I Minnesota Timberwolves sono probabilmente una delle squadre più intriganti della nuova NBA. Succede quando sceglie come allenatore plenipotenziario uno dei coach più stimati della Lega, il guru della difesa Tom Thibodeau. E hai tre giocatori giovani e futuribili come Karl-Anthony Towns, Zach Lavine e Andrew Wiggins. Le aspettative sono enormi, esattamente come resta ancora enorme la possibilità di non fare i playoffs nella brutale Western Conference odierna.
Opinioni, analisi e i miei libri: il mondo del basket americano visto da me di Claudio Limardi
martedì 18 ottobre 2016
lunedì 17 ottobre 2016
Golden Times: la storia del più bizzarro show cestistico moderno
I Golden State Warriors
sono “The Most Entertaining Show on Earth”, il più grande, intrigante
spettacolo cestistico sulla faccia della terra. Hanno conquistato la NBA con record,
velocità, sicurezza e soprattutto con un gioco affascinante, costruito attorno
ad uno dei giocatori più incredibili che si siano mai visti al mondo. E
altrettanto velocemente hanno preso tutto questo, record, spettacolo, sicurezza
e l’hanno gettato dalla finestra. E’ come se ogni squadra avesse davvero un DNA
al quale è impossibile sfuggire. Può accadere ma non definitivamente. Non
sarebbero i Warriors se dopo un titolo NBA vinto dopo 40 anni e il primato di
ogni epoca di vittorie non avessero perso in casa, in gara 7, il secondo titolo,
ritenuto per mesi scontato. Una bizzarra anomalia che anche nel momento del
successo percorre la spina dorsale di una franchigia che è sempre stata anomala
e bizzarra.
domenica 16 ottobre 2016
NBA Preview: lo scambio Carter-Williams per Snell
Milwaukee cede Michael Carter-Williams a Chicago in cambio di Tony Snell. E' una mossa abbastanza sorprendente perché MCW è uomo da doppia cifra media in tre anni consecutivi di NBA e anche se non è progredito come si sperava resta un giocatore NBA affidabile. Naturalmente ci sono cose di lui che fanno meditare: è stato rookie dell'anno a Philadelphia ma questo non gli ha impedito di essere ceduto abbastnza presto ai Bucks. Philly, sotto il regime di Sam Hinkie, guardava "solo" al futuro e riteneva MCW un giocatore buono ma non così buono da costuirci un futuro. I Bucks avevano altre aspettative ma poi gli è scoppiato in mano Antetokoumnpo, The Greek Freak. Quando la primavera scorsa, Jason Kidd ha annunciato che sarebbe stato il greco il point-man del futuro per Carter-Williams è suonata la condanna. Dopodiché si è fatto male Khris Middleton e Milwaukee - che in questa stagione vuole fare i playoffs pur essendo la squadra del futuro - è tornata sul mercato. Sacrifica un giocatore però affidabile, una polizza assicurativa, per uno che intriga per il potenziale offensivo ma meno sviluppato.
sabato 15 ottobre 2016
NBA Preview: la carriera incompiuta di Carmelo Anthony
Carmelo Anthony ha definito offensiva la sua collocazione come 13° miglior giocatore della NBA da parte della rivista di tendenza "Slam". Ma è davvaero una collocazione offensiva? Probabilmente no, conosco molta gente che non metterebbe mai, adesso, Carmelo Anthony tra i primi 15 della Lega e forse non lo convocherebbe per un'All-Star Game. In realtà è un giocatore individualmente fantastico, supremo realizzatore e probabilmente in grado di vincere - come ha fatto a livello internazionale - nel contesto giusto. Ma a 32 anni di età, la carriera professionistica di Carmelo si sta avviando verso la fase discendente rimanendo una colossale opera incompiuta.
mercoledì 12 ottobre 2016
NBA Preview: perché San Antonio è sempre al top della NBA
La grande e lunghissima dinastia dei San Antonio Spurs è nata da un infortunio, forse due (David Robinson ma anche Sean Elliott), un'azione di forza considerata all'epoca altamente impopolare con la quale Gregg Popovich prese il posto di Bob Hill in panchina e un colpo di fortuna, quello di poter scegliere Manu Ginobili alla fine del secondo giro del draft.
