Il 31 ottobre è sempre l’ultimo giorno in cui i giocatori della
classe dei rookie di quattro anni prima possono firmare un’estensione con la
squadra che li ha scelti. Se non lo fanno, a fine stagione, diventano “Restricted
Free-Agent”: dal momento che la loro squadra continua a detenerne i cosiddetti “Bird
Rights” il rischio di perdere il giocatore non è altissimo perché esiste sempre
la possibilità di pareggiare l’offerta. Ma con un mercato imprevedibile come
quello attuale non è mai prudente trovarsi nella condizione di dover pareggiare
un’offerta. Oppure no?
Un anno fa, Golden State non riuscì a trovare un accordo con
Harrison Barnes: rifiutò 64 milioni di dollari e decise di andare a scadenza.
Un anno dopo, Barnes ha firmato con Dallas al massimo salariale. Il suo rischio
è stato ben ripagato. Ma in questo caso è andata bene anche ai Warriors. Se l’avessero
firmato non sarebbero stati in grado di firmare Kevin Durant (anche se poi un
modo per girare quel contratto lo avrebbero trovato lo stesso, così come sono
riusciti a sbarazzarsi di Andrew Bogut sempre a Dallas, tra l’altro). In ogni
caso, nelle ultime ore quattro giocatori hanno firmato l’estensione. Oklahoma
City come le succede da luglio ha fatto più rumore di tutti, vincolando per quattro anni Steven Adams e
Victor Oladipo.
Adams ha firmato per 100 milioni in quattro anni, Oladipo
per 84 milioni. Ambedue sono rimasti al di sotto del salario massimo, anche se
nel caso del centro neozelandese si è trattato di una rinuncia da meno di
cinque milioni complessivi. Oklahoma City con queste due estensioni ha
rinunciato di fatto a inseguire l’improbabile sogno Blake Griffin. Ma la mossa
ha senso: se i Thunder vogliono una seconda star da affiancare a Russell
Westbrook, l’opzione migliore è scommettere che il nome di questa seconda star
sia Steven Adams che ha velocità, dinamismo, taglia fisica per essere un centro
dominante nei prossimi anni (ne ha solo 23 pur essendo al quarto anno nella
Lega). Oladipo è una guardia straordinaria, multifunzionale e atletica di 24
anni. E il suo contratto, 21 milioni al di sotto del massimo, potrebbe sembrare
un vero affare in tempi brevi. I Thunder hanno come allenatore un insegnante,
Billy Donovan, e si fidano del loro sistema e dello sviluppo dei propri
giocatori piuttosto che di un mercato in cui realisticamente partono
svantaggiati. Con giocatori giovani e vincolati a lungo termine, hanno gli
asset per scambiare piuttosto che di firmare un free-agent.
Rudy Gobert ha firmato con Utah per 102 milioni in quattro
anni, quindi ha fatto un piccolo “discount”. I Jazz scelsero il francese al
numero 27 del draft. Un affare colossale. Per la prima volta dai tempi di
Stockton-Malone sembrano vicini a costruire una contender, con Gordon Hayward
soprattutto, ma Gobert era essenziale perché è considerato una specie di “difesa
di squadra” individuale. Con Gobert in campo, i Jazz negli ultimi due anni
hanno concesso 98.0 e 98.7 punti ogni 100 possessi. In queste due stagioni,
Gobert è stato il secondo giocatore della NBA “defensive plus/minus” ovvero la
differenza nel rendimento difensivo della squadra con lui in campo e fuori.
Fa un certo effetto pensare che Gobert e Adams guadagneranno
in quattro anni quasi il doppio di quello che prenderà Cody Zeller a Charlotte
ovvero 56 milioni. Zeller fu scelto con il numero 4 dopo due anni a Indiana. I primi tre anni sono stati in
costante crescita con 60 presenze in quintetto nel 2015/16 anche se i minuti
sono stati poco più di 24. Ha compiuto grandi progressi offensivi soprattutto
tirando con il 52.9% dal campo, tanto che con lui in campo gli Hornets
segnavano 118 punti ogni 100 possessi, un dato strepitoso. E’ un bianco ma
atletico: è l’atletismo a permettergli di essere anche un buon difensore. Ma
nessuno pensa che Zeller possa impattare una partita come riescono a fare Adams
o Gobert. O come Gorgui Dieng, che da Minnesota ha ottenuto 64 milioni di
dollari e ha scelto il momento giusto per giocare due eccellenti partite e può
giocare assieme all’uomo franchigia Karl-Anthony Towns.
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