 su 17 dal campo.
5 KAWHI LEONARD - Quattro gare da 30 punti nelle prime 324 e sette in questa stagione.
6 KEVIN DURANT - Il livello di efficacia è impressionante. Stagione soffocata dagli occasionali exploit degli Splash e dagli "antics" di Green.
7 DEMAR DEROZAN - Almeno 20 punti nell'85% di partite giocate per il terzo big angelino della NBA di oggi (i primi due sono Westbrook e Harden).
8 CHRIS PAUL - È diventato il primo di sempre a realizzare un 20+20 in punti e assist senza palle perse.
9 STEPHEN CURRY - Ha superato Steve Nash, il suo consigliere, come 17° di sempre in canestri da tre punti.
10 DEMARCUS COUSINS - Vanta nove gare con almeno 20 punti e almeno 10 rimbalzi. Frustrante vederlo in una squadra che gli sta solo insegnando a perdere.
11 KEVIN LOVE - Quando LeBron James dice che sta giocando come quando era a Minnesota bisogna prenderne atto.
12 KYRIE IRVING - Se LeBron James dice che sta giocando il miglior basket della carriera qualcosa significa.
13 DRAYMOND GREEN - Quanto è distante dal viaggare in tripla doppia media? Cattura 8.3 rimbalzi a partita con 7.0 assist e 11.0 punti che sarebbero di più senza tutto quel talento attorno.
14 GIANNIS ANTETOKOUNMPO - Quanti giocatori guidano la squadra in punti, rimbalzi e assist?
15 JIMMY BUTLER - Quando Chicgo ha vinto a Miami, ha segnato 31 punti ma soprattutto tutto gli ultimi 10 della sua squdra.
16 DAMIAN LILLARD - Segna quanto DeMar DeRozan e James Harden ma non può vantare gli stessi diritti quando i Portland Trail Blazers hanno la difesa numero 30 su 30 squadre.
17 HASSAN WHITESIDE - In tre anni a Miami è passato da 11.8 punti di media a 17.3 e da 10.0 a 14.3 rimbalzi.
18 KEMBA WALKER - Ha segnato almeno 20 punti in sei delle ultimo nove partite.
19 KLAY THOMPSON - Adesso viaggia a 21.8 punti di media, troppi con troppi exploit (30 anche a Minnesota) per tenerlo fuori da una Top 20 in cui ci sono quattro Warriors.
20 RUDY GOBERT - Utah ha vinto quattro delle ultime cinque e l'unica sconfitta è venuta dai Golden State Warriors. La Torre francese non è l'unico motivo ma uno dei principali. Continua a viaggiare in doppio 11 ed è una macchina da stoppate, ad esempio sei contro Sacramento annichilendo DeMarcus Cousins.
 

1 commento:

Tommaso ha detto...

Che Snyder, Jazz 17-10 con una miriade di infortuni, non sia nemmeno tra i primi cinque mi pare singolare...