lunedì 30 aprile 2018

Antetokounmpo: il dubbio è che non sia una prima punta


Giannis Antetokounmpo andrà a scadenza di contratto nel 2021. Significa che fortunatamente i Milwaukee Bucks hanno ancora tre anni per convincerlo a spendere la parte più importante della sua carriera nel Wisconsin. Kareem Abdul-Jabbar un giorno disse che lo stile di vita di Milwaukee – Harley-Davidson a parte – non si adattava al suo. Abdul-Jabbar è stato il più grande giocatore nella storia della franchigia e il motivo dell’unico titolo che abbiano mai vinto. Ceduto lui ai Lakers, non sono più tornati in finale anche se hanno avuto buoni momenti e grandi giocatori. Marques Johnson e Sidney Moncrief erano le stelle negli anni ’80 quando i Bucks erano la terza forza all’est dopo Boston e Philadelphia; poi c’è stata la squadra di Ray Allen e Glenn Robinson che arrivò ad una partita dalla fine del 2001. Ma individualmente Giannis è il più grande giocatore che abbia mai giocato nei Bucks dopo Abdul-Jabbar e ricordando che Oscar Robertson trascorse a Milwaukee la parte terminale della propria carriera. Ma Antetokounmpo – uomo franchigia – rischia di diventare per i Bucks quello che Anthony Davis è per i Pelicans. Una star troppo grande per tenerla confinata in eterno in un mercato così piccolo se il cast di supporto, come lo chiamava Michael Jordan, non sarà da titolo.

I Bucks sono stati “superati” in modo brusco dai Sixers come squadra del futuro all’Est oppure come rivale dei Boston Celtics, almeno quando saranno al completo. Lo scorso anno vinsero 42 partite, quest’anno ne hanno vinte 44. Hanno portato i Celtics alla settima partita ma erano senza Kyrie Irving, mezzo Marcus Smart e durante gara 7 hanno perso anche Jaylen Brown (lasciamo stare Gordon Hayward). Se stanno progredendo, i Bucks lo stanno facendo lentamente. E’ per questo in fondo che hanno esonerato Jason Kidd dopo 45 partite quando avevano un record di 23-22. Joe Prunty ha fatto leggermente meglio (21-16) ma non abbastanza da essere considerato come il possibile nuovo allenatore della squadra. Solo New York tra le squadre che sono sul mercato per un allenatore può essere scelta prima dei Bucks e non per questioni tecniche. I Knicks hanno un Kristaps Porzingis in infermeria. I Bucks hanno Giannis che è più avanti nella sua curva evolutiva. Porzingis è una star emergente. Antetokounmpo è già uno dei primi 10 giocatori della Lega.
Giannis ha giocato una grande serie contro Boston ma non ha rispettato la regola che vuole – in una serie equilibrata – quale favorita la squadra del miglior giocatore in campo. Che era lui. Contro Boston, ha accumulato numeri in linea con la sua regular season, aumentando il numero di assist. Proprio qui nascono i primi problemi. In una NBA in cui ci sono giocatori che tendono a fagocitare tutto in nome del loro enorme talento (Russell Westbrook e James Harden ovviamente ma anche LeBron James), Antetokounmpo pecca sul versante opposto. Possibile sia troppo altruista o troppo poco aggressivo offensivamente per essere una megastar da titolo? Nei playoff, Antetokounmpo ha usato il 28% dei possessi dei Bucks, un numero non altissimo per un giocatore del suo livello. Senza scomodare Westbrook, Harden o James, un rookie come Donovan Mitchell è al 31%, Victor Oladipo ha toccato il 30.5%. E Giannis non ha vere star accanto.
I Bucks hanno numerosi giocatori di medio alto livello nel roster. Khris Middleton ha giocato una serie impressionante contro Boston; poi ci sono Jabari Parker, Thon Maker ed è arrivato a stagione in corso Eric Bledsoe in un ruolo dove avevano già Malcolm Brogdon. Anche quest’ultima mossa ha detto che i Bucks fanno sul serio, hanno fretta. Ma così stano accumulando giocatori che possono spingerli fino a quante vittorie? 45? 50? Ma non attaccano la zona titolo. Giannis ad esempio è un grande difensore per questioni fisiche e atletiche ma i Bucks non sono una buona squadra difensiva perché lui – e John Henson, che si è rotto durante la serie e comunque è offensivamente limitato – è anche l’unico grande difensore. Può essere che Giannis limiti la propria aggressività offensiva – è successo in gara 5 ma anche in gara 7 nel primo tempo – perché non avendo un tiro da fuori affidabile preferisce saggiamente affidarsi di più ai compagni. Ma questo non fa che alimentare il sospetto che sia un grandissimo giocatore ma per mentalità e caratteristiche destinato ad essere – in ottica squadra da titolo – un perfetto “secondo violino”. Non c’è nulla di male in questo: solo i Golden State Warriors hanno due vere prime donne. Jordan aveva Scottie Pippen. O’Neal aveva Kobe Bryant. Duncan aveva Tony Parker o Manu Ginobili.
Il futuro dei Bucks ruota tutto qui: devono costruire attorno alla loro star imprescindibile una squadra da titolo ma sono condizionati dalla presenza di tanti giocatori buonissimi ma non del livello necessario (Middleton potrebbe essere una grande terza punta) e il terribile sospetto che non manchi una seconda star ma la prima. E il rischio è che con il tempo questo dubbio Antetokounmpo vada a chiarirlo altrove.

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