giovedì 17 novembre 2016

NBA Notes: Phil Jackson voleva colpire Riley non LeBron

Quando l'allenatore più vincente della storia (Phil Jackson) si concede al più grande strumento mediatico dei nostri tempi (ESPN), ad una giornalista di altissima qualità che ha alle spalle una storia di interviste a cuore aperto (Jackie McMullan) e parla in maniera controversa come gli è sempre capitato in passato del giocatore più forte e potente della generazione attuale  (LeBron James) è normale che si scateni l'inferno. Il bello è che probabilmente Jackson voleva colpire Pat Riley non LeBron.
Nell'intervista l'attuale presidente dei Knicks ha parlato di tante cose ma in particolare di come LeBron abbia abbandonato Miami perché il suo stile è quello di chi è abituato a pretendere un trattamento privilegiato per lui e la sua "posse". Il termine è considerato dispregiativo, con uno sfondo fortemente razzista. Jackson si riferiva ad amici e parenti di LeBron ma ha sbagliato l'uso delle parole. Inoltre LeBron ha scelto di usare tutto il suo potere fuori del campo per costruirsi la sua squadra di "collaboratori". Maverick Carter si occupa delle sponsorizzazioni e Rich Paul è il suo agente. Ambedue sono diventati manager di successo ma è vero che prima di venire lanciati da LeBron in questo mondo non esistevano. Paul oggi è uno degli agenti più potenti. Controlla JR Smith e Tristan Thompson ma anche Ben Simmons. LeBron l'ha presa malissimo.
Ma Jackson voleva colpire Riley, nemico storico con il quale ha avuto diverbi più o meno pubblici tante volte in passato. Lo defini un media-coach una volta. Un'altra confessò che Riley "tira fuori il peggio da me". Cosa voleva Jackson? Attribuire a Riley la partenza di LeBron da Miami definita "uno schiaffo". Riley ha tutte queste regole da pugno di ferro - ha detto Jackson - mentre LeBron pretende trattamenti speciali. Ergo: con i suoi metodi da sergente dei Marines, Riley ha fatto fuggire LeBron. Jackson quando allenava era il Re dei mediatori. Basta ricordare le briglie sciolte di Dennis Rodman decisivo per i Bulls della seconda tripletta ma impossibile da controllare con regole normali. O quando Scottie Pippen si rifiutò di rientrare in campo durante una gara di playoffs contro i Knicks perché il tiro decisivo era stato concepito per Toni Kukoc non per lui. Non ci furono provvedimenti. Sotto la sua gestione ai Lakers è successo di tutto tra Kobe Bryant e Shaquille O'Neal ma i suoi metodi zenisti hanno pagato. Jackson è un non interventista. Riley ha le mani dappertutto. Attribuendogli la responsabilità della partenza di LeBron, Jackson voleva riaffermare i propri, di metodi (a lui non sarebbe successo...) e colpire il rivale.
È una storia di ruggini antiche. Solo che ha sbagliato e coinvolto LeBron che in questo momento anche mediaticamente vale più di lui. Più di tutti.

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