Ma chi è Bobby Portis, il grande protagonista inatteso della vittoria dei Bulls in gara 1 a Boston? Non è raro che nei playoffs, dove la preparazione è massima, emerga un giocatore poco noto anche se Portis è un secondo anno ed è stato scelto al primo giro nei draft del 2015. Portis piace alla gente di Chicago perché è il classico giocatore tutto energia ed esplosività ma il suo secondo anno non è stato migliore del primo, neppure come spazio a disposizione, pur avendo migliorato notevolmente per percentuali di tiro, dal 42.7% al 48.8%. Infatti con lui i Bulls segnano 110 punti ogni 100 possessi, 10 in più dell'anno scorso.
Portis viene da Little Rock, Arkansas, ed è cresciuto nel mito di Corliss Williamson, raro prodotto cestistico locale che gli ha fatto anche da mentore. Portis ha una storia di povertà alle spalle: lui, tre fratelli minori e la mamma vivevano con il fidanzato di quest’ultima. Ma dopo anni di abusi, quando Bobby aveva 13 anni, si mise di mezzo, fermò l’ultimo assalto dell’uomo e portò tutti fuori casa. Poi il liceo, la nomina come giocatore dell’anno nell’Arkansas e la scelta di restare a casa per il college. Due anni nei Razorbacks: nel 2015 è stato il primo giocatore di Arkansas a venire nominato Player of the Year nella SEC dal 1992 quando ovviamente toccò a Williamson. Si dichiarò con due anni di anticipo per i draft e venne scelto da Chicago al 22.
Ha fisico spettacolare, atletico, piedi veloci, ha un motore che viaggia sempre a pieni giri. Attacca il ferro, attacca il tabellone, può stoppare. Ha tanta energia, poca tecnica, non sa passare la palla o leggere le situazioni. Potrebbe essere una sorta di giovane Marcus Camby e un difensore intrigante anche se al momento troppo ingenuo per essere efficace. In difesa può marcare chiunque, in attacco non ha gioco perimetrale tranne qualche (molto) occasionale tiro da tre con i piedi per terra, quindi è più adatto a fare il roller sul pick and roll. I Bulls gli hanno esteso il contratto per la prossima stagione esercitando l'opzione.
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