La rottura del tendine d’Achille che impedirà a DeMarcus
Cousins di giocare nel suo quarto All-Star Game consecutive ha potenti
ripercussioni sul futuro suo, dei New Orleans Pelicans e di conseguenza del
giocatore che tutti i club con aspirazioni di titolo seguono a distanza nel
caso dovesse muoversi: Anthony Davis.
Cousins ha prodotto per la settima stagione consecutiva un
20+10 di media, esattamente 25.2 punti per gara, circa quattro in più della sua
media carriera, e 12.9 rimbalzi, il suo nuovo record stagionale. I suoi 5.4
assist per partita sono anche quelli career-high. E Cousins continua ad essere
un giocatore a due dimensioni, pericoloso dall’arco (quest’anno 35.4 % ma su
6.1 tentativi). Anche se resta un giocatore imperfetto nella selezione dei tiri
e un difensore passabile, Cousins a 27 anni di età stava continuando a
migliorare e persino il complicato “matrimonio” tecnico con Davis (due torri in
un’era di smallball) alla fine stava funzionando (+4.2 per 100 possessi). I
numeri dicono che i Pelicans sono meglio quando hanno Davis da solo piuttosto
che Cousins ma sono un disastro quando non hanno in campo nessuno dei due.
Soprattutto, Cousins stava per giocare i primi playoffs della carriera, dopo aver
speso tutta la prima parte della carriera nella landa desolata di Sacramento.
Ma un anno fa furono proprio i Kings a staccare la spina all’era
Cousins per evitare che diventasse free-agent nell’estate del 2018 con l’obbligo
morale di dargli il contratto massimo che nel suo caso sarebbe stato il 35% del
salary cap (DMC ai Kings sarebbe stato “Designated Veteran Player” con almeno
tre apparizioni all’All-Star Game). Il suo contratto avrebbe significato circa
210 milioni di dollari in cinque anni. Ai Kings hanno deciso che sarebbero
stati troppi. E l’hanno scambiato a New Orleans. La trade gli è costata circa
35 milioni di dollari perché l’etichetta di “Designated Player” a New Orleans
non era più valida (la si mantiene solo se scambiati durante il contratto da
rookie). Ma i Pelicans stavano progettando di dargli comunque il contratto
massimo, soddisfatti di rendimento, comportamento (migliore rispetto ai tempi
di Sacramento e sicuramente condizionato dalla vicinanza di un leader positivo
come Davis) e risultati di squadra (i Pels erano in corsa per avere il
vantaggio del campo nel primo turno). Il nuovo contratto di DMC avrebbe
chiamato 175 milioni di dollari complessivi.
I Pelicans sono in effetti in una posizione atroce: il loro
futuro a corto e breve raggio è determinato dall’uomo franchigia Anthony Davis il
cui contratto scade nel 2021 ma esiste un’opzione a favore del giocatore per
diventare free-agent senza restrizioni nel 2020. Una scadenza terribilmente
vicina che genera periodicamente voci di mercato che lo vogliono ora a Boston
ora in un altro club. In effetti i Pelicans possono permettersi tutto ma non di
perderlo come free-agent. Quindi uno scambio con cui portare a casa giocatori
giovani e scelte altissime ha perfettamente senso. Non adesso ma nel giro di un
anno certamente. Per evitare di arrivare a questo e convincere Davis che un
titolo è possibile con lui anche a New Orleans, l’unica strada percorribile è
costruire una squadra che possa vincere. Cousins non era il compagno perfetto
ma era il miglior compagno che potessero offrirgli. E comunque stava abbastanza
funzionando. Per questo erano pronti a offrirgli il massimo. Ma adesso?
Le mosse di mercato dei Pels, ovvero l’acquisizione di
Nikola Mirotic per giocare un po’ più “small” e aprire il campo dunque
permettere a Davis di attaccare l’area o creare mismatch brutali in termini di
velocità, e il tentativo di prendere Greg Monroe per sostituire Cousins (poi è
arrivato il test Emeka Okafor), confermano il desiderio di sostenere la squadra
nel suo momento critico e rassicurare Davis. Finora a New Orleans, AD ha
giocato un solo playoff perdendolo 4-0. I Pelicans vogliono essere sicuri che
quest’anno ritorni in post-season. Ma come si comporteranno in estate con Cousins?
La logica dice che incasseranno il colpo, pregheranno e lo
firmeranno per quello che valeva prima dell’infortunio. Sul mercato non
troveranno di meglio. Giocare al ribasso è possibile ma ci sono club con spazio
salariale che potrebbero diventare pericolosi, ad esempio i Lakers con due
potenziali “max contracts” a disposizione. Il rischio vero dei Pelicans – non va
mai dimenticato – non è perdere Cousins in senso letterale ma spedire il
messaggio sbagliato a Davis. DMC, che ha perso 35 milioni con la cessione ai
Pels, potrebbe perderne altri affrontando la free-agency da infortunato – lo scenario
peggiore per qualsiasi giocatore – ma forse le circostanze lo aiuteranno.
Nondimeno il rischio è alto per New Orleans: uno studio del
2013 su giocatori che tra il 1988 e il 2011 si sono procurati lo stesso
infortunio di DMC dice che sette su 18 non sono mai rientrati nella NBA e gli
altri hanno saltato una media di 56 gare a stagione nelle prime due stagioni. I
precedenti non sono incoraggianti ma è vero che DMC ha 27 anni, non i 34 che
aveva Kobe Bryant quando si è rotto il tendine o i 35 di Chauncey Billups. Casi
più simili al suo riguardano Rudy Gay (30 anni, nel 2017), Wes Matthews (28
anni, nel 2015) e soprattutto per una questione di ruolo e tipologia di gioco Elton
Brand (28 anni, nel 2007). Tutti e tre sono tornati, Matthews anche molto
rapidamente e Brand è tornato a viaggiare oltre i 20 e 10 poco dopo. Ma è
corretto dire da nessun infortunio del genere un giocatore è tornato ai livelli
precedenti, con l’eccezione di molti anni fa di Dominique Wilkins che si
infortunò a 32 anni e al rientro per due anni viaggiò a 28 punti di media. I
progressi medici e l’età potrebbero aiutare Cousins. Inoltre, se anche
producesse l’80% del rendimento attuale sarebbe sempre un giocatore di prima
fascia, uno dei migliori rimbalzisti e attaccanti della Lega. Ma certo l’infortunio
inciderà sul futuro suo, dei Pelicans e in ultima analisi potrebbe decidere
anche quello di Davis.
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