giovedì 6 luglio 2017

Golden Times Aggiornato: Klay Thompson


Prima di Klay Thompson, molto prima di lui, c’era stato Mychal Thompson, il padre, un centro di 2.08 che avrebbe giocato anche a Caserta, nato e cresciuto a Nassau, la capitale delle Isole Bahamas. Con la famiglia si trasferì presto negli Stati Uniti, a Miami. Fu qui che conobbe il basket e diventò una star. La sua squadra del liceo, Jackson High, vinse 33 partite a zero nel suo ultimo anno a scuola. Purtroppo, quattro starters incluso Thompson erano accademicamente non eleggibili, tutti provenienti da Cuba o dalle Bahamas. La stagione sarebbe stata invalidata. Per Thompson sarebbe diventato un tema ricorrente.


Mychal scelse di andare all’università del Minnesota, passando dal sole al freddo in un batter di ciglia. Nel 1974, da freshman, pensò di mettersi in tasca qualche dollaro vendendo alcuni biglietti delle proprie partite come facevano in tanti. Non immaginava fosse un reato. In seguito l’avrebbero squalificato per sette gare. Mychal restituì tutti i soldi per dimostrare la propria buona fede ma era troppo tardi. Nel 1976 la NCAA colpì duro Minnesota. L’università rispose proteggendo Thompson e rifiutando le sanzioni. La NCAA rispose estendendole a tutte le squadre della scuola. Dopo l’anno da junior, Mychal ricevette una proposta contrattuale da 1.5 milioni dai Buffalo Braves della NBA. A quei tempi si poteva fare. Buffalo gli garantì la scelta. Lui rifiutò perché sentiva di avere un debito nei confronti della sua università che l’aveva difeso quando sarebbe stato molto più semplice scaricarlo. Tornò per una stagione da senior sensazionale e il giorno dell’ultima partita lo celebrarono ritirandogli la maglia numero 43. Nel 1978 fu scelto al numero 1 dei draft dai Portland Trail Blazers. E cominciò una carriera importante.

Per otto anni Thompson fu uno dei punti di forza di una buona squadra di Portland. Poteva giocare centro o ala forte, aveva statistiche sempre buone e in alcuni anni ottime. Nel 1979 fu primo quintetto di rookie, nel 1981/82 viaggiò oltre i 20 punti e 11 rimbalzi per gara. Nel 1986, a 31 anni, venne scambiato a San Antonio per il più giovane Steve Johnson ma prima dei playoffs venne acquistato dai Los Angeles Lakers. Pat Riley voleva un lungo che giocasse dietro Abdul-Jabbar e James Worthy, il ruolo che in passato era stato di Bob McAdoo. Fu una mossa azzeccata: i Lakers vinsero il titolo sia nel 1987 che nel 1988. Giocarono la Finale anche nel 1989 e nel 1991. Fu l’ultimo atto di Thompson da giocatore NBA. Nel 1990 nacque Klay Thompson, il suo secondo genito (Mychel, il più grande, avrebbe brevemente giocato a Cleveland e anche a Varese).

Quando si ritirò dai Lakers, Mychal Thompson che era sempre piaciuto ai giornalisti per il suo senso dell’umorismo, la capacità di parlare, diventò subito il radiocronista dei Portland Trail Blazers e così tornò in Oregon. Aveva anche un talk-show sui Blazers accanto ad un altro ex, Kermit Washington. Nel 2003/04, Mychal fu assunto con lo stesso incarico dai Lakers e così spostò la famiglia di nuovo nella California del Sud. A quel punto, Klay aveva 14 anni e sognava di diventare un giocatore NBA (il terzo figlio, Traycee, invece è diventato un giocatore di baseball). Mychal un giorno si avvicinò a Klay e gli diede il consiglio più importante della sua vita. “Impara a tirare da fuori e durerai a lungo. Se fai canestro nessuno ti manderà mai via”. Klay avrebbe eseguito.

L’evoluzione di Klay Thompson è stata incredibilmente simile a quella di Steph Curry: anche lui, pur essendo il figlio di un grande giocatore NBA, è esploso tardi e ha dovuto convivere non tanto con le aspettative generate dal nome quanto con l’etichetta di eterno sottovalutato. Klay crebbe attorno all’organizzazione dei Lakers. D’estate si allenava con Kobe Bryant a UC-Irvine. “Sentivo di essere un privilegiato solo per la possibilità di condividere lo stesso campo con lui”, disse. Qualche volta seguiva i Lakers in trasferta con il padre. Vide tutte le partite della Finale persa nel 2004 contro Detroit.

Steph Curry fu rifiutato da Virginia Tech. Klay Thompson da molte altre scuole. Mychal usò tutti i suoi contatti per introdurlo a UCLA ma Coach Ben Howland non pensava avesse il talento per giocare nella Pac 12 e come guardie aveva Darren Collison (in realtà un point-man) e Jrue Holiday. Tim Floyd aveva DeMar DeRozan e anche le porte di USC si chiusero senza per la verità essersi mai aperte. Alla fine, fu Washington State, nel nord occidentale degli Stati Uniti, a dargli una chance.
 

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