mercoledì 3 maggio 2017

Adesso quale futuro attende Chris Paul, Griffin e Lob City?

L'eliminazione dei Clippers significa probabilmente la fine dell'era del Lob City, della squadra il cui tratto caratteristico era l'alley-oop di Chris Paul (preferibilmente) per Blake Griffin e DeAndre Jordan. Questa squadra aveva sulla carta tutto per segnare un'epoca: il miglior point-man degli ultimi dieci anni, due star come Griffin (un anno è stato terzo nella classifica dell'MVP) e Jordan, forse il miglior centro difensivo e il miglior roller della Lega, uno dei più grandi tiratori di questa generazione  (JJ Redick), un sesto uomo devastante quale Jamal Crawford e un coach che ha vinto un titolo, giocato due finali, è credibile e con pieni poteri (Doc Rivers).
Ma ci sono gruppi che per qualche ragione non sono destinati ad avere successo. I Clippers sono stati perseguitati dalla sfortuna ma è giusto dire che non sono mai esplosi sul serio. Non durante i playoffs. La loro grande occasione risale al 2015 quando eliminarono San Antonio in sette partite - forse l'apice di questo ciclo - ma poi buttarono via la serie con Houston perdendo in sette da 3-1 e +19 in gara 6. Un suicidio che fa il paio con quello causato incredibilmente da Chris Paul l'anno prima a Oklahoma City in gara 5 (CP3 perse un pallone cruciale e commise un fallo assurdo su un tiro da tre di Russell Westbrook).
Resta il fatto che i Clippers hanno vinto il 60% almeno delle loro partite negli ultimi sei anni e hanno perso in cinque post-season consecutive una serie in cui erano in vantaggio. Il risultato è che non hanno mai raggiunto una finale di conference e Chris Paul è il miglior giocatore della storia a non averne mai giocata una. Oppure è il giocatore che ha giocato più gare di post-season senza aver mai messo piede in campo in una finale di conference. Lui o Tracy McGrady. Cambia poco. Di tutte le anomalie della storia NBA questa è una delle più sorprendenti.
Spiegarla è complicato. I Clippers hanno avuto la loro parte di sfortuna. È corretto lamentarsi della malasorte. Lo scorso anno avrebbero perso con Portland se Paul e Griffin non si fossero infortunati? No, ma avrebbero poi superato i Warriors? La risposta è scontata. Non sarebbe giusto dire ora che non avrebbero battuto Utah con Griffin. Ma anche i Jazz hanno avuto i loro problemi (parliamo di Rudy Gobert?) e comunque quante chance avrebbero avuto con Golden State? Insomma, la loro chance l'hanno avuta nel 2014 e 2015. Dopo hanno avuto sfortuna - tanta - ma non sarebbero comunque approdati tra le prime quattro squadre della Lega.
Blake Griffin è lodevole per come ha sviluppato il suo gioco come facilitatore e tiratore nel momento in cui il suo assurdo atletismo dei primi anni è diminuito ma di certo è difficile oggi considerarlo uno dei primi 15 giocatori NBA. DeAndre Jordan è una star particolare perché gioca nel ruolo più complicato del basket moderno e i suoi limiti dalla lunetta sono sempre stati un handicap insormontabile. Questo per dire che i Clippers sono una squadra di grande talento ed enorme potenziale ma con difetti che poi vengono riversati sul loro leader. È Chris Paul di cui si ricordano le sconfitte. Non Griffin. Non Jordan. Non Jamal Crawford o JJ Redick.

A proposito della serie con Utah è significativo che i Clips l'abbiano momentaneamente rovesciata a loro favore quando - assente Griffin - Doc Rivers ha inserito Austin Rivers in quintetto restituendo Marrese Speights al ruolo di cambio del centro, di Jordan. Toronto ha ribaltato l'inerzia contro Milwaukee quando ha tolto il centro Valanciunas dal quintetto in favore dell'esterno Norman Powell. Boston ha certamente sfruttato l'infortunio di Rajon Rondo ma dopo gara 2 ha sostituito Amir Johnson con Gerald Green e vinto le successive quattro gare contro Chicago. Se notate un trend è perché esiste un trend.

