Può una guardia da 5.0 punti di media e il 22% nel tiro da
tre rivelarsi il giocatore più importante di una squadra NBA potenzialmente di
vertice? Il caso Andre Roberson è singolare: per mesi è stato considerato – con
tutto il rispetto per la sua straordinaria attitudine difensiva – l’anello
debole del quintetto degli Oklahoma City Thunder. Lui è il giocatore che gli
avversari mandano in lunetta volontariamente, che ignorano completamente quando
è in attacco sfidandolo a tirare per difendere in cinque contro gli altri
quattro. Nelle cinque gare giocate contro Houston nei playoff del 2017,
Roberson ha fatto il 14.3% dalla lunetta eseguendo 5.5 liberi di media,
tantissimi. I Rockets lo mandavano in lunetta come strategia con risultati
eccellenti. In altre parole, i suoi problemi come tiratore obbligavano il Coach
Billy Donovan a sostituirlo in certi momenti per reinserirlo solo negli ultimi
due minuti quando l’”hack” premeditato non è più consentito. I limiti di
Roberson come tiratore sono imbarazzanti. Quest’anno prima di infortunarsi in
modo definitivo aveva il 31.6% dalla lunetta e il 22.2% da tre punti. Eppure…
Eppure il suo “offensive rating” di 114 punti di squadra
ogni 100 possessi è eccellente. Roberson, Donovan e i Thunder avevano trovato
il modo di potersi permettere la sua presenza. Accanto a quattro attaccanti
come Russell Westbrook, Paul George, Carmelo Anthony e Steven Adams, la
mancanza di “peso” offensivo di Roberson non veniva avvertita. Lui stesso aveva
imparato a costruire il suo gioco su tagli, riempimento delle corsie in
contropiede, energia. Sul piano atletico Roberson è fenomenale, il timing nei
tagli prodigioso nel punire le difese che neanche lo guardano. Tant’è vero che
la sua percentuale di realizzazione dal campo (53.7%) è di gran lunga la più
alta della carriera. Da due aveva il 62.7% e la percentuale di realizzazione
effettiva era del 56.2%. Ovviamente Donovan non lo impiegava praticamente mai
accanto ad attaccanti modesti, ovvero in combinazione con il suo mediocre
secondo quintetto. Quindi in parte le cifre di Roberson sono dopate dalla
qualità dei suoi compagni.
Fatto sta che con lui nel line-up, Oklahoma City era 24-15,
ovvero aveva il 61.5% di vittorie. Senza di lui è 9-11, 45.0%. E’ evidente che
i Thunder funzionano in un modo quando hanno Roberson e funzionano meno quando
non lo hanno. Senza di lui, George diventa l’asso della difesa e ne risente in
attacco ma soprattutto i Thunder passano da un assetto ideale (il quintetto)
con due super difensori ad uno con un solo difensore di elite sul perimetro e
nessun altro neppure paragonabile. Parte del problema è la panchina: per
assemblare il Superteam attuale, il general manager Sam Presti ha smembrato la
squadra cedendo giocoforza Victor Oladipo, Domantas Sabonis, Doug McDermott,
Enes Kanter e dovendo rinunciare a Taj Gibson. Tutte queste rinunce erano
obbligate ma dove i Thunder sono mancati è stato nel trovare a basso costo
giocatori funzionali, la specialità di tanti grandi club dai Chicago Bulls
degli anni d’oro agli Spurs o Warriors attuali. Ovviamente non è facile
convincere qualcuno ad andare a Oklahoma City se può andare a Houston come ha
fatto Joe Johnson ad esempio. Ma ad esempio i Thunder hanno puntato molto su Patrick
Patterson ricavandone pochissimo per ora, non hanno un vero centro alternativo
ad Adams e infine nessuno degli esterni è un difensore accettabile, non il
giovanissimo rookie Terrance Ferguson, non Alex Abrines, di certo non Raymond
Felton (il che impedisce l’utilizzo prolungato della coppia Westbrook-Felton)
mentre un po’ meglio è John Huestis.
Ma a questo punto il contratto estivo firmato da Roberson
appare molto meno spropositato di quanto sembrasse. Il giocatore è vincolato
fino al 2020 per 30 milioni di dollari complessivi. Considerato che lo scorso
anno è stato incluso nel secondo quintetto difensivo della Lega e quest’anno
era ritenuto una certezza nel primo – ma per molti potenzialmente il difensore
dell’anno – l’affare l’ha fatto Oklahoma City. Roberson è 2.01, ha braccia
lunghissime e può efficacemente difendere su quattro giocatori differenti.
I numeri dicono tutti: nei 539 minuti in cui i Thunder hanno
utilizzato il quintetto migliore il loro “defensive rating” è di 95.9 punti
subiti ogni 100 possessi, una cifra spettacolare specie considerando che lo
stesso assetto in attacco produceva oltre 110 punti per 100 possessi. Con
Westbrook, Roberson, PG, Melo e Adams, i Thunder erano virtualmente ingiocabili
nella combinazione tra efficacia offensiva e difensiva. Ma basta sostituire
Roberson con uno dei membri della panchina e il look cambia drasticamente: con
Ferguson al suo posto (era stato il primo tentativo di Donovan dopo
l’infortunio di Roberson), i Thunder concedono 117.8 punti ogni 100 possessi;
con Abrines 113.6; con Jerani Grant (che obbliga George a giocare da guardia)
114.6. Gli ultimi due assetti hanno un indice offensivo superiore a quello del
quintetto base ma di un paio di punti ogni 100 possessi, nulla che possa
ovviare alla perdita di solidità difensiva. Con il jolly John Huestis in campo
il rendimento difensivo diventa 108 punti subiti ogni 100 possessi ma con 121
punti segnati. I Thunder quindi sembrerebbero abbastanza più forti in attacco
da compensare il deficit difensivo. Ma per ora si parla di 80 minuti totali,
troppo pochi per pensare che quel rendimento in attacco sia sostenibile a lungo
termine.
E’ normale che così come sono i Thunder con un uomo in meno
in rotazione siano ulteriormente deboli nel secondo quintetto e non siano
abbastanza solidi in difesa in generale. Sono un po’ a metà strada,
probabilmente destinati a giocare in difesa del quinto record ad ovest
piuttosto che ad insidiare il quarto di Minnesota e il vantaggio del campo nel
primo turno. L’unica speranza vera è che possano nei playoff ampliare il
minutaggio dei “Big Four” al punto da rendere tollerabile la mediocrità della
panchina.
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