mercoledì 1 novembre 2017

Phoenix Suns: storia di un crollo che fa male (All in One)

Nessuno dei 30 club NBA aveva cambiato allenatore in estate, una sorta di record che inevitabilmente  era preludio ad un inverno movimentato. Ma nessuno poteva pensare che Phoenix staccasse la spina ad Earl Watson dopo tre partite.
La tempistica e i modi, quello che il licenziamento ha poi generato - la rottura con Eric Bledsoe - ha scoperchiato la pentola delle critiche nei confronti di Robert Saver, il proprietario del club, e in generale dei Suns. Da un lato Watson - che ha avuto una apprezzata carriera da journeyman nella NBA - era ritenuto una scelta prematura come allenatore e in quanto tale suscettibile di fallimento (la sua esperienza di panchina era un anno e mezzo da assistente quando ha ricevuto l'incarico). Dall'altro il licenziamento è stato ovviamente troppo rapido per essere anche comprensibile. E così è sembrato pensarla anche Bledsoe, finito fuori squadra e in attesa di cessione.
La sostanza non cambia: Watson avrebbe potuto andare avanti altre 10, 20 o 50 partite, magari arrivare al termine della stagione e non sarebbe cambiato nulla per una franchigia che come New York o Chicago ha bisogno di perdere per costruirsi un futuro attraverso i draft. Ma l'episodio ha esposto il management, da Sarver al general manager Ryan McDonough, di fronte alla pubblica opinione costringendolo a farsi carico di un lungo ciclo di errori. Alcuni grossolani.
Sarver acquistò i Suns da Jerry Colangelo che amministrava una cordata di imprenditori per 401 milioni di dollari nel 2004. A quei tempi si trattava di un record, ora Sarver potrebbe vendere i Suns per il quintuplo. I Rockets sono stati appena venduti a Tilman Fertitta per 2.2 miliardi, la valutazione data ai Nets in seguito alla cessione del 49% della franchigia è di 2.3 miliardi.
Il ciclo di Sarver è stato finora giudicato negativamente: nei suoi primi anni di gestione i Suns avrebbero potuto vincere il titolo ma erano la squadra costruita da Colangelo padre con Bryan Colangelo general manager, Mike D'Antoni in panchina e Steve Nash in campo. Gradualmente, Sarver ha sostituito Colangelo jr con Steve Kerr, poi se ne sono andati D'Antoni, lo stesso Kerr, Nash e Stoudemire e via dicendo fino a diventare lui, Sarver, il punto di riferimento della franchigia. McDonough, arrivato dopo la parentesi dell'ex agente Lon Babby, è stato la sua scelta forte come general manager, così forte da meritarsi l'etensione del contratto fino al 2020 a prescindere da una serie di operazioni in perdita eseguite sul mercato. Nel 2016 ESPN l'ha scelto come peggior proprietario di club sportivi d'America.
GORAN DRAGIC - Per capire come i Suns siano caduti in basso si potrebbero narrare le storie di operazioni di mercato che hanno coinvolto Isaiah Thomas, lo stesso Bledsoe, o magari Tyson Chandler e i gemelli Morris ma in ordine cronologico occorre cominciare con Goran Dragic. Lo sloveno fu scelto nel 2008 da San Antonio e girato subito dopo ai Suns in cambio di Malik Hairston. Uno scambio ovviamente a senso unico favorevole ai Suns che poi lo firmarono e portarono in America. Ma dopo due anni e mezzo molto promettenti l'allora 26enne Dragic venne ceduto a Houston in cambio di Aaron Brooks che veniva da un anno da oltre 19 punti e 5 assist di media e aveva anche lui solo 26 anni. Per averlo, i Suns cedettero ai Rockets anche una prima scelta chiaramente sbagliando la valutazione su Dragic. Due anni dopo quando lo sloveno diventò free-agent ripararono all'errore firmandolo per 7.5 milioni di dollari all'anno. Era il 2013. Un anno dopo a sorpresa i Suns vinsero 48 partite e sembravano una franchigia sull'orlo dell'esplosione.
Come general manager McDonough, scuola Boston come Darryl Morey di Houston, crede che i point-men non siano mai troppi. I Suns delle 48 vittorie del 2014 avevano due point-man. Dopo aver ripreso Dragic da Houston, Phoenix ottenne Eric Bledsoe dai Clippers all'interno di uno scambio complicatissimo. Nell'estate del 2014, non contento di quanto avesse, McDonough andò a prendere dai Sacramento Kings anche Isaiah Thomas.
