I Brooklyn Nets rappresentano il caso più evidente di
squadra NBA che ad un certo punto della propria storia ha “venduto” il proprio
futuro nel tentativo di vincere subito. L’ha fatto per diversi motivi: le
ambizioni personali di Mikhail Prokhorov, il magnate russo che aveva bisogno di
essere subito credibile come proprietario di un club NBA, ma soprattutto lo
sbarco a Brooklyn quindi la necessità di presentare un prodotto che convincesse
la popolazione locale a restare a casa per vedere la NBA senza dirigersi a
Manhattan per tifare o contestare i Knicks.
La mossa non ha avuto successo anche se ha fatto parlare
tantissimo, di Prokhorov e dei Nets quando hanno acquistato Deron Williams da
Utah, firmato Kevin Garnett, Joe Johnson, Paul Pierce. Hanno pagato una fortuna
in luxury tax, hanno fatto rumore, hanno vinto molto meno di quanto sperassero
e appunto hanno venduto il futuro. Oggi i Nets hanno una squadra che è in
minima parte composta da veterani affidabili, che assicurano un minimo di
competitività come Brook Lopez, Luis Scola, Jeremy Lin, anche Greivis Vasquez,
e poi hanno un manipolo di giovani non necessariamente fortissimi come Rondae
Hollis-Jefferson o Caris LeVert di cui si dicono cose spettacolari ma nella
misura in cui le condizioni fisiche lo sorreggono.
Ma i problemi per i Nets non sono ancora finiti. Sean Marks,
diventato general manager del club alla fine della scorsa stagione, dovrà
superare due anni di passione come il capo allenatore Kenny Atkinson, che ha giocato
in Italia anni fa ma è alla prima esperienza della carriera in queste vesti. D’altronde
non avrebbe avuto senso prendere un grande nome solo per gettare i semi di un
futuro lontanissimo.
Sì, perché i Nets non potranno programmare nulla, nemmeno
una ricostruzione morbida, fino al 2019. A meno che Marks non riesca a cedere
Brook Lopez ad una “contender” ricevendo in cambio qualche scelta interessante.
Ormai è chiaro che le grandi squadre le costruisci dal draft. Ma nel 2017 la prima
scelta dei Nets finirà a Boston se i Celtics eserciteranno il diritto di
scambiare il diritto. Siccome Boston è squadra da playoffs, è molto improbabile
che scelgano “prima” dei Nets. Quindi scambieranno i diritti e chiameranno
molto in alto, mentre i Nets saranno fortunati se riusciranno a eseguire la
loro scelta attorno al numero 20. Nel 2018 sarà ancora peggio perché il diritto
dei Nets appartiene a Boston e non è neppure protetto. In altre parole sarà
Boston a scegliere al posto dei Nets. Questo spiega perché Marks ha firmato
veterani senza un peso nel futuro della franchigia come Scola o Randy Foye. In
altri momenti avrebbe avuto interesse a perdere, in questo momento una condotta
del genere farebbe solo il gioco dei Celtics.
La conseguenza è che non possono avere una strategia
concreta se non quella di creare una cultura e lavorare su quei giocatori come
LaVert o Chris McCullough che è un ’95, e naturalmente Hollis-Jefferson, che
possono avere un futuro a lunga scadenza.
Nel valutare la prossima stagione dei Nets dovremo
cominciare ricordando questa situazione di mercato e lo stesso vale per Boston,
che non ha ottenuto sul mercato quello che sperava, non ha trasformato i suoi
assets in un prodotto da titolo. Ma ha ancora tante fiche da giocare tra
giovani già nel suo roster e diritti di scelta futura (nel 2019 la prima
chiamata dei Clippers andrà i Celtics se non sarà tra le prime 14 altrimenti
sarà quella del 2020). E quello dei Nets del 2018 vale davvero tanto. Questo scenario non è colpa di Sen Marks che l'ha ereditato ma fa sembrare Danny Ainge molto simile a Red Auerbach. Chi conosce la storia della NBA sa cosa significa.
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