Damian Lillard ha 27 anni e per la quinta stagione
consecutiva sarà oltre i 20 punti di media oppure oltre i 25 per la terza. Eppure
resta un giocatore difficile da interpretare. In parte è una questione
logistica: Lillard ha giocato a Weber State dove l’esposizione è limitata, poi
è stato scelto nella seconda parte del primo giro del draft quindi con modeste
aspettative e infine è finito a Portland. Non è un mistero che giocare a tre
ore di fuso orario dalla costa est è penalizzante, soprattutto se non lo fai a
Los Angeles ma in un mercato limitato come quello di Portland. Avesse giocato a
New York è probabile – sicuro? – che la popolarità di Lillard sarebbe stata
diversa.
In fondo è un point-man che segna tantissimo, un killer nel
quarto periodo, uno dei miglior Clutch-Scorer della Lega. Eppure è entrato come
outsider nella conversazione come potenziale MVP solo nelle ultime settimane,
quelle in cui i Portland Trail Blazers, correndo un po’ di più, tirando un po’
più da tre, sfruttando la crescita di qualche elemento di teorico secondo piano
come il rookie Zach Collins, sono diventati non una semplice mina vagante ma
una squadra che entrerà nei playoff reduce da una seconda parte di stagione fulminante.
A Ovest solo Houston è stata superiore a Portland nell’ultimo mese e mezzo.
Intendiamoci: Lillard non è il miglior giocatore di questa
Lega. Considerando i primi 15 realizzatori solo Devin Booker, che gioca per una
delle peggiori squadre della Lega, ha percentuali di tiro inferiori alle sue,
segno che le scelte non sono le migliori, cattura meno della metà dei rimbalzi
di Russell Westbrook ma è anche sotto la media di Steph Curry in questo senso,
e per essere un point-man forse non crea abbastanza per i compagni (12
giocatori lo precedono negli assist). Non sono necessariamente critiche ma argomentazioni
che difendono il suo ruolo costantemente di secondo piano quando si discute dei
migliori point-guard della Lega. E’ un attaccante micidiale ma è sotto il 37%
da tre ad esempio.
Lillard è un giocatore di elite, che merita l’inclusione in
uno dei quintetti All-NBA di fine stagione (io lo metterei nel secondo), è un
legittimo Top 10 Player ma non l’MVP. Non è al livello di James Harden e non è
un all-around come Westbrook (anche se Portland quest’anno non ha mai perso
contro OKC) o un tiratore come Steph Curry. Però ha numeri migliori, in tutto,
di Kyrie Irving, punti, rimbalzi, assist.
Ma Irving fino a quando Boston ha comandato la Eastern Conference
e non si è infortunato è stato un candidato MVP. Magari mai in pole-position ma
è stato menzionato. Possibile che in un’era come quella attuale giocare a
Boston aiuti più che giocare a Portland? (3-continua)
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