Considerato che ottenne i 20 punti e sei assist di IT nella stagione precedente in cambio di niente sarebbe superficiale giudicare negativamente quella mossa. Né bisogna commettere l'errore di considerare McDonough un incompetente. Non lo è. Per nulla. Tre playmaker tutto sommato della stessa età e al top della carriera nella stessa squadra non si erano mai visti ma lui ne aveva uno pagato sotto il valore di mercato (Dragic) e due ottenuti in condizioni favorevoli. Pochi si aspettavano che tutti e tre potessero funzionare o non generare qualche tipo di pericolosa concorrenza interna. Ma erano assett importanti tutti utilizzabili sul mercato. Solo che i Suns non hanno riconosciuto cosa avessero né hanno capitalizzato sulle cessioni. Anzi: hanno finito per farsi prendere dal panico e cederli sotto il loro valore di mercato.
LA CESSIONE DI DRAGIC - Il 19 febbraio 2015 i Suns cedettero sia Dragic - scontento di giocare solo lontano dalla palla, negli angoli e in scadenza di contratto - che Thomas. Dragic venne coinvolto in uno scambio a tre con Miami e New Orleans. Per giudicare lo scambio compiutamente bisognerà attendere il 2021 quando i Suns potranno utilizzare il diritto di prima scelta degli Heat. McDonough poteva certamente fare meglio ma nel caso di Dragic (16 punti e 5 assist nelle 52 partite giocate a Phoenix in quella stagione) non aveva armi da utilizzare. Cedendolo a metà stagione ha dotato i Suns di una scelta futura. A fine contratto sarebbe semplicemente andato via. Date le circostanze è stata un'operazione comprensibile. Infatti quando parlano di errori a Phoenix non parlano mai di Dragic. Parlano sempre di Thomas. 
LA CESSIONE DI THOMAS - Isaiah Thomas aveva 16.4 punti e 4.1 assist di media quando i Suns lo cedettero a Boston piuttosto che resistere e limitarsi alla cessione di Dragic. Thomas era all'inizio di un contratto nuovo, mediocre e con scadenza 2018. Non c'era alcuna necessità di cederlo. Lo scambio venne effettuato con la complicità di Detroit. Girarono alcuni diritti di scelta e i Suns ebbero la chiamata di Cleveland del 2016 che poi sarebbe diventata Skal Labissiere ma a Sacramento.
Rivedendo lo scambio adesso si può dire che IT sia stato regalato a Boston per non doversi più occupare della coesistenza di Thomas con Bledsoe e Dragic.  Nel frattempo Bledsoe era stato firmato per 70 milioni complessivi. Dopo la cessione degli altri due playmaker, ha sfoderato le due migliori stagioni della sua carriera ma i Suns sono diventati una squadra da meno di 25 vittorie. Prima dell'esperimento dei tre point-men erano state 48.
I MORRIS -
Anche i gemelli Morris sono stati scambiati molto frettolosamente anche se esistevano questioni ambientali a suggerire le due operazioni. Markieff,  scelto nel 2011 ed esteso nel 2014, è stato ceduto a Washington in cambio di giocatori insignificanti e una prima scelta poi finita a Sacramento (Papagiannis). Marcus, arrivato nel 2013 ed esteso assieme al fratello nel 2014, è stato ceduto a Detroit  (adesso è a Boston) di nuovo in cambio di elementi irrilevanti.
Nel 2015 è stato firmato da free-agent Tyson Chandler. 52 milioni in quattro anni con scadenza 2019 per un giocatore che ha senso solo per una squadra pronta per vincere. Infatti i Suns vogliono sbarazzarsene.
I DRAFT -
Il vantaggio di essere cosi scarsi si materializza normalmente nei draft ma è proprio qui che i Suns non sono stati ancora convincenti. L'unica vera perla è stato Devin Booker nel quale forse non credevano abbastanza neppure a Kentucky. Poi sono state sperperate le scelte di Alex Len e si sospetta anche di Dragan Bender. Altri giocatori come il point-man Tyler Ulis e Marquese Chriss sono promettenti ma non ancora incisivi. TJ Warren è il migliore ma anche il meno giovane (comunque solo 24 anni). Josh Jackson, scelto nell'ultimo draft, ha fatto bene il primo mese scarso di carriera. Ma per ora Booker è l'unica stella vera dei Suns, gli altri hanno ancora molta strada da fare. Il materiale potrebbe esserci, è la credibilità che manca. 

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