Tutto sommato la stagione dei Pelicans non era finita
prima di cominciare, a dispetto dei tanti infortunati. Il rientro di Jrue
Holiday ha avuto un effetto dirompente. Sia dal punto di vista tecnico - ha
molto più talento di qualsiasi altro giocatore del roster di New Orleans che
non si chiami Anthony Davis - che mentale. Holiday era stato dispensato
dall'unirsi al gruppo a causa della malattia della moglie - giocatrice di
calcio di livello internazionale -, colpita durante la gravidanza da un tumore
al cervello. La moglie ha partorito, ora sta meglio e Holiday è tornato a
giocare. Con lui in campo i Pelicans hanno vinto quattro gare su sei (in
assoluto 6-4 nelle ultime 10) e allentato la pressione su Coach Alvin Gentry e
anche l'attesa spasmodica di un'esplosione di Davis a chiedere una cessione che
ovviamente non avrebbe senso per il club. Holiday viaggia a 16.2 punti e 6.6
assist per gara partendo per ora dalla panchina.
Il roster dei Pelicans resta ovviamente mediocre. Tim Frazier è stato finora
uno dei migliori (11.8 punti ma soprattutto 7.9 assist a partita) ma resta una
guardia non scelta al draft che si ruppe il tendine d'Achille nel corso della
sua stagione da senior a Penn State, università che è famosa nel football ma
non nel basket. Langston Galloway è un veterano ma anche lui si porta dietro
l'etichetta di undrafted. E lo stesso Holiday è stato scaricato da Philadelphia
dopo una sola stagione. Persi Ryan Anderson e Eric Gordon, i Pelicans
dovrebbero davvero trovarsi in territorio neutro. Non troppo scarsi, perché non
puoi esserlo con Davis, e non abbastanza forti da essere competitivi con le
grandi squadre. La rotta migliore resta schivare i playoffs e aggiungere
talento ma un minimo di competitività serve per non irritare troppo Davis. È
l'eterno problema delle squadre NBA. Dallas e Miami, New Orleans e Oklahoma
City. Conviene davvero farsi spazzare via da Golden State o dai Clippers
(Cleveland per chi gioca a est) quando il draft del 2017 promette scintille e
senza infusione di talento estremo non è pensabile avvicinarsi al vertice? Due anni fa Oklahoma City aveva Kevin Durant fuori. Avrebbe dovuto fermare anche Westbrook e andare seriamente in Lotteria con tante palline da ping pong con il suo logo. Questa è la realtà. San Antonio fermando David Robinson ottenne Tim Duncan guadagnandosi il diritto di diventare la franchigia più intelligente e illuminata della storia. È vero, ma lo sarebbe stato anche se nel 1997 avesse cercato di fare i playoffs riducendo le proprie chance di scegliere con il numero 1? Ovviamente no.
L’ASTERISCO
DI KEVIN LOVE
I 34 punti segnati da Kevin Love in in
solo quarto sono la seconda prestazione NBA di sempre dopo i
37 di Klay Thompson ma dovrebbero portare un asterisco perché ottenuti contro
Portland. I Blazers capeggiano la classifica delle squadre più deludenti della
stagione per colpa principalmente della difesa. In questo momento la peggiore
della West Coast. In ogni caso Love è un giocatore difficile da digerire quando
gioca come centro nominale perché obbliga l'avversario a giocare piccolo visto
che nessun centro vero può marcarlo sul perimetro in una situazione di
pick-and-roll. Quindi l'unica speranza è che il tiro non entri. Ma se entra
possono succedere queste cose. Tyronn Lue chiama per lui il primo gioco di ogni
partita. Love ha un primato di 51 punti in carriera ma giocava a Minnesota. A
Cleveland 34 era il suo top ma in quella gara l'ha obnubilato già nel primo periodo.
CINQUE
COLPI DA PENTITI
I cinque colpi più infelici del mercato
2016.
1 EVAN TURNER (Portland) - Contratto da 70 milioni per un giocatore offensivo in una squadra che sul perimetro aveva già tutto il talento di cui si può avere bisogno con Lillard e McCollum. La mossa può avere un senso futuro ipotizzando che Turner possa servire sul mercato ma tecnicamente aveva poco senso prima e non ne ha ora. Per lui ci sono 8.6 punti con il 40.4% dal campo che è minimo in carriera.
