Nell'arco delle prime 10 gare della stagione solo nove giocatori prima di Anthony Davis avevano segnato almeno 300 punti, catturato 100 rimbalzi e distribuito 30 stoppate. Gli altri nove da Wilt Chamberlain a Kareem Abdul-Jabbar a Bob McAdoo a Shaquille O'Neal sono tutti nella Hall of Fame. I numeri di Davis ottenuti in una squadra da 50 vittorie stagionali gli garantirebbero il trofeo di MVP per acclamazione.
Ma la sua squadra New Orleans, anche perché tradita da infortuni e sfortuna (il dramma umano di Jrue Holiday) oltre alle perdite accusate sul mercato (Ryan Anderson e Eric Gordon), non vince mai. È facile stare male per un fuoriclasse come Anthony Davis. O ipotizzare uno scambio. Ma nella realtà i Pelicans sarebbero pazzi a scambiarlo e non lo faranno mai.
Ci sono solo due situazioni in cui un giocatore come Davis può essere scambiato: se è prossimo alla scadenza del contratto e il club è pessimista circa la possibilità di rifirmarlo oppure se il club ha necessità di ricostruire e ripartire da zero. Nessuna delle due situazioni si applica al caso di Davis.
Non è in scadenza di contratto. Nell'estate del 2015 ha esteso per cinque anni. Il suo contratto scade nel 2021. New Orleans è in una botte di ferro. Non è come Oklahoma City con James Harden. Come Denver con Carmelo Anthony.
Non deve cederlo per ricostruire. Di fatto sta già ricostruendo. Cedere una star per ricostruire ha senso quando la star è in età avanzata. Potrebbe farlo New York con Anthony. Ma New Orleans non deve peggiorare per scegliere bene nei prossimi due o tre draft perché peggio di così non può essere. E non ha bisogno di cercare una superstella attorno a cui ricostruire. C'è l'ha già. Non succederà nulla. Se anche Davis dovesse fare le bizze, minacciare, chiedere di essere ceduto non otterrebbe nulla perché non ha l'arma contrattuale da utilizzare.
Ai Pelicans serve scegliere molto in alto per un paio di anni. Non ingolfare il monte salari e prima che Davis vada a scadenza rastrellare una seconda star sul mercato proponendogli Davis e due prime scelte importanti. Per ora conviene continuare a perdere. Frustrante o no che questo sia.
Ma la sua squadra New Orleans, anche perché tradita da infortuni e sfortuna (il dramma umano di Jrue Holiday) oltre alle perdite accusate sul mercato (Ryan Anderson e Eric Gordon), non vince mai. È facile stare male per un fuoriclasse come Anthony Davis. O ipotizzare uno scambio. Ma nella realtà i Pelicans sarebbero pazzi a scambiarlo e non lo faranno mai.
Ci sono solo due situazioni in cui un giocatore come Davis può essere scambiato: se è prossimo alla scadenza del contratto e il club è pessimista circa la possibilità di rifirmarlo oppure se il club ha necessità di ricostruire e ripartire da zero. Nessuna delle due situazioni si applica al caso di Davis.
Non è in scadenza di contratto. Nell'estate del 2015 ha esteso per cinque anni. Il suo contratto scade nel 2021. New Orleans è in una botte di ferro. Non è come Oklahoma City con James Harden. Come Denver con Carmelo Anthony.
Non deve cederlo per ricostruire. Di fatto sta già ricostruendo. Cedere una star per ricostruire ha senso quando la star è in età avanzata. Potrebbe farlo New York con Anthony. Ma New Orleans non deve peggiorare per scegliere bene nei prossimi due o tre draft perché peggio di così non può essere. E non ha bisogno di cercare una superstella attorno a cui ricostruire. C'è l'ha già. Non succederà nulla. Se anche Davis dovesse fare le bizze, minacciare, chiedere di essere ceduto non otterrebbe nulla perché non ha l'arma contrattuale da utilizzare.
Ai Pelicans serve scegliere molto in alto per un paio di anni. Non ingolfare il monte salari e prima che Davis vada a scadenza rastrellare una seconda star sul mercato proponendogli Davis e due prime scelte importanti. Per ora conviene continuare a perdere. Frustrante o no che questo sia.
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