sabato 10 marzo 2018

NBA Finals Story 1990-1999: i Chicago Bulls



Chicago è una bellissima metropoli adagiata sul Lago Michigan e colpita da un vento fortissimo e spesso gelido che le è valso il nomignolo di The Windy City per quanto nessuno a Chicago l'abbia mai definita cosi. Anzi. Molti abitanti rifiutano persino il concetto di città tremendamente ventosa menzionando statistiche che non la collocano tra le prime cinque città più ventose d'America. Non importa cosa dicano le statistiche: il vento è forte e Chicago è fredda. Michigan Avenue è l'arteria principale. Una parte di essa è detta The Magnificent Mile per i negozi e ristoranti di lusso. Il resto della città è costruita attorno ad essa, vita notturna inclusa. In questa zona di Chicago a quei tempi, su La Salle, c'era anche il ristorante di Michael Jordan, che negli anni sarebbe diventato un'altra delle attrazioni turistiche del luogo. 


Nonostante la grande produzione di giocatori locali a partire dal grande George Mikan, prima sensazionale stella NBA ma a Minneapolis, per arrivare a Dwyane Wade e Derrick Rose, Chicago per molti anni ha espresso la propria cultura sportiva nel football o nel baseball con le sue due squadre, i White Sox, che nel 1919 fecero vergognare la città quando si vendettero le World Series, e i Cubs, colpiti da un DNA perdente che in qualche modo ha reso i loro tifosi orgogliosi di essere tali (la maledizione è stata interrotta nel 2016 dopo oltre un secolo di astinenza). Allo Chicago Stadium si andava per l'hockey o il basket scolastico. I Bulls, fino a Jordan, erano sempre stati considerati una franchigia di secondo piano. Oltre che mediocri in campo, erano sostenuti da una proprietà poco funzionale, frazionata anche se con nomi importanti come il leggendario proprietario dei New York Yankees, George Steinbrenner. Si allenavano in palestre brutte, sporche, erano male organizzati e producevano perdite. 


 


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