martedì 1 agosto 2017

Tutto quello che si nasconde dietro la richiesta di Kyrie Irving

Non è mai salutare dal punto di vista dell'immagine chiedere di essere scambiato soprattutto se lo fai per motivi percepiti come egoisti e vorresti lasciare una squadra reduce da tre finali in tre anni per andare chissà dove ma presumibilmente in un club con prospettive immediate diverse. La mossa di Kyrie Irving - vuole lasciare Cleveland per essere il vero leader di una sua squadra - non è stata una mossa popolare ma ci sono aspetti che vanno considerati per avere un quadro esatto della questione.
Abbiamo - tutti, chi più chi meno - criticato LeBron James quando ha scelto di giocare a Miami creando il Superteam degli Heat assieme a Dwyane Wade e Chris Bosh; abbiamo sopportato con grande disagio la decisione di Kevin Durant quando ha lasciato una delle migliori squadre della NBA per andare nella migliore rendendola virtualmente imbattibile. I Superteam sono di moda. Kyrie Irving ha fatto la scelta opposta: ha chiesto di lasciare la squadra numero 2 della Lega per avere la sua squadra. Se non ci piacciono le decisioni alla Durant dobbiamo avere la coerenza di apprezzare almeno come filosofia - se non nei modi o nei tempi - quella di Irving.
In fondo la storia è ricca di giocatori che ad un certo punto hanno chiesto di essere ceduti qualche volta semplicemente per ottenere qualcos'altro. Magic Johnson non voleva davvero essere ceduto dai Lakers. Voleva che licenziassero Paul Westhead come puntualmente avvenne. Kobe Bryant nel 2004 voleva sbarazzarsi di Shaquille O'Neal che è quanto ha fatto Irving solo che lui non può chiedere ai Cavs di cedere LeBron. Non solo perché non lo farebbero mai ma perché dal 2010 quando ha firmato per Miami a oggi LeBron ha sfruttato tutte le opzioni contrattuali per diventare di fatto unico arbitro del suo destino. È opinione comune che LeBron lascerà Cleveland una seconda volta nel 2018 forse per muoversi verso Los Angeles, dove ha trapiantato molti dei suoi interessi extra basket e futuri. Chiedendo di essere ceduto subito , Kyrie ha giocato di anticipo. Preferisce anticipare la ricostruzione dei Cavs piuttosto che subirla. Avendo due anni pieni di contratto può permettersi di andare in una nuova squadra senza impegnarsi oltre il 2019 quando potrà scegliere da solo il proprio destino.
Viviamo in un'era nuova in cui i giocatori amministrandosi bene possono controllare le proprie carriere. LeBron prima di tutti ha cambiato le regole del gioco. Kyrie si è adattato. Il prezzo da pagare è l'ondata di pubblicità negativa e probabilmente la rinuncia a giocare a Cleveland per una quarta finale consecutiva. Non dico che abbia fatto bene. Non lo penso. Ma comprendo le origini dell'atteggiamento. E ovviamente non sappiamo ancora se una squadra comandata da Kyrie Irving possa anche essere una squadra da titolo. Washington con John Wall non lo è ancora. Irving è migliore di Wall? Come scorer, sicuro, come difensore no, come passatore nemmeno. Ma è vero che LeBron come accade sempre in questi casi è stato un tampone alla sua evoluzione. Valeva per Scottie Pippen con Michael Jordan. Per Kobe con Shaq. Vale per Klay Thompson con Steph Curry e Kevin Durant.
Ma davvero Cleveland accetterà di lasciarlo andare? La logica suggerisce di risolvere la questione presto, evitare che LeBron e Irving il cui rapporto ovviamente diventerà complicato da ricucire (ma non impossibile: Kobe e Shaq comunque hanno vinto tre titoli e giocato quattro finali in cinque anni prima di separarsi e nessuno andava meno d'accordo di loro). Però il valore di mercato di Irving è enorme. Ha solo 25 anni, ha giocato tre finali, ha segnato il canestro più importante nella storia della franchigia. È normale che i Cavs si aspettino una contropartita mostruosa ma quando cedi un giocatore che vuole andarsene è difficile fare un affare. E rinunciando a Irving, Cleveland rinuncerebbe forse a competere per il titolo in quello che potrebbe essere l'ultimo anno di LeBron in Ohio. I Knicks nel 1992 si trovarono Patrick Ewing con i bagagli in mano. Resistettero e andarono avanti altri otto anni. Kyrie non resterà otto anni ai Cavs ma uno o due?
Lui ha indicato San Antonio (ma sarebbe un co-leader con Kawhi Leonard), Minnesota, New York, Miami come destinazioni gradite ma nessuno di questi club (tranne forse i Wolves quando a metà dicembre potranno cedere Jeff Teague) è in grado di confezionare una contropartita attraente per i Cavs nel momento in cui hanno bisogno di puntare al titolo per sfruttare la presenza di LeBron. Coinvolgere Phoenix per mandare a Cleveland un Eric Bledsoe tra gli altri può essere una base di partenza. Ma la sensazione è che nulla renda Cleveland migliore di andare avanti con Irving. Derrick Rose è un upgrade sul Deron Williams visto nei playoffs, ma può essere un sostituto per Kyrie se arrivasse Carmelo Anthony? Quanto hanno vinto Rose e Anthony insieme? Sono domande che circondano una vicenda che può essere ancora lunga.

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