Ma non sarebbe stato possibile resistere cosi a lungo al vertice quindi senza poter mai selezionare in alto nei draft se gli Spurs non fossero davvero di un altro pianeta nell'identificare e sviluppare il talento. Per dire: Tim Duncan ha trascorso tutta la carriera puntando al titolo NBA. Nessuno l'ha fatto per 18 anni senza cambiare squadra. Gli Spurs in tutto questo tempo non hanno mai dovuto ricostruire. Merito delle loro stelle ma anche di un "masterful job" eseguito nel cambiare le singole parti del roster ringiovanendolo e qualche volta migliorandolo.
martedì 11 ottobre 2016
NBA Preview: l'ora della verità per Anthony Davis
Ho inserito Anthony Davis tra i giocatori attorno ai quali è possibile costruire una squadra da titolo NBA. Credo che il supporting cast dei Pelicans non sia ancora competitivo ma tutto comincia da Davis ed è innegabile che lui e la sua squadra vengano da una stagione molto negativa. Questa è la sua quinta nella NBA e anche se le aspettative devono essere realistiche, qualche progresso va mostrato.
Due anni fa New Orleans conquistò un posto nei playoffs. Venne eliminata 3-0 da Golden State ma Davis si espresse al livello dei primi 3 o 4 giocatori del mondo ed era normale considerare lui e i Pelicans su una generica corsia di sorpasso. Tuttavia il coach Monty Williams venne avvicendato in favore di Alvin Gentry, un veterano reduce dal titolo con i Warriors da primo assistente di Steve Kerr. Gentry è rispettato negli ambienti NBA ma da capo allenatore non ha mai fatto molto. In ogni caso New Orleans ha compiuto diversi passi indietro, non è mai stata in corsa per i playoffs e soprattutto persino Davis è regredito.
lunedì 10 ottobre 2016
The Stephen Curry Revolution
Stephen Curry è il miglior tiratore della storia? Le
cifre assecondano questa teoria, ma è anche un giocatore rivoluzionario fine a
sé stesso, forse persino fuorviante oppure è un giocatore che ha indicato una
strada? Una volta si diceva che il tiro da fuori ti fa vincere le partite ma
difficilmente un titolo. Il tiro da fuori è aleatorio, episodico, per sua
stessa definizione discontinuo, inaffidabile, imprevedibile.
sabato 8 ottobre 2016
NBA Preview: il superteam dei Los Angeles Clippers
Il secondo concetto (puoi leggere qui la prima parte della preview) ci conduce direttamente ai giorni nostri e all-epoca dei superteams. Non basta avere un giocatore che possa essere il migliore in una formazione da titolo. Serve almeno una seconda superstar e forse una terza. Il primo obiettivo di una franchigia è trovare "That Guy", il giocatore attorno a cui costruire un titolo o più di uno. Di solito lo trovi attraverso il draft (Dwyane Wade Stephen Curry, il primo LeBron, Durant, Westbrook, Irving parlando dei contemporanei) oppure attraverso il mercato dei free-agent (LeBron a Miami e poi di nuovo a Cleveland, KD a Golden State) e più raramente attraverso uno scambio (James Harden o Chris Paul). Ma da solo non basta questo giocatore.
venerdì 7 ottobre 2016
NBA Preview: chi può vincere veramente oltre ai Warriors?
Ogni squadra viene analizzata nei dettagli fino all'ultimo
giocatore del roster, vivisezionata. Ma nella NBA la realtà è molto
semplice. Per identificare chi possa davvero vincere il titolo NBA è
sufficiente considerare le squadre che allineano uno dei primi
tre-quattro giocatori della Lega. Quasi sempre uno dei primi due. Lo
dice la storia. Guardate dal 1991 ad oggi quante volte questa regola è
stata disattesa. Al massimo tre o quattro volte forse solo una.
giovedì 6 ottobre 2016
NBA Notes: il sostituto di Durant, Patrick McCaw e Jordan McRae
La prima scelta degli Oklahoma City Thunder per sostituire nominalmente Kevin Durant è Andre Roberson. Per ora Coach Billy Donovan ha deciso di puntare sui suoi migliori esterni tutti insieme anche se avere Russell Westbrook, Victor Oladipo e Andre Roberson contemporaneamente significa sacrificare tiro e taglia fisica. La prima opzione, contropiede a parte, sarà il pick and roll Westbrook-Adams che può essere letale anche se non supportato dai tiratori esterni. Sul piano della chimica i Thunder non sono facili perché la miglior ala forte Enes Kanter in realtà è un centro che non si sposa bene con Steven Adams. Nelle due amichevoli spagnole è stato Domantas Sabonis ad andare in quintetto da ala grande. Ma bisognerà trovare il modo di usare i due bigs a lungo insieme perché è l'assetto che meglio definisce l'identità di OKC come miglior squadra a rimbalzo offensivo della Lega.
