La corsa al titolo di MVP non è stata appassionante come un
anno fa quando il mondo si era diviso tra Russell Westbrook, James Harden e nel
finale prese quota la candidatura di Kawhi Leonard. Quest’anno Harden vincerà
con largo margine sul secondo classificato ed esiste una piccola possibilità
che come Steph Curry due anni fa vinca il titolo all’unanimità. Può starci:
Harden è il miglior giocatore della miglior squadra della stagione, quella che
ha stabilito il nuovo record franchigia di vittorie, ed è il miglior
realizzatore della Lega, oltre i 30 di media. Quest’anno Harden figurerà per il
quarto anno consecutivo nel primo quintetto All-NBA e in passato è arrivato due
volte secondo nella corsa all’MVP.
La stagione passata venne battuto da Westbrook a causa
dell’unicità della stagione del razzo di OKC. Non era solo una questione di
tripla doppia ma di tripla doppia ottenuta come primo realizzatore della Lega,
come secondo nella classifica degli assist in una squadra sprovvista di
munizioni, orfana inattesa di Kevin Durant. Quest’anno, con un supporting cast
superiore, Westbrook è salito sul trono degli assist ed è scivolato indietro
nella classifica marcatori. La sua stagione non è stata necessariamente inferiore
alla precedente (9.7 rimbalzi di media, la tripla doppia è di nuovo ad un
passo) ma la percezione è cambiata. Un anno fa Westbrook era considerato il
solista che si metteva la squadra sulle spalle confezionando una stagione di
storiche dimensioni. Quest’anno è lo stesso giocatore ma dai Thunder ci si
aspettava un rendimento di squadra superiore: quello che la scorsa stagione non
l’aveva condizionato, quest’anno l’ha fatto.
E sono proprio i risultati di squadra a incoronare Harden.
Le sue cifre raccontano di una stagione strepitosa, influenzata dal ruolo che
non è stato lo stesso di un anno fa. La prima scelta di Mike D’Antoni a Houston
è stata consegnargli la palla e trasformarlo nel point-man a tempo pieno dei
Rockets. Harden ha risposto vincendo la classifica degli assist e segnando 29.1
punti a partita. Un anno dopo, è arrivato Chris Paul e il suo ruolo si è
ribaltato. Harden ha giocato da point-man il 16% del tempo trascorso in campo e
l’84% rimanente l’ha utilizzato da guardia in un quintetto tradizionale o con
tre piccoli. Il risultato è che ha segnato di più, 31 per gara, tirato di più e
perso per strada due assist e mezzo a partita. Il ruolo ha dettato i numeri.
Anche le 4.3 palle perse sono significative: con la palla sempre in mano erano
5.7 l’anno scorso.
E’ attaccabile la candidatura di Harden? Solo in parte.
Considerando candidabili oltre a lui, LeBron James, Kevin Durant, Anthony Davis
e Russell, Damian Lillard e Russell Westbrook, ci sono numeri che suggeriscono
di guardare anche altrove. LeBron ha catturato più rimbalzi e dato via più
assist; solo Lillard ha tirato con percentuali inferiori dal campo; tutti
tranne Lillard hanno catturato più rimbalzi e Westbrook – che ha taglia fisica
simile – l’ha quasi doppiato; Kevin Durant ha tirato molto meglio di lui dal
campo (come anche Giannis Antetokounmpo per la verità almeno menzionabile) e da
tre punti ovviamente; solo Westbrook tra questi ha più palle perse.
Ma Harden merita questo MVP: anche il drastico declino del
numero di rimbalzi (da 8.1 a 5.3) è cancellato dalle vittorie di squadra.
Probabile che un anno fa Harden andasse a rimbalzo di più per impossessarsi
subito della palla mentre ora è più propenso a sganciarsi in contropiede
fidandosi di Chris Paul, ovviamente, mentre Clint Capela controlla il 31% dei
rimbalzi difensivi disponibili ed erano il 22% l’anno scorso. Lo svizzero è
protagonista di una crescita costante come giocatore e potrebbe essere
meritevole del premio di elemento più progredito dell’anno (14.0 punti, 10.9
rimbalzi, 65.1% dal campo). Capela ha 23 anni e all’inizio della passata
stagione venne promosso in quintetto nel momento della partenza di Dwight
Howard. Qualcuno ha mai pensato per un momento che i Rockets abbiano pagato lo
“scambio”? Non solo per il gioco di D’Antoni un “Rim Runner” come Capela è
molto più adatto di una presenza in post basso, ma tutti i parametri
suggerivano che Capela avesse solo bisogno di spazio per esplodere.
Harden sarà dunque l’MVP per una squadra che ha vinto due
titoli, giocato quattro finali e mai aveva superato la soglia delle 60 vittorie
stagionali. Con due secondi posti e un MVP, Harden entra di diritto nella
galleria delle più grandi guardie di tutti i tempi.
Ma proverò a parlare anche della stagione delle altre stelle
NBA cominciando dagli outsider per il titolo di MVP: Giannis Antetokounmpo,Damian Lillard e DeMar DeRozan. (1-continua)
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