Lo Chicago Stadium aveva
quasi 70 anni quando ospitò la terza Finale NBA della sua gloriosa storia.
Nacque come arena dedicata all’hockey su ghiaccio e mostrava, nel 1993, tutti
gli anni che aveva. Al di là della strada, era già in piedi il cantiere per la
costruzione dello United Center che avrebbe debuttato nella stagione 1994/95.
Lo Stadium non aveva le suite, gli spogliatoi somigliavano a scantinati, la
stampa prima della partita cenava in un luogo tetro. Poi i tavoli venivano
rimossi, sostituiti da una lunga fila di sedie asportabili e la stanza si
trasformava nel luogo deputato alle interviste post partita. Per accedere al
campo di gioco bisognava attraversare un tunnel strettissimo, salire lungo
scale pericolanti e infine accedere al tempio. Lo Stadium era decadente. Quindi
era bellissimo.
Le poltroncine rosse, gli
angoli addolciti a seguire la forma dell’anello dell’hockey che a Chicago è
sempre stato importante, l’acustica terribile, le scale irrimediabilmente
sporche, macchiate. Assistere ad una partita di quell’importanza in uno
scenario simile era favoloso. I Bulls Brothers intrattenevano il pubblico
imitando John Belushi e Danny Akroyd, poi Benny The Bull, la mascotte, l’odore
fortissimo di birra, la bevanda obbligatoria per un tifoso di hockey. Era tutto
perfetto per un salto nel passato, per vivere una partita storica. Il segreto
di una Finale NBA mi accorsi a quei tempi in modo inequivocabile è questo: il
valore tecnico e morale dei giocatori è talmente alto che devi sempre
attenderti una sorpresa, un fatto imprevisto. Da questo punto di vista gara 3
avrebbe proiettato il concetto di sorpresa in una nuova dimensione.
Charles Barkley l’avrebbe
definita la più grande partita in cui abbia mai giocato “e non è una questione
di chi ha vinto o perso perché a renderla grande sono state tutte e due le
squadre. Tutti hanno dato davvero tutto quello che avevano”. Fosse stata una
partita normale, Barkley non l’avrebbe neppure giocata. Dal gomito destro,
lesionato in gara 2, venne asportato del liquido prima della partita.
Nonostante il dolore e la necessità di qualche passaggio supplementare in
panchina, Barkley chiuse con 24 punti e 19 rimbalzi. Ma è la partita a meritare
di essere raccontata...
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