Quindi i Cleveland Cavaliers hanno consegnato ai Los Angeles
Lakers i mezzi per provare davvero a convincere LeBron James a trasferirsi
sulla Costa Ovest. Non sarà possibile valutare la clamorosa ristrutturazione
della squadra operata oltre la metà della stagione dai Cavs fino a che non conosceremo
la decisione di LeBron quando sarà free-agent il prossimo primo luglio. Per il
momento, il nuovo general manager Koby Altman ha alzato la pressione su sé
stesso in modo incredibile.
Per quanto si speculi sul trasferimento di LeBron
ai Lakers da molti mesi, di fatto fino a due giorni fa non c’era alcuna
possibilità reale che questo accadesse perché età, chilometraggio nelle gambe,
il momento della sua carriera e lo status attuale dei Lakers non erano
sincronizzati. Ma ora i Lakers hanno liberato abbastanza spazio salariale per
prendere LeBron non da solo ma assieme ad una seconda superstar di livello
assoluto che a questo punto potrebbe essere solo Paul George. E’ difficile che
succeda, ma togliendo dal loro payroll sia il contratto di Jordan Clarkson che
quello di Larry Nance jr, Cleveland ha appunto dato ai Lakers gli strumenti
finanziari per trasformare il sogno in realtà.
Magic Johnson non ha perso tempo
nell’annunciare al mondo che l’obiettivo dei Lakers è questo: portare a casa
due superstar. Ma dando un’occhiata ai free-agent del prossimo luglio solo due
giocatori rispondono a questo identikit. Sono LeBron e Paul George, a meno che –
nella NBA non si può mai dire – non vada considerato disponibile anche Chris
Paul o Kevin Durant mediti, dopo i Thunder, di sbeffeggiare anche i Warriors
(DeMarcus Cousins è infortunato, Russell Westbrook che sarebbe stato la loro
prima scelta dopo LeBron si è chiamato fuori estendendo con OKC).
E’ ovvio che a Cleveland siano coscienti di quello che hanno
fatto. Se si sono “ridotti” a cedere Isaiah Thomas proprio ai Lakers
portandogli via il contratto più scomodo che avevano (a parte quello di Luol
Deng che probabilmente verrà svincolato entro giugno) è perché non avevano
alternative vere. Il loro unico obiettivo è convincere LeBron a non lasciarli
una seconda volta. Per farlo devono prospettargli la possibilità di vincere il
titolo: l’ultimo mese di stagione aveva dimostrato che “quei” Cavs erano su un
binario morto e correvano verso l’estinzione. Sul mercato, Cleveland aveva
bisogno di cambiare il roster in modo profondo. Non poteva accontentarsi di
interventi di semplice cosmesi. A suo credito va riconosciuto che ogni singola
modifica – per quanto assemblare una squadra tutta nuova a questo punto della
stagione sia complicato – appare di per sé stessa convincente. George Hill e Rodney
Hood (diventa free-agent ma con restrizione, per questo Utah ha ceduto un
bomber da oltre 16 di media di 25 anni) erano il back-court dei Jazz che hanno
eliminato i Clippers lo scorso anno: accanto a loro c’era Gordon Hayward,
adesso ci sarà LeBron James… Jordan Clarkson non vale i 26 milioni che
guadagnerà nei prossimi due anni ma dalla panchina (con Kyle Korver e alla
lunga probabilmente JR Smith e non Hood) ma è un eccellente guardia
realizzatrice. Prendono il posto di Isaiah Thomas che non aveva funzionato al
di là dei problemi all’anca, di Dwyane Wade che era una presenza ingombrante e
poco funzionale, di Derrick Rose e Iman Shumpert. Da tutte queste situazioni,
Cleveland è venuta fuori più atletica, più giovane e più difensiva. Channing
Frye ormai era fuori dalla rotazione mentre Larry Nance è un’ala forte molto
atletica, con limiti difensivi e di tiratore ma comunque vivace e in grado di
reggere il forte con Tristan Thompson in attesa che torni Kevin Love. Probabilmente
Jae Crowder è l’unico giocatore che – potendo – non avrebbero sacrificato.
E' curioso che Larry Nance vada a giocare nella squadra che ha ritirato la maglia numero 22 del padre che negli anni '90 faceva parte del ciclo di Mark Price, Ron Harper, Brad Daugherty, John Hot Rod Williams, Craig Ehlo (nel 1992 persero la finale di conference contro i Bulls).
Tutte
queste mosse sono state confezionate nella speranza di tornare in Finale almeno
e di convincere LeBron che il ciclo non è terminato con la fuga di Kyrie Irving
e c’è abbastanza gioventù in squadra da poterci riprovare ancora. Il rovescio
della medaglia è chiaro: un eventuale implosione dei Cavs favorirebbe la
partenza di LeBron e adesso i Lakers sono una via di fuga percorribile con i
loro 70 milioni di spazio salariale potenziale (ovvero rilasciando Luol Deng e
rinunciando a Julius Randle).