martedì 4 ottobre 2016
Le maglie ritirate dai Rockets prima dell'11 di Yao Ming
Gli Houston Rockets hanno annunciato il ritiro della maglia numero 11 di Yao Ming. E' curioso osservare i nomi dei giocatori che hanno ricevuto lo stesso onore ovvero Rudy Tomjanovich, Calvin Murphy, Hakeem Olajuwon, Clyde Drexler e Moses Malone, più Carroll Dawson.
Rudy Tomjanovich è al di sopra di ogni sospetto. Se c'è stato un personaggio con il quale identificare i Rockets questi è stato Rudy T, prima da giocatore, un bomber, poi da allenatore. I Rockets hanno vinto due titoli e Tomjanovich era il loro allenatore. Robert Horry, che è stato allenato e ha vinto anche con Phil Jackson e Gregg Popovich, l'ha definito il suo allenatore preferito, il migliore che abbia avuto. Ma macabramente nonostante una grande carriera da giocatore e poi da allenatore l'episodio che ne ha circoscritto l'esistenza non ha nulla a che vedere con il basket. Tomjanovich incassò il pugno più devastante nella storia della NBA, dal muscolare dei Lakers, Kermit Washington. Questi stava "discutendo" con Kevin Kunnert: Tomjanovich corse verso il luogo dell'incidente con intenti pacifisti. Washington non lo sapeva: scorse un avversario che correva verso di lui, alle proprie spalle, e lo colpì di incontro.
venerdì 30 settembre 2016
NBA Preview: dietro la scelta di Harden come point-guard di Houston
Fa un certo effetto sentir definire James Harden il nuovo point-guard degli Houston Rockets. Come ha detto Mike D'Antoni forse sarebbe più opportuno definirlo "points guard" con la s nel senso che segnerà molti punti. Ovviamente la definizione del ruolo è relativa. Harden non sarà mai, né gli chiederanno di esserlo, John Stockton o Rajon Rondo. Harden sarà ovviamente una scoring-guard e d'altra parte ha portato palla e gestito il possesso spesso anche in passato inclusa l'ultima stagione.
giovedì 29 settembre 2016
New York Basketball Stories 2.0: Knicks Top 15 Walt Frazier
Da New York Basketball Stories 2.0
1:
Walt Frazier. Volendo aprire un dibattito favorevole a
Ewing dovrei dire che il suo “supporting cast” non è paragonabile a quello che
aveva Reed e quindi avevano gli altri giocatori degli anni ’70. Ewing ha
giocato con John Starks e Charles Oakley; poi con Allan Houston e Larry
Johnson; infine anche Latrell Sprewell. Ma nel complesso non ha mai avuto una
vera seconda punta. Houston e Larry Johnson lo hanno affiancato quando lui
aveva 34 anni ed era fisicamente in declino. Quando è arrivato Sprewell ne
aveva 37. Non è mai stato in dubbio, tranne nell’ultimissimo periodo, che Ewing
fosse il miglior giocatore dei suoi Knicks. E non ci sono mai stati con lui
All-Star perenni. La squadra di Reed e Walt Frazier aveva almeno cinque se non
sei giocatori di primo livello.
martedì 27 settembre 2016
lunedì 26 settembre 2016
New York Basketball Stories 2.0: Knicks Top 15 King e Ewing
Da New York Basketball Stories 2.0
4:
Bernard King. Parlando di rendimento strettamente
individule, King potrebbe anche finire più in alto, magari anche al primo
posto. Purtroppo, complici un infortunio catastrofico e la fretta di cederlo al
rientro, ha giocato a New York solo quattro stagioni. In quel periodo ha avuto
26.5 punti di media, 5.2 rimbalzi, il 54.3% nel tiro dal campo. Nei playoffs
viaggiava a 31.0 di media con il 57.5% al tiro. Mostruoso. Nel 1984/85, prima
di infortunarsi con 27 partite rimaste da giocare, ebbe 31.6 punti per gara,
abbastanza per vincere la classifica marcatori. Nei playoffs del 1983/84, in
cui New York giocò 12 partite, King segnò 34.8 punti di media. Stiamo parlando
di un realizzatore-tiratore (non solo punti ma anche percentuali alte) degno di
essere considerato in qualsiasi classifica storica. Superiore a Carmelo
Anthony. Due volte è stato incluso nel primo quintetto All-NBA della stagione.