2 BORIS DIAW (Utah) - Declino irreversibile cominciato a San Antonio dove la media punti era calata in ognuna delle ultime tre stagioni ma ai Jazz è diventato impalpabile. 3.4 punti con il 32% dal campo in una squadra con tanti giovani di cui dovrebbe essere una guida. Consolazione per i Jazz: a fine stagione va a scadenza.
3 AL JEFFERSON (Indiana) - L'obiettivo era migliorare una squadra offensivamente limitata con un attaccante interno che potesse completare Paul George. Ma il fisico pesante sta passando alla cassa. Rispetto alle medie carriera segna un terzo dei punti e cattura la metà dei rimbalzi. Firmato per tre anni a 30 milioni di cui 24 garantiti.
4 JOAKIM NOAH (New York) - È una sicurezza in difesa ma gioca per una squadra difensivamente mediocre. Non può coprire tutti e in attacco è sempre meno efficace. Continua ad avere problemi fisici ma il vero problema è il contratto lungo, l'unico dato via dai Knicks, 72 milioni in 4 anni. Incredibile il dramma dei tiri liberi. Una volta era discreto, accettabile, ora al 31% invoglia al fallo sistematico.
5 BISMACK BIYOMBO (Orlando) - Firma misteriosa dei Magic che già avevano irrobustito la difesa con Serge Ibaka e hanno aggiunto un lungo monodimensionale ad una squadra con un surplus di lunghi. Cattura 8.3 rimbalzi in 22 minuti ma un back-up da 70 milioni in quattro anni?
1 EVAN TURNER (Portland) - Contratto da 70 milioni per un giocatore offensivo in una squadra che sul perimetro aveva già tutto il talento di cui si può avere bisogno con Lillard e McCollum. La mossa può avere un senso futuro ipotizzando che Turner possa servire sul mercato ma tecnicamente aveva poco senso prima e non ne ha ora. Per lui ci sono 8.6 punti con il 40.4% dal campo che è minimo in carriera.
2 BORIS DIAW (Utah) - Declino irreversibile cominciato a San Antonio dove la media punti era calata in ognuna delle ultime tre stagioni ma ai Jazz è diventato impalpabile. 3.4 punti con il 32% dal campo in una squadra con tanti giovani di cui dovrebbe essere una guida. Consolazione per i Jazz: a fine stagione va a scadenza.
3 AL JEFFERSON (Indiana) - L'obiettivo era migliorare una squadra offensivamente limitata con un attaccante interno che potesse completare Paul George. Ma il fisico pesante sta passando alla cassa. Rispetto alle medie carriera segna un terzo dei punti e cattura la metà dei rimbalzi. Firmato per tre anni a 30 milioni di cui 24 garantiti.
4 JOAKIM NOAH (New York) - È una sicurezza in difesa ma gioca per una squadra difensivamente mediocre. Non può coprire tutti e in attacco è sempre meno efficace. Continua ad avere problemi fisici ma il vero problema è il contratto lungo, l'unico dato via dai Knicks, 72 milioni in 4 anni. Incredibile il dramma dei tiri liberi. Una volta era discreto, accettabile, ora al 31% invoglia al fallo sistematico.
5 BISMACK BIYOMBO (Orlando) - Firma misteriosa dei Magic che già avevano irrobustito la difesa con Serge Ibaka e hanno aggiunto un lungo monodimensionale ad una squadra con un surplus di lunghi. Cattura 8.3 rimbalzi in 22 minuti ma un back-up da 70 milioni in quattro anni?
FROM
“GOLDEN TIMES”
L’acquisto
dei Warriors da parte della cordata-Lacob.
Nel 2004, Robert Sarver
comprò i Phoenix Suns dalla famiglia Colangelo e i loro partner per 401 milioni
di dollari. Nessuna franchigia NBA era mai stata venduta per una cifra così
alta. Ma per battere Larry Ellison, il miliardario di Oracle, Joe Lacob e Peter
Guber, il suo socio principale, versarono a Chris Cohan 450 milioni di dollari.
L’aveva comparata per 119. Da allora il mercato è ulteriormente esploso. I Los
Angeles Clippers sono stati acquistati da Steve Ballmer per 2 miliardi di
dollari, più di quattro volte quanto sono stati pagati i Warriors, nell’estate
del 2014. Quando Lacob e Gruber acquistarono i Warriors, la franchigia era
stata valutata nel suo ranking annuale dalla rivista economica Forbes 319
milioni. E’ abbastanza normale che il prezzo pagato risulti superiore al valore
stimato. Ma eravamo nel 2010. E nel gennaio del 2016, i Warriors sono stati
valutati dalla stessa rivista 1.9 miliardi di dollari. Se Lacob non fosse nel
basket a lungo termine, al punto da aver coinvolto i figli nella gestione del
club, potrebbe rivenderli quintuplicando il proprio investimento. In appena sei
anni.