Alla coppia Magic-Pelinka occorre riconoscere che il loro
piano da quando si sono impossessati dei Lakers è stato al tempo stesso lineare
ed efficace. Hanno scaricato contratti pesanti a lunga scadenza rimpiazzandoli
con accordi in scadenza. In estate hanno portato a casa per un solo anno Brook
Lopez e Kentavious Caldwell-Pope, adesso hanno fatto lo stesso con Isaiah
Thomas. Inoltre hanno lavorato bene al draft pescando al 27 e al 30 due
giocatori solidi come Kyle Kuzma – che sarà nel primo quintetto All-Rookie – e Josh
Hart che è atletico e può tirare. In un’ipotetica squadra da titolo Kuzma
potrebbe essere un eccellente “stretch 4” e Hart un buon cambio. Questi due
giocatori, Lonzo Ball – i cui difetti come tiratore o la fragilità fisica hanno
ingiustamente nascosto le sue qualità di rimbalzista e passatore – e Brandon
Ingram, esploso al suo secondo anno di NBA, sono gli unici nel roster attuale
che facciano parte dei piani futuri. Potrebbero tenere Randle ma solo se non
riuscissero a fare il botto sul mercato dei free-agent (Randle è “Restricted”).
Sulla carta, LeBron e PG potrebbero completare una squadra
ricca di giovani di grande futuro e poi i Lakers completare un gruppo che verrebbe
concepito per vincere subito con veterani a basso costo in cerca di opportunità
di vittoria alla David West per intenderci. Ma in pratica è probabile che i
giovani Lakers siano troppo giovani per sostenere le ambizioni di LeBron e
George. Cleveland punta su questo: i Cavs conoscono meglio di tutti la
riluttanza di LeBron a fidarsi dei giovani nel clima dei playoff. Se decidesse
di tirarsi indietro e restare ai Cavs, i Lakers resterebbero con tanti soldi
spendibili e nessun giocatore sul quale metterli. Lo stesso George – che nelle
dichiarazioni sembra pendere verso la permanenza a OKC con Westbrook – è prendibile
solo in combinazione con un’altra star, altrimenti il fascino dei Lakers
resterebbe un concetto fine a sé stesso. Le idee sono tre: convincere le due
stelle che i vari Ball, Kuzma e Ingram sono pronti; diluire nel tempo la spesa
dei soldi a disposizione (esempio: LeBron il primo anno e Kawhi Leonard il secondo)
il che però comporta che uno tra James e PG sia d’accordo (più facile il
secondo); infine usare i giovani come “assett” da scambiare per prendere altri
veterani pronto uso. La quarta via è tenersi i soldi in cassaforte e aspettare
momenti di maggior credibilità per andare sul mercato ovvero quando il nucleo
attuale sarà maturo per esplodere. Come si vede è tutto ancora in divenire.
In poco più di sei mesi, intanto, Isaiah Thomas è passato
dal ruolo di Re di Boston a quello di reietto. I Celtics l’hanno sacrificato
per Kyrie Irving; a Cleveland non ha funzionato e i Cavs l’hanno scaricato ai
Lakers pensando di avere una chance di titolo migliore senza di lui; i Lakers
lo useranno come mentore di Lonzo Ball in attesa che scada il suo contratto. Il
prossimo 1 luglio sarà free-agent nel momento meno indicato: reduce da un
infortunio grave, non più giovane (29 anni) e con una stagione tragica alle
spalle. Il mercato sarà arido. IT4 non meritava una sorte simile. Dove possa
andare e a quali condizioni oggi è imprevedibile. Quel che gli resta da dare ai
Lakers dovrà darlo in modo prepotente per dimostrare al mercato quale sia il
suo vero status. E questo potrebbe non conciliarsi con le esigenze dei Lakers.
Alla fine non sapremo mai cosa sarebbe successo a Cleveland
se di fronte alle richieste di Irving avessero semplicemente voltato la testa,
ignorandole. Negli anni ’90 Chicago ha sempre ignorato Scottie Pippen sia
quando chiedeva di essere ceduto sia quando pretendeva gli rinegoziassero il
contratto. Avevano bisogno di lui e a quelle condizioni per continuare a
correggere la squadra attorno. Non sono risultati simpatici e hanno dovuto
incassare le critiche pubbliche di Pippen, tante volte, ma hanno vinto sei
titoli. Forse Cleveland avrebbe dovuto fare altrettanto con un giocatore
vincolato fino al 2019 e quindi con due anni di tempo per convincerlo di essere
già nel posto giusto. I Cavs hanno trasformato Irving in Thomas e Crowder, poi
in Hill, Hood, Clarkson e Nance ma tenendosi la prima scelta di Brooklyn 2018
arrivata via Celtics. Serviranno anni per giudicare l’intera operazione.
Di sicuro Cleveland non ha la seconda superstar che aveva l’anno
scorso e sperava fosse Thomas. Kevin Love, anche quando tornerà, è più una
terza punta e il resto del roster è abbastanza profondo da restituire ai Cavs
il ruolo di favoriti a est (il che è un tributo a LeBron più che ai compagni e
coinvolge anche il livello delle avversarie, non trascendentale se pensiamo che
il secondo miglior giocatore degli ottimi Celtics è fuori per la stagione) ma
non li rende più vicini ai Warriors e probabilmente neppure ai Rockets di
Harden-Paul o ai Thunder di Westbrook-George, afflitti da altri problemi,
soprattutto dalla mediocrità del secondo quintetto.
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