Resta il rammarico di come sarebbe stato percepito se – a parte i problemi di droga
che lo soverchiarono prima di arrivare a New York – non si fosse infortunato e
avesse aggiunto almeno due anni da star alla sua milizia presso i Knicks. Da
notare che nel 1985, quando lui era fuori, arrivò Patrick Ewing. La coppia
King-Ewing sarebbe stata irreale.
venerdì 23 settembre 2016
La rivoluzione di Kevin Garnett
Kevin Garnett si ritira nello stesso anno in cui si è ritirato Tim Duncan, alla stessa età, 40 anni, con quattro titoli in meno, un rendimento paragonabile al suo e una carriera iniziata due anni prima. KG si è ritirata da "elder statesman" della Lega, da mentore di Karl-Anthony Towns, il suo erede, ma ai tempi in cui sbarcò nella NBA era "The Revolution".
New York Basketball Stories 2.0: Knicks Top 15 Guerin e DeBusschere
6:
Richie Guerin. Il primo giocatore dei Knicks ad avere la
maglia ritirata. Ha giocato otto stagioni a New York, dov’era nato e cresciuto,
con 20.1 punti di media, 5.3 assist e 6.4 rimbalzi. In quel periodo fu tre
volte secondo quintetto All-NBA. Lui, come Gallatin, si è portato dietro il
cruccio di non aver dato ai Knicks il titolo che poi sarebbe arrivato nel 1970.
mercoledì 21 settembre 2016
New York Basketball Stories 2.0: Knicks Top 15 Monroe e Gallatin
8:
Earl Monroe. “The Pearl” arrivò a New York dopo il
primo titolo vincendo in coppia con Walt Frazier quello del 1973. Il suo
problema è che per adattarsi a Frazier e ad una squadra già rodata ha dovuto
sacrificare molto del suo talento. Per dire: nel 1969 Monroe fu primo quintetto
All-NBA a Baltimore. A New York non ha ottenuto alcun riconoscimento
individuale. Ai Bullets nei playoffs segnava 24.3 punti per gara, a New York
14.4. Però ha pur sempre vinto un titolo da starter e ha giocato a New York
nove stagioni con 16.2 punti di media e 3.5 assist.
New York Basketball Stories 2.0: Knicks Top 15 Bradley e Houston
Da New York Basketball Stories 2.0
10: Bill Bradley. Il ruolo di Bradley nella storia dei Knicks (maglia ritirata ad esempio) è da sempre oggetto di discussione. I numeri dicono: 12.4 punti di media con 3.4 assist in 10 anni. Lui, Reed, Frazier, DeBusschere sono stati le pietre angolari dei due titoli, 1970 e 1973, in un periodo in cui i Knicks giocarono tre finali ed erano la squadra di riferimento della Lega. In più le cifre non rendono giustizia alla sua intelligenza tattica (era l’assistente di Red Holzman quando gli assistenti non esistevano) e alla sua efficacia difensiva. Probabilmente senza la sua capacità di passare, vedere il gioco e difendere non ci sarebbero stati i Knicks degli anni ’70 in termini di filosofia, coesione, stile.
martedì 20 settembre 2016
Antetokounmpo da clandestino a 100-million dollar man
The Greek Freak, Giannis Antetokounmpo ha firmato un contratto da 25 milioni di dollari a stagione, 100 complessivi (con uno sconto di riconoscenza di sei milioni ovvero quelli che separano l'accordo dal salario massimo) per quattro anni con Milwaukee, di cui è diventato uomo franchigia, il simbolo e la ragione dello slogan Own The Future adottato dal club. Un bel salto in avanti per un ragazzo che fino ai 18 anni di età ha vissuto ad Atene insieme alla famiglia originaria della Nigeria da clandestino. Ha avuto il passaporto quando le attenzioni della NBA sono diventate pressanti e le grandi squadre di Atene rinunciarono a reclutarlo perché sarebbe stata una perdita di tempo (infatti Antetokounmpo il primo vero contratto l'ha firmato per Saragozza che non l'ha mai avuto. Viceversa è cresciuto nel Filathlitikos).
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