Nel 1993/94 Dallas vinse 13 partite cominciando la stagione 1-23. Da allora la peggiore partenza è stata quella di questa stagione. È arrivato il momento di ripartire da zero?
LA STATISTICA 2
1588 sono le partite servite a Gregg Popovich per raggiungere quota 1.100 vittorie. Meglio di lui solo Phil Jackson con 1.560.
LA STATISTICA 3
I Philadelphia 76ers hanno messo assieme la prima ministriscia vincente dopo averla attesa per 108 partite. Si tratta di record NBA sia pure negativo.
LA STATISTICA 4
LeBron James ha superato le 1000 triple con la maglia dei Cleveland Cavaliers.
FROM “NY BASKETBALL STORIES 2.0”
Joakim Noah
La storia di Joakim Noah è tra le più inusuali. Padre camerunense, una star del tennis, Yannick, arrivato fino al numero 3 del ranking mondiale. La mamma è stata Miss Svezia. Il nonno un calciatore della Nazionale camerunense. Lui è nato a New York ma ha cittadinanza francese. Da giovanissimo ha trascorso dieci anni della sua vita a Parigi. Nel 1998 è tornato a New York e si è innamorato del basket. Ha frequentato tre differenti licei, quello delle Nazioni Unite, Poly e poi Lawrenceville nel New Jersey. La sua storia è cambiata quando è andato a giocare a Florida vincendo due titoli NCAA poi la NBA e tutto il resto. Certo, è più un cittadino del mondo che di New York. Ma nell’estate del 2016 ha coronato il sogno: ha lasciato la squadra con cui aveva debuttato nella NBA e speso le sue stagioni migliori, i Chicago Bulls, per approdare proprio ai Knicks.
Per continuare a leggere “NY Basketball Stories” vai su Amazon per Kindle e Kindle app: clicca qui
THE OSCAR ROBERTSON FEAT
Oscar Robertson è l’unico giocatore che sia mai andato in tripla doppia media in una stagione. Tre giocatori hanno la possibilità di riuscirci quest’anno. Ecco le loro medie attuali
Giocatore | Ppg | Rpg | Apg |
Russell Westbrook | 31.2 | 9.9 | 11.1 |
James Harden | 28.3 | 7.8 | 12.4 |
LeBron James | 23.5 | 8.2 | 9.5 |
LOOKING LIKE TINY ARCHIBALD
Nate “Tiny” Archibald è stato l’unico giocatore della storia a vincere nello stesso anno la classifica dei marcatori e degli assist. Westbrook e Harden hanno la possibilità di imitarlo.
Giocatore | Ppg | Apg |
Russell Westbrook | 2° (-0.4) | 2° (-1.1) |
James Harden | 4° (-2.7) | 1° (+1.1) |
IL RANKING
1 GOLDEN STATE – 12 vittorie di fila, il record di club di assist, i Warriors hanno
risparmiato Green, inflitto scarti abissali alle avversarie. Contro Minnesota settima
volta oltre i 20 contemporaneamente i Big Three (Steph, KD, Klay).
2 SAN ANTONIO – Senza deviare dalla volontà di non spremere i vecchi, prima di tutti
Manu Ginobili, gli Spurs sono imbattuti in trasferta e cavalcano una striscia
di 10 vittorie
3 CLEVELAND – La settimana in cui Kevin Love è stato “The Big One” non la terza punta.
Implacabile nel tiro da tre. 19/29 nelle ultime tre gare, tutte vinte.
4 LA CLIPPERS – Quando le big non perdono mai basta una sconfitta in trasferta per
retrocedere. Figuriamoci due. A Indianapolis una tragedia offensiva. Chris Paul
resta primo nelle palle recuperate. La sequenza di gare in trasferta si sta
rivelando durissima.
5 TORONTO – Le vittorie in trasferta di Houston e Milwaukee non vanno trascurate
dopo un passaggio a vuoto ma con un calendario severo. Contro i Bucks 14 triple
di squadra, record stagionale.
6 MEMPHIS – Battuti Jazz e Clippers in trasferta, Memphis ha vendicato la sconfitta
interna con Miami andando a vincere a South Beach contro la squadra di cui David
Fizdale è stato assistente per otto stagioni. Anche senza Zach Randolph.
