Detroit aveva bisogno di un colpo. Blake Griffin lo è. Il
tempo a disposizione di Stan Van Gundy, allenatore ma anche presidente dei
Pistons, per mostrare qualcosa di promettente stava per scadere. In quattro
anni è chiaramente sotto il 50% di vittorie, vanta una sola partecipazione ai
playoff e nessuna vittoria in post-season. In ogni caso non sembrava più così
saldo e aveva necessità di fare qualcosa che invertisse la rotta, nel momento
in cui la squadra si è trasferita nel cuore di Detroit – downtown è stata
riprogrammata dopo un lungo periodo di difficoltà in cui la città era di fatto
fallita – ma non era di moda.
Ovviamente è stata anche una mossa rischiosa. Lo è per lo
stesso motivo per cui i Clippers si sono convinti a cedere il loro uomo
franchigia. Non è un ragazzino, ha un contratto pesantissimo che con la sua
storia di infortuni alle spalle potrebbe nel giro di uno o due anni diventare quasi
insopportabile. C’è chi l’ha paragonato a quello che nel 2010 – snobbati da
LeBron James, Dwyane Wade e Chris Bosh – i Knicks firmarono con Amar’e
Stoudemire: ottennero una grande stagione, poi in breve ne subirono il declino
atletico. E’ vero che Blake ha risorse tecniche superiori e alcuni dei suoi
infortuni sono stati traumatici. Ad esempio, una volta si è rotto la mano prendendo
a pugni l’amico magazziniere. Certamente, un brutto gesto, orribile, ma che non
ha nulla a che vedere con la sua integrità fisica. Griffin ogni anno diventa un
tiratore migliore, il suo raggio di tiro è stato ampliato, e fa sempre meno
affidamento sulle sue qualità esplosive e sempre di più su quelle tecniche.
Passa la palla e la tratta come pochissime ali forti al mondo, forse nessuno.
Ai Clippers giocava assieme ad un centro di posizione, esattamente come
succederà a Detroit. Ma DeAndre Jordan è un “roller”, un rimbalzista, è
espressione pura del concetto di “Lob City”. Andre Drummond, il nuovo partner
di Griffin, è un rimbalzista devastante (15.3), meno difensore ma ha maggiori
qualità tecniche al suolo e ora è un tiratore di liberi accettabile (oltre il
60%, è sotto il 41% in carriera). Griffin era diventato una specie di playmaker
avanzato ai Clippers. A Detroit potrà sviluppare questo ruolo ancora di più,
giocare il pick and roll come palleggiatore insieme a Drummond, in una combinazione
4-5 inusuale ma intrigante.
Per Stan Van Gundy però è una deviazione netta rispetto alla
sua storica filosofia di gioco. A Orlando, quando aveva Dwight Howard, giocava
con un 4 come Rashard Lewis che doveva aprirgli il campo. Quando ha fatto la
finale nel 2010 aveva anche Ryan Anderson che poi ha allenato per tre stagioni.
A Detroit con Drummond voleva fare lo stesso: allargare il gioco per poter
servire e rendere devastante il centro dentro l’area, con un 4 come Tobias
Harris. Griffin è un buon tiratore ma non è Ryan Anderson e non è ovviamente
Rashard Lewis. Ma non è neppure Harris. Non è la stessa cosa. Quindi SVG dovrà
riavvicinarsi all’era di Miami quando aveva Udonis Haslem da 4 in prossimità di
Shaquille O’Neal.
Se la combinazione Griffin-Drummond dovesse funzionare, i
Pistons sarebbero ad una terza star di distanza dal diventare una squadra
importante a Est ma intanto hanno perso Harris (Griffin è un upgrade ma Harris
non va sottovalutato) e Avery Bradley. I Pistons non sono mai stati una
destinazione ambita dai free-agent. I due più grandi giocatori della loro
storia, Isiah Thomas e Joe Dumars sono arrivati dal draft; lo squadrone del
titolo del 2004 aveva soprattutto un grande equilibrio ma tutti i suoi
giocatori chiave erano arrivati via scambio (Chauncey Billups, Richard
Hamilton, Rasheed Wallace e Ben Wallace) o ancora dal draft (Tayshaun Prince).
Quindi dovranno inventarsi qualcosa oppure accontentarsi realisticamente di
essere una buonissima squadra che possa aspirare al massimo a vincere 50
partite e approdare al secondo turno dei playoffs anche se non è chiaro dopo la
prossima estate e le decisioni di LeBron quale possa essere la geografia della
Eastern Conference nell’immediato. In ogni caso Griffin come prima punta non è
un giocatore da titolo, e non lo è Drummond. Questo in una lega orientata sulle
star pone un limite ad ogni ambizione.
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