Joe Lacob voleva un consigliere. Una persona che suggerisse, un appoggio esperto per lui e per i suoi manager o allenatori. Una voce sicura. Joe Lacob voleva Jerry West, l'uomo simbolo - letteralmente - della NBA. Un uomo che ha sempre avuto un appuntamento fisso con la Finale NBA prima da giocatore, quasi sempre dalla parte sbagliata (nel 1969 fu MVP di una finale persa: non è mai più successo), poi da infaticabile, geniale general manager. West aveva scambiato Norm Nixon per Byron Scott, un rookie, aveva firmato Bob McAdoo quando nessuno l'avrebbe voluto toccare, aveva scelto Pat Riley come allenatore preferendolo a sé stesso!, era l'uomo che aveva sfasciato i Lakers per poter firmare da free-agent Shaquille O'Neal e poi girare Vlade Divac a Charlotte per un 18enne di nome Kobe Bryant. Ma Jerry West, il cui ultimo lavoro era stato a Memphis, era sempre stato soprattutto una bandiera dei Los Angeles Lakers.
Ma Lacob era convinto. Andò a
trovarlo nella sua casa di Bel Air molte volte. West era perplesso. Non voleva
mettere in difficoltà o nell'ombra i dirigenti operativi. Non voleva essere di
troppo e non voleva essere un parafulmine. Si chiedeva come la bandiera dei
Lakers sarebbe stato accolto dai focosi tifosi dei Warriors. Lacob lo convinse.
Avrebbe continuato a vivere a Los Angeles, West, avrebbe dato consigli, non preso
decisioni ma tutti sapevano che i suoi consigli sono sempre forti. Decisi.
Quasi minacciosi. "È importante capire che West anche quando urla e
sbraita lo fa per vincere. Se condividi lo stesso desiderio avrai un gran bel
rapporto con lui", dice Myers.
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