7 HOUSTON – I Rockets sono diventati la prima squadra NBA a eseguire 50 triple in
una partita. Con D’Antoni coach, giocatori come Harden e Anderson era solo una
questione di tempo. Ha vinto cinque delle ultime sei, Clint Capela al record
carriera (26) contro Portland.
8 CHICAGO – Chiuso il classico viaggio autunnale, sei trasferte di fila ma quattro
vittorie che hanno dato ai Bulls la consapevolezza di poter aspirare ad un
ruolo importante a est.
9 CHARLOTTE – Anche per i Bobcats un passaggio
negativo, criticato aspramente da Coach Steve Clifford. Poi nella vittoria su
New York è stato riscoperto Jeremy Lamb in coppia con Kemba Walker. Questo
back-court ha vinto un titolo NCAA a Connecticut.
10 ATLANTA- Brutta settimana, con 4 sconfitte in
5 gare dopo il 9-2 iniziale, inclusa una prova raggelante da 68 punti a Salt
Lake City. Nella NBA nessuno difende così bene da tenere qualcuno a 68.
THE RACE FOR THE MVP
Non succede mai che l’MVP della
stagione giochi in
una squadra da meno di 50 vittorie stagionali. Anche se questa potrebbe essere
una discriminante a favore di uno dei tre grandi protagonisti di questo primo
quarto di stagione, il concetto andrebbe forse rivisto in una stagione in cui
ci sono tre giocatori di squadre al momento “borderline” da questo punto di
vista (se non meno, molto meno che “borderline”).
1 RUSSELL WESTBROOK – L’ultima
settimana di Westbrook è stata irreale. Ha raggiunto quota 44 triple doppie in
carriera giocando 395 partite in meno di LeBron che ne ha 45. E’ sesto di
sempre nella NBA (superato Fat Lever) e promette di scalare ancora la
graduatoria mentre diventa una serie minaccia sia per la tripla doppia media di
Oscar Robertson che per la doppietta punti-assist di Nate Archibald.
2 JAMES HARDEN – Sette doppie doppie consecutive.
Con i tiratori che gli hanno messo accanto, dargli la palla in mano a tempo
pieno è stata una mossa forse semplice ma risolutiva.
3 ANTHONY DAVIS- E’ capocannoniere ma anche primo
stoppatore della Lega e se finisse così sarebbe anche questa un’impresa unica.
Segna in tanti modi diversi, tiro anche da tre, post-up, correndo lungo il
campo. Fantastico.
4 LEBRON JAMES – Distribuisce 9.7 assist di media
perché quest’anno va così. Mette in moto i compagni soprattutto adesso che
Kevin Love sembra baciato dalla grazia. E non essere il primo realizzatore di
squadra non è un sintomo di declino ma della crescita di Kyrie Irving
5 DEMAR
DEROZAN – Sta
tornando sulla Terra di un rendimento elevato ma non irreale come nelle prime
due settimane di stagione. Parlare di calo per uno che va a 30.2 di media dice
moltissimo.
6 KEVIN DURANT – Dei primi dieci della Lega nel tiro
dal campo otto sono centri, uno è George Hill che però si è infortunato e ha
giocato meno degli altri e poi c’è Kevin Durant che con spazio a disposizione
non sbaglia mai.
7 KAWHI LEONARD- Leader di una squadra che è in
ritmo e sembra destinata a recitare il ruolo del terzo incomodo. Interessanti i
7.1 tiri liberi eseguiti a partita.
8 STEPHEN CURRY – Dei primi 10 realizzatori, solo
tre tirano dal campo oltre il 50%, Kevin Durant, Anthony Davis e lui.
9 KYRIE IRVING – Point-guard è una definizione
grossa per un giocatore che non ha la palla in mano così spesso, distribuisce
poco più di quattro assist e si va adattando a Cleveland ad un ruolo da puro
realizzatore.
10 KEVIN LOVE – Impossibile
ignorarlo dopo una settimana in cui ha fatto sembrare i tiri da tre dei comodi
lay-up.
NEXT 10: Blake Griffin, DeMarcus Cousins, Jimmy Butler, Damien Lillard, Chris Paul,
Kemba Walker, Draymond Green, Isiaiah Thomas, Giannis Antetokoumnpo, Andrew
Wiggins.
Nessun commento:
Posta un commento