La limousine era pronta
fuori dal Memorial Coliseum di Portland. All'aeroporto un jet privato del
proprietario dei Detroit Pistons, Bill Davidson, lo stava aspettando. Tutto
quel che restava da fare era comunicare a Joe Dumars che 90 minuti prima della
palla a due di gara 3 della Finale NBA del 1990 il padre Joe jr aveva lasciato
la terra nella sua casa di Natchitoches in Louisiana. Non era una notizia
inaspettata. Joe jr stava male da tempo, le sue condizioni erano peggiorate
nelle due settimane precedenti e Joe Dumars III, il più giovane dei suoi sette
figli, aveva dato istruzioni precise su come gestire la scomparsa se fosse
coincisa con il giorno di una partita. Aveva chiesto che lo lasciassero giocare
salvo informarlo solo alla fine. A quel punto sarebbe rientrato a casa per il
funerale.
Debbie, la moglie, aveva
chiamato Chuck Daly, il coach dei Pistons. A sua volta questi aveva informato
il fido assistente Brendan Malone e poi la notizia era stata comunicata al
Capitano, leader e amico Isiah Thomas. Tutti e tre confessarono di essere stati
sul punto di disattendere il piano e informare Dumars. Tutti e tre avevano
resistito.
Joe jr era il vero idolo
di Joe III, era l'uomo che aveva costruito il suo primo canestro usando il
cerchione di una bicicletta inutilizzata. Un anno prima quando Dumars fu
nominato MVP della Finale NBA l'anello era finito al dito di Joe jr. Quello era
il giorno di gara 3. La serie era 1-1. E i Pistons avevano bisogno di una
vittoria. Dumars, che non stava giocando benissimo quei playoff, esplose
proprio in gara 3. Segnò 33 punti guidando i Pistons alla vittoria. 121-106. A
fine gara Daly portò Dumars in un angolo. Al telefono Debbie lo informò. Dumars
lasciò Portland senza dire se sarebbe tornato in tempo per gara 4. O gara 5.
Con i suoi 33 punti e il suo atto eroico. Con tutto il suo dolore, scomparve
nella notte.
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