domenica 25 marzo 2018

MVP Review: nessuno può battere James Harden quest'anno


La corsa al titolo di MVP non è stata appassionante come un anno fa quando il mondo si era diviso tra Russell Westbrook, James Harden e nel finale prese quota la candidatura di Kawhi Leonard. Quest’anno Harden vincerà con largo margine sul secondo classificato ed esiste una piccola possibilità che come Steph Curry due anni fa vinca il titolo all’unanimità. Può starci: Harden è il miglior giocatore della miglior squadra della stagione, quella che ha stabilito il nuovo record franchigia di vittorie, ed è il miglior realizzatore della Lega, oltre i 30 di media. Quest’anno Harden figurerà per il quarto anno consecutivo nel primo quintetto All-NBA e in passato è arrivato due volte secondo nella corsa all’MVP.

La stagione passata venne battuto da Westbrook a causa dell’unicità della stagione del razzo di OKC. Non era solo una questione di tripla doppia ma di tripla doppia ottenuta come primo realizzatore della Lega, come secondo nella classifica degli assist in una squadra sprovvista di munizioni, orfana inattesa di Kevin Durant. Quest’anno, con un supporting cast superiore, Westbrook è salito sul trono degli assist ed è scivolato indietro nella classifica marcatori. La sua stagione non è stata necessariamente inferiore alla precedente (9.7 rimbalzi di media, la tripla doppia è di nuovo ad un passo) ma la percezione è cambiata. Un anno fa Westbrook era considerato il solista che si metteva la squadra sulle spalle confezionando una stagione di storiche dimensioni. Quest’anno è lo stesso giocatore ma dai Thunder ci si aspettava un rendimento di squadra superiore: quello che la scorsa stagione non l’aveva condizionato, quest’anno l’ha fatto.
E sono proprio i risultati di squadra a incoronare Harden. Le sue cifre raccontano di una stagione strepitosa, influenzata dal ruolo che non è stato lo stesso di un anno fa. La prima scelta di Mike D’Antoni a Houston è stata consegnargli la palla e trasformarlo nel point-man a tempo pieno dei Rockets. Harden ha risposto vincendo la classifica degli assist e segnando 29.1 punti a partita. Un anno dopo, è arrivato Chris Paul e il suo ruolo si è ribaltato. Harden ha giocato da point-man il 16% del tempo trascorso in campo e l’84% rimanente l’ha utilizzato da guardia in un quintetto tradizionale o con tre piccoli. Il risultato è che ha segnato di più, 31 per gara, tirato di più e perso per strada due assist e mezzo a partita. Il ruolo ha dettato i numeri. Anche le 4.3 palle perse sono significative: con la palla sempre in mano erano 5.7 l’anno scorso. 


E’ attaccabile la candidatura di Harden? Solo in parte. Considerando candidabili oltre a lui, LeBron James, Kevin Durant, Anthony Davis e Russell, Damian Lillard e Russell Westbrook, ci sono numeri che suggeriscono di guardare anche altrove. LeBron ha catturato più rimbalzi e dato via più assist; solo Lillard ha tirato con percentuali inferiori dal campo; tutti tranne Lillard hanno catturato più rimbalzi e Westbrook – che ha taglia fisica simile – l’ha quasi doppiato; Kevin Durant ha tirato molto meglio di lui dal campo (come anche Giannis Antetokounmpo per la verità almeno menzionabile) e da tre punti ovviamente; solo Westbrook tra questi ha più palle perse.
Ma Harden merita questo MVP: anche il drastico declino del numero di rimbalzi (da 8.1 a 5.3) è cancellato dalle vittorie di squadra. Probabile che un anno fa Harden andasse a rimbalzo di più per impossessarsi subito della palla mentre ora è più propenso a sganciarsi in contropiede fidandosi di Chris Paul, ovviamente, mentre Clint Capela controlla il 31% dei rimbalzi difensivi disponibili ed erano il 22% l’anno scorso. Lo svizzero è protagonista di una crescita costante come giocatore e potrebbe essere meritevole del premio di elemento più progredito dell’anno (14.0 punti, 10.9 rimbalzi, 65.1% dal campo). Capela ha 23 anni e all’inizio della passata stagione venne promosso in quintetto nel momento della partenza di Dwight Howard. Qualcuno ha mai pensato per un momento che i Rockets abbiano pagato lo “scambio”? Non solo per il gioco di D’Antoni un “Rim Runner” come Capela è molto più adatto di una presenza in post basso, ma tutti i parametri suggerivano che Capela avesse solo bisogno di spazio per esplodere.
Harden sarà dunque l’MVP per una squadra che ha vinto due titoli, giocato quattro finali e mai aveva superato la soglia delle 60 vittorie stagionali. Con due secondi posti e un MVP, Harden entra di diritto nella galleria delle più grandi guardie di tutti i tempi.
Ma proverò a parlare anche della stagione delle altre stelle NBA cominciando dagli outsider per il titolo di MVP: Giannis Antetokounmpo,Damian Lillard e DeMar DeRozan. (1-continua)

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