Il problema adesso è decidere cosa fare. Se questo assetto non funziona abbastanza ed è chiaro che è proprio così, o i Clippers si accontentano di rimanere competitivi - ma realisticamente senza chance di vittoria - oppure ricostruiscono. Ma non è cosi facile perché tre dei primi quattro giocatori dei Clippers sono in scadenza di contratto quindi ricostruire significa rinunciare a loro e ripartire ma senza alcun asset immediato. Non puoi scambiarli e ricavare scelte ad esempio. A complicare la questione è il fatto che la decisione non spetta solo ai Clippers. Tutt'altro. Se uno tra Chris Paul  (difficile perché la sua estensione vale 202 milioni di dollari) e Blake Griffin dovesse andarsene, i Clippers sarebbero sostanzialmente meno forti ma comunque con una situazione salariale proibitiva. Il rinnovo di entrambi vale 350 milioni di dollari e l'unico motivo di sollievo sarebbe la possibilità nell'arco della durata dei nuovi contratti di cederli. Ma anche Redick è in scadenza e la possibilità che sia attratto da un'opportunità differente, da tiratore designato in una squadra forte, è concreta.
Doc Rivers per spingere verso una conferma in blocco ha paragonato i Clippers ai Jazz degli anni '90. Utah raggiunse la sua prima Finale NBA nel 1997 quando John Stockton aveva 35 anni e Karl Malone 34. Ma in quel momento i Jazz - a differenza dei Clippers - avevano già giocato e perso la finale di conference del 1992 con Portland, del 1994 con Houston, del 1996 con Seattle. E nel 1988 avevano giocato una tremenda semifinale di conference contro i Lakers perdendola in sette partite. In più Stockton e Malone non si rompevano mai. Paul e Griffin si rompono spesso. Il confronto Stockton-Paul è credibile tecnicamente. Malone e Griffin al momento sono due cose molto diverse.
La terza via potrebbe essere quella di eseguire una mossa drastica come sarebbe scambiare per Carmelo Anthony tentando di aggiungerlo al "core group" attuale. Ma ai Clips mancano le risorse per far quadrare i conti. Austin Rivers è l'unico giocatore appetibile posto che non si convinca Griffin a fare "sign and trade" ma quale sarebbe il vantaggio?
Cosa frulla nella testa di Paul e Griffin o cosa converrebbe ai due è tutta un'altra questione. Paul ha 31 anni ed è normale che voglia vincere un titolo ma a questo punto della sua carriera non avrebbe senso rinunciare ai beneficio economico di restare ai Clippers. Per andare a San Antonio o Cleveland o chissà dove dovrebbe rinunciare a tantissimi soldi e in parte allo status attuale. È prigioniero del suo valore.
Griffin è un mistero. È nativo di Oklahoma City e potrebbe essere perfetto come secondo violino di un point-man più futuribile di Paul come Westbrook ma i Thunder non hanno spazio salariale per firmarlo. Dovrebbero convincere i Clippers a collaborare o mettere in mezzo altre squadre. O spazzare via Enes Kanter e Andre Roberson (free-agent) e forse anche un altro giocatore oltre a Taj Gibson (altro free-agent) per creare lo spazio per farlo tornare a casa. In ogni caso Griffin è il free-agent "disponibile" (quindi escludendo Kevin Durant, Steph Curry e probabilmente Chris Paul) più intrigante dell'anno, più di Paul Millsap e Serge Ibaka, forse più di Gordon Hayward. Se Griffin dovesse cambiare lascerebbe i Clippers e Paul a metà del guado. Non è da escludere che Paul aspetti lui o che la decisione sia comune. Non è da escludere neppure che i Clippers puntino alla conferma di entrambi o alla partenza di entrambi piuttosto che averne uno solo. Se il solo fosse Paul non avrebbero scelta se non quella di far saltare tutto per aria o chiamare Griffin e chiedere aiuto per un "sign and trade" che porti in cambio un giovane decente e